lunedì 29 luglio 2013

Pubblicità... mica facile farla!

Dovrei invitare Cenerentola a cena: magari le vien voglia
di pulire anche la mia, di cucina...

Torniamo su argomenti frivoli, dai, che dopotutto è estate.
Parliamo di spot pubblicitari.
Alcuni sono divertenti, ma altri spesso mi fanno cadere le braccia.
Certi all'inizio strappano anche un sorriso, ma quando diventano martellanti (vedi quelli delle compagnie telefoniche) diventano decisamente insopportabili. Già la terza volta che li vedo mi vien voglia di mettermi a gridare.
Poi ci sono quelli ambigui, che fai fatica a capire cosa stiano pubblicizzando.
Prendiamo quello di un detersivo (o ammorbidente, non ho ancora capito). C'è questa tipa che si esalta per i vari “gusti”, al punto che io le prime volte pensavo stesse pubblicizzando un liquore, o un gelato. Invece no, è un detersivo per il bucato. Dato lo spot, io aggiungerei l'avviso “Non bere!”, perché mi sa che anche la protagonista dev'essersi sbagliata scolandosi parecchi flaconi del detersivo (o ammorbidente) ai vari “gusti”.
Ma quello che mi fa saltare tutte le volte sulla sedia è quello dello sgrassatore, con una Cenerentola che deve pulire tutta la cucina prima di potere andare al ballo, con le sorellastre che le impongono tale gravoso compito e poi, vestite in maniera improbabile che neanche le peggio abbigliate di buccia di banana, se ne vanno a ballare.
E lei, la povera Cenerentola, che fa? Innalza un fiero cipiglio, tira fuori lo sgrassatore favoloso, e pulisce tutto. Ma siccome lo sgrassatore è, appunto, favoloso, si spiccia in pochi minuti ed è subito pronta per andare a ballare anche lei.
Cos'è che mi irrita in tutto questo? Be', che Cenerentola comunque si adegui e pulisca, pur incavolandosi. Dico, o è pagata per farlo, e allora le tocca che le piaccia o no, o non lo è, e allora non v'è motivo alcuno perché debba dar corda alle sorellastre. Okay, direte voi, è Cenerentola e Cenerentola così fa: si lamenta ma poi esegue. Invece di incrociare le braccia e mollare lo sgrassatore alle sorellastre dicendo: “Fate anche voi la vostra parte”, come avrei fatto io.
E poi, avete visto gli strati di unto e incrostazioni che imbrattano la cucina? Lì non ci pulivano da mesi, è chiaro. E proprio la sera del ballo si accorgono che è zozza?
Tutto ciò è semplicemente illogico, come direbbe il buon signor Spock!

venerdì 26 luglio 2013

Ricercatori anonimi...

Miei teneri virgulti, che capitate su questo blog alla ricerca delle cose più disparate (o disperate?)... non so come dirvelo, ma si dice torso nudo, non dorso nudo. Non sono sinonimi, sapete?
Se non credete a me, abbiate almeno fede nel vocabolario: torso e dorso.
Fine del comunicato.

Quel tesoro che fingiamo di non avere

So che da me non vi aspettate altro che frivolezze e amenità, perciò vi sorprenderà leggere un mio post un pochino serio, perlomeno rispetto alla media.
Però è da un sacco di tempo che rifletto su questo argomento. Da anni, oserei dire.
Ma da che ho memoria, è un argomento di cui sento parlare sempre e dappertutto, dal bar al salotto, dalla TV ai circoli culturali. Ovvero: come mai in Italia abbiamo talmente tante bellezza artistiche che teoricamente potrebbero farci navigare nell'oro, eppure non siamo in grado di sfruttare minimamente questo tesoro?
“L'Italia è così bella che potrebbe vivere di solo turismo.”
“In Italia è concentrata la più alta percentuale del patrimonio culturale di tutto il mondo.”
Eppure niente, queste parole rimangono solo tali e non si concretizzano mai.
Abbiamo musei vuoti, siti archeologici abbandonati a se stessi, patrimoni inestimabili lasciati lì a marcire e così via, di orrore culturale in orrore culturale.
È come se un tizio possedesse un enorme tesoro in cantina ma si ostinasse a non considerarlo, preferendo piuttosto campare di stenti.
Assurdo, vero?
Eppure è così, e non riesco a spiegarmene il perché.
O meglio, una vaga idea me la sono fatta. Secondo me ci vergogniamo.
Ohibò! Vergognarsi del patrimonio artistico/culturale che dovrebbe essere il nostro vanto? E perché mai?
Non è tanto del patrimonio artistico/culturale che ci vergogniamo, anzi, di quello ci vantiamo fin troppo. Ce ne vantiamo senza conoscerlo, come potremmo vantarci di un parente celebre che però abbiamo incontrato una sola volta in occasione di un battesimo. Il nostro.
Ci vergogniamo, invece, di essere meta turistica.
Ma sì, pensiamoci bene. Nella stragrande maggioranza dei casi da noi il turista è visto come un fastidio, un seccatore, un importuno che viene qui a guardare le nostre cose e che pretende pure d'essere accolto bene. Quando addirittura non viene considerato alla stregua di limone da spremere, un povero allocco che viene qui a stupirsi di cose che noi abbiamo sotto il naso tutti i giorni (senza vedere mai, però), e che quindi è giusto cercare di fregare in ogni modo. Tanto è un povero allocco e se lo cerca.
Non è certo considerato un bene prezioso che possa aiutarci a tirarci fuori dai guai.
Ci vergogniamo perché essere meta turistica vuol dire mettersi a disposizione degli altri, ci sembra di diventare la loro servitù personale e questo non ci piace. Noi vogliamo essere i signori che vanno a fare gli ospiti in casa d'altri, non gli umili servitori che si mettono a disposizione.
Insomma, accogliere i turisti ci pare degradante.
E poi, diciamolo, valorizzare i beni artistico/culturali è faticoso. Bisogna studiare, imparare, capire, conoscere...
Ma sì, lamentarsi e basta è molto più comodo.

NELLA FOTO: un salone del Palazzo Reale di Napoli, museo molto bello e praticamente sempre vuoto. Ah... lo sapevate che lì per i cittadini dell'Unione Europea (ma solo per loro!) l'audioguida è inclusa nel prezzo del biglietto?

martedì 23 luglio 2013

Il Reuzzo fatto a mano: una storia autonoma

Breve spot pubblicitario: è uscito l'ebook con la raccolta delle mie fiabe “rivedute e corrette”. Ci sono quelle che avete letto qui, e anche molte atre, oltre a tante belle illustrazioni. S'intitola Fiabe Reloaded: non ci sono più le principesse di una volta, costa veramente un'inezia e se vi va di darci un'occhiata, potete farlo cliccando qui! Per festeggiare l'evento vi regalo un'altra fiaba... ma poi basta, sennò non mi comprate più il libro :-P
Alla fine del racconto troverete l'indice completo delle fiabe pubblicate, così potete farvene un'idea. Grazie per la cortese attenzione ^___^
PS IMPORTANTE: vi ricordo che NON è un libro per bambini!

“Se vuoi una cosa fatta per bene, devi farla da te”, dice il saggio.
Moltissime dolci fanciulle (ma capita lo stesso a molti ragazzi) passano anni a sognare il partner ideale. E lo immaginano così dettagliatamente che poi giocoforza saranno destinate a essere scontente di quelli che troveranno nella vita reale.
Ci sono anche persone che lavorano tanto di fantasia che poi il risveglio sarà sicuramente poco piacevole, perché partner tanto perfetti esistono solo nel mondo dei sogni e mai nella banale realtà.
C'era una volta una ragazzina romantica.
Questa ragazzina si prese una cotta per un ragazzo che frequentava la sua stessa scuola, ma che era due classi avanti avendo un paio d'anni in più.
Lei questo ragazzo non lo conosceva di persona, ne sapeva a stento il nome, ma lo ammirava sempre da lontano e lo trovava stupendo.
Passò tre lunghi mesi a fantasticarci sopra. S'immaginò il suo carattere, i suoi gusti e le sue opinioni cercando di ricostruirli dai dettagli anche minimi che vedeva, tipo il colore delle scarpe e come si allacciava il giubbotto, il tono di voce quando salutava i bidelli al mattino e come si mordicchiava le unghie quando attraversava i corridoi. Immaginò i mille modi in cui avrebbero potuto conoscersi. I loro primi discorsi, gli scambi di battute, il primo ballo insieme, il primo bacio.
Anche mentre faceva altro, la ragazzina si distraeva facilmente perdendosi dietro alle sue fantasticherie. La sera, prima di addormentarsi, faceva l'inventario di tutti i momenti in cui in giornata aveva visto il ragazzo dei suoi sogni, e la mattina si svegliava cercando di immaginare dove l'avrebbe incontrato a scuola, cosa avrebbe indossato, come avrebbe portato i capelli e così via.
Poi un giorno, durante la festa di Natale, finalmente lo conobbe. E scoprì che era stupido, vanesio, noioso, antipatico e con pessimi gusti musicali.
Insomma, fu un risveglio traumatico. Non sono neppure certa di essermi ancora ripresa.
Ehm...
Ecco, la protagonista delle nostra storia voleva evitarsi questa somma delusione. Ecco perché decise di fare da sé.
Perché chi fa da sé, fa per tre...


Il Reuzzo fatto a mano
una storia molto autonoma

C'era una volta un Re, che aveva una figlioletta unica per la quale stravedeva.
La principessa Lucia era bella, simpatica e intelligente. Ma non aveva un fidanzato, e questo per il Re era fonte di dolore.
La principessa non aveva un fidanzato non perché non avesse pretendenti, ma perché nessuno dei pretendenti era di suo gusto.
“Non ho ancora conosciuto un uomo che mi piaccia veramente fino in fondo. Che abbia tutte le doti che voglio io”, diceva.
“Ma figlia mia, gli esseri umani sono come sono. Hanno i loro difetti. Per averne uno come vuoi tu, devi solo fabbricartelo da te.”
“Eh, già!”, si disse la ragazza, “È proprio quel che farò.”
E così chiese al padre acqua, farina e miele. Poi si chiuse nelle sue stanze e impastò, impastò, impastò. Per sei mesi impastò. Poi guardò il risultato dell'impasto e decise che non le piaceva, perciò lo disfò, lo disfò, lo disfò. Per sei mesi lo disfò. E si rimise a impastare, impastare, impastare. Impastò di nuovo per altri sei mesi, ma alla fine fu soddisfatta del risultato, perciò mise in una nicchia, ad asciugare, il suo Reuzzo fabbricato con acqua, farina e miele. Poi corse da suo padre.
“Papà, papà”, gridò tutta contenta, “Vieni a conoscere il mio fidanzato!”
Quando sentì queste parole, il Re quasi svenne dalla felicità. “Figlia mia”, disse, “Finalmente! Che gioia mi stai dando!”
Ma poi Lucia gli mostrò quel pupazzo di pasta umidiccia e il Re si sentì cadere le braccia.
“Hai visto che bello?”, disse Lucia, “Non è ancora pronto, ma sono sicura che verrà benissimo. Proprio come voglio io. Ho seguito il tuo consiglio, visto che non mi piaceva nessuno me lo sono fabbricato da me. Che te ne pare?”
“Be', figliola”, il povero Re era imbarazzato, “Per essere bello è bello, però... ecco... non è esattamente VERO. Non lo vedi che non parla neppure?”
“Parlerà, parlerà”, disse Lucia, convinta, “Dagli tempo.”
Il Re scosse la testa e pensò che la figlia fosse completamente ammattita.
Passarono diversi giorni, e finalmente il Reuzzo fatto a mano si asciugò completamente. E quando si fu asciugato, finalmente diventò vivo e parlò.
“Amore mio”, disse a Lucia, “Sei la creatura più bella sulla quale abbia mai posato gli occhi”, il che era facile, visto che era anche l'unica che avesse mai visto.
Quando ero piccola questa parte mi faceva sempre un po' impressione, perché mi immaginavo una megapagnotta che parlava. Ma poi capii che dovevo fare uno sforzo d'immaginazione e comprendere che ormai quel Reuzzo lì non era più fatto di farina e miele, ma di carne, sangue e ossa. Insomma, era diventato una persona vera.
Era così vivo e vero, che Lucia gli si gettò tra le braccia e gli disse: “Tesoro, baciami! Prendimi! Fammi tua!”
Ma lui, dopo averle dato un bacio appassionato da farle frullare le farfalle nello stomaco, le disse con estrema dolcezza: “Prima voglio dimostrarti di essere un uomo serio, che non teme le responsabilità e mantiene gli impegni. Pertanto vorrei conferire con tuo padre al fine di chiedergli l'onore di avere la tua mano.”
Visto che figo? E sapeva anche i congiuntivi!
Lucia corse a chiamare il Re, questo conferì col Reuzzo e ne rimase estremamente contento.
“Cara figliola, non l'avrei mai detto ma avevi ragione. Il tuo fidanzato è perfetto. Sono sicuro che il tuo sarà un matrimonio felicissimo.”
E così vennero organizzate le nozze: una cerimonia fastosa, allegra, colorata, bellissima, sfarzosa, frizzante, come non se ne erano mai viste da anni.
E vennero invitati tutti. Tutti i notabili del regno, ma anche monarchi di altri reami. E si mangiò, si ballò, si rise e si scherzò, e tutti quanti ammirarono il Reuzzo fatto a mano.
Soprattutto le donne lo ammirarono, perché era esattamente il tipo d'uomo che tutte le donne sognano e non incontrano mai.
Un po' come i nostri eroi da fiction preferiti. Da Darcy a Mr Grey, da Heathcliff a Edward Cullen, gli eroi da romanzo sono quelli che ci fanno sospirare più di tutti gli altri, ma ovviamente non ci capita mai di incontrarli nella realtà. Sapete perché ci piacciono tanto? Perché sono tutti uomini di fantasia, inventati dalle donne in base ai desideri delle donne. Il Reuzzo fatto a mano era così, però vivo. E naturalmente tutte ne avrebbero voluto uno così, al contempo romantico e passionale, gentile e premuroso, sensibile e forte, bello senza tirarsela. Non aveva neppure un difetto.
O meglio, forse uno ce l'aveva ma non l'aveva ancora manifestato: la memoria corta.
Ma vediamo cosa capitò.
Alla festa di nozze naturalmente tutte le donne presenti lo ammirarono, quelle sposate guardarono i propri mariti e sospirarono perché non somigliavano a lui, le single invidiarono Lucia e qualcuna le augurò anche brutte cose che non voglio riportare per non offendere gli animi sensibili.
La più invidiosa di tutte era una regina, che chiameremo Invidia per ovvi motivi. La Regina Invidia stava cercando da anni un marito proprio così, e proprio quando ci aveva messo una pietra sopra aveva scoperto che quell'uomo esisteva, ma aveva appena sposato un'altra.
No, questo non poteva sopportarlo, perciò mise a punto un piano diabolico.
Con un bieco sotterfugio attirò il Reuzzo fuori dalla Reggia, lo rapì e se lo portò via.
Visto cosa succede? Ad avere un fidanzato perfetto, finisce che tutte lo vogliono e noi dobbiamo sempre stare sul chi vive.
Ah, ma non penserete mica che Lucia si sia arresa così, senza combattere?
Macché! Una che si costruisce il suo Principe Azzurro è perfettamente in grado di tenerselo, o di riprenderselo se qualcuno glielo porta via.
Voi direte: ma non faceva prima a farsene un altro? Eh no! Per prima cosa, avete visto anche voi quanto tempo ci aveva messo a fare quello. E poi, se ne avesse fatto un altro che garanzie aveva che non le avrebbero rubato pure quello? E in ogni caso, questa era anche una questione di principio, che diamine!
Anche se a me questa storia del “sapersi tenere un uomo” ha sempre dato fastidio. È sempre stata una palla al piede per le donne. Una pistola alle tempie che le costringe a fare cose che non gradiscono, che non amano, per le quali non sono portate, tutto pur di “tenersi un uomo”, con la minaccia che “se non ti adegui se lo prende qualcun altra”. Ma che se lo prenda, e se lo tenga, dico io. Se uno è così egoista da pretendere che io diventi ciò che non sono solamente per fargli piacere, allora meglio che se lo sciroppi un'altra.
Però Lucia decise di non rifarne un altro ma di recuperare quello vecchio.
Dimostrando di non essere per niente come Gioacchino Rossini.
Tra i vari buffi aneddoti su Rossini, c'è ne uno che fa al caso nostro. Una volta si ammalò e fu costretto a mettersi a letto con la febbre. Ma questo non gli impedì di continuare a comporre. Semplicemente, se ne stava lì disteso e scriveva sui fogli da musica. Aveva già composto un'ouverture quando, a causa di un potente sternuto, i fogli già scritti gli scivolarono di mano e caddero per terra. Non aveva voglia di alzarsi e raccoglierli, perciò non trovò nulla di meglio da fare che... riscrivere daccapo il brano. E quando qualche ora dopo un suo amico andò a trovarlo e raccolse i fogli, si accorse che la nuova ouverture era completamente diversa dalla prima.
Una faticaccia, secondo Lucia, perciò lei decise piuttosto di mettersi in viaggio e riprendersi il suo Reuzzo.
Cammina cammina, si trovò a chiedere informazioni a tre streghe, le quali le donarono tre frutti: una noce, una nocciola e una mandorla.
“Sembrano frutti umili”, le dissero, “ma al momento del bisogno spaccale: troverai cose che potranno esserti d'aiuto.”
Quando giunse nel regno della Regina Invidia, Lucia andò in giro a informarsi, e scoprì che il Reuzzo viveva a Palazzo come consorte della Regina.
Forse nel farlo si era dimenticata di assegnargli una memoria sufficiente, oppure il dono della fedeltà. Fatto sta, che il Reuzzo era convinto d'essere lo sposo di Invidia. Dopotutto, ricordava di essersi sposato. Come possiamo pretendere che si ricordasse anche chi aveva sposato?
Sì, però si sbagliava e occorreva riportarlo sulla retta via.
Pensa che ti ripensa, Lucia ebbe una bella idea. Si travestì da venditrice ambulante, poi si piazzò nei giardini, dove sapeva che la Regina andava sempre a passeggio, e spaccò la noce.
Ne uscì un bellissimo carillon tutto d'oro che emanava una musica meravigliosa (forse quella di Rossini) ed era compreso di pulcini danzanti. Vivi! Povere bestie!
Insomma, lei si piazzò lì, e quando la Regina Indivia passò e li vide, li volle anche. Perché lei era invidiosa mica per niente, e se qualcuno aveva qualcosa di bello lei cominciava a invidiarlo.
Ne conoscete di persone così, che invidiano sempre tutte le fortune altrui e non sono mai contente se non quando gliele portano via? Invidia era così.
“Te li pago quel che vuoi”, Invidia disse a Lucia, “Ma quel carillon dev'essere mio.”
“Non voglio denaro”, rispose Lucia, “Però ve lo cedo se mi fate un favore. Vorrei trascorrere questa notte nella stanza da letto del Reuzzo.”
La Regina accettò, ma siccome sospettava qualcosa di losco, quella sera narcotizzò il Reuzzo, che trascorse tutta la notte dormendo sodo e non sentì Lucia.
Lucia pianse, si disperò, cercò di scuoterlo. Ma non ci fu niente da fare, il Reuzzo non sentì nulla e al mattino, quando Lucia fu costretta ad andarsene, lui ancora dormiva.
Lui non sentì Lucia, ma la sentì qualcun altro.
Dovete sapere che proprio di fianco al Palazzo Reale c'era la prigione. Forse per spedirci più alla svelta i prigionieri politici, non so. Fatto sta che i carcerati sentirono tutti, ma tutti i lamenti strazianti di Lucia. Non riuscirono a chiudere occhio, in sostanza, e pensarono che questo tormento fosse troppo pure per loro.
Il giorno dopo Lucia spaccò la nocciola, ne uscì un coro di pappagallini (vivi!!!) canterini, con le piume tutte d'oro e su un grosso trespolo d'oro.
Come il giorno prima Invidia li volle, e come il giorno prima Lucia domandò in cambio una notte col Reuzzo. Come il giorno prima, Invidia narcotizzò il Reuzzo, e come il giorno prima lui dormì e non sentì i lamenti della sua vera sposa. E proprio come la notte prima, i poveri carcerati non riuscirono a chiudere occhio.
L'indomani Lucia si rimise al solito posto e spaccò la mandorla. Dentro c'era un pavone (vivo!) tutto d'oro che non solo cantava gli ultimi successi musicali, ma sapeva anche compiere mirabolanti giochi di prestigio.
Ah, prima che me lo dimentichi: queste bestie che escono dai frutti secchi me le sto inventando, ma vi assicuro che nelle fiabe originali sono sempre cose del genere, per cui non sto divagando più di tanto.
Come le altre volte, la Regina Invidia volle il pavone. Come le altre volte, Lucia chiese in cambio di passare la notte col Reuzzo. E come le altre volte, Invidia pensò bene di narcotizzare il Reuzzo.
Ma stavolta non le riuscì.
Comprensibilmente, i carcerati erano stufi di passere le nottate in bianco, per cui si organizzarono e fecero sapere al Reuzzo che tutte le notti dalla sua stanza provenivano i pianti strazianti di una donna che diceva di essere la sua legittima sposa eccetera eccetera, e che per cortesia cercasse di porre fine a quel fracasso, che loro almeno la notte meritavano di riposare.
Il Reuzzo rifletté, e si ricordò (almeno la memoria a breve termine gli funzionava) che le due sere precedenti la Regina Invidia gli aveva fatto bere del vino molto speziato e lui subito dopo si era sentito stanco e intontito, e si era addormentato di botto. Comprese che quel vino era drogato, perciò quella sera finse solo di berlo, ma in realtà lo versò tutto nel ficus in sala da pranzo. Non so che fine abbia poi fatto quella pianta...
Quella notte, come le altre, Lucia si recò dal Reuzzo e cominciò a piangere. Ma lui non dormiva e la sentì. E lei gli raccontò quel che era capitato, così il Reuzzo si ricordò che Lucia era la sua vera sposa. E perciò i due fuggirono insieme e se ne tornarono a casa, dove vissero felici e contenti alla faccia della Regina Invidia. Ma con gran gioia dei carcerati, che poterono tornare a dormire.
Che bello!
Però se rifletto su questa storia, la trovo inquietante. Perché Lucia non era solo la sposa del Reuzzo, era anche quella che gli aveva dato vita. Quindi in un certo senso era anche sua madre. Perciò questa è la storia di un incesto!
Puah! Visto che non è bene scavare troppo nelle fiabe?

FINE

ELENCO DELLE FIABE CONTENUTE NELL'EBOOK

1 – Il Principe Serpente, una storia da sbucciare
2 – L'amore delle tre melarance (bianca come il latte, rossa come il sangue), una storia smemorata
3 – La Bella Addormentata nel Bosco, una storia crudele
4 – I sei cigni, una storia urticante
5 – Pelle d'Asino, una storia torbida
6 – Rumpelstiltskin, una storia primordiale
7 – Turandot, una storia lirica
8 – La Principessa Professoressa, una storia in cattedra
9 – Biancaneve e i dodici briganti, una storia oscura
10 – Cenerentola al sud, una storia “scialla”
11 – La Gatta Cenerentola, una storia sorniona
12 – Gretel la principessa scaltra, una storia con la battuta pronta
13 – La Regina delle Nevi, una storia seducente
14 – La Principessa Snob, una storia ingiusta
15 – Olivia la principessa manomozza, una storia coraggiosa
16 – La Figlia del Sole, una storia furbetta
17 – Fantaghirò persona bella, una storia sopravvalutata
18 – Il Reuzzo fatto a mano, una storia molto autonoma
19 – Le sette teste d'agnello, una storia che se la lega al dito
20 – Cenerentola di Perrault, una storia così come uno se l'aspetta
21 – Aschenputtel (Cenerentola dei Grimm), una storia sanguinolenta
22 – Le dodici principesse danzanti, una storia sulle punte
23 – La Bella e la Bestia, una storia che non si ferma alle apparenze
24 – La lampada di Aladino, una storia dalla faccia di bronzo
25 – L'Uccellin Belverde, una storia che non si accontenta
26 – Raperonzolo, una storia senza capo né coda
27 – La Cenerentola, una storia coi piedi per terra