venerdì 30 agosto 2013

Tipi da treno (o treni d'un certo tipo?)

Ebbene sì, lo confesso: io sono una terribile compagna di viaggio in treno. Sono una di quelle persone-orso, che in treno si mettono in un angolo e si chiudono (o cercano di chiudersi) in una bolla che le isoli dal mondo esterno.
E che non vedono l'ora che il viaggio sia finito.
Quand'ero piccola viaggiare in treno mi piaceva. Mi piaceva soprattutto guardare fuori dal finestrino. E poi fantasticavo sui paesaggi che vedevo scorrere e cambiare quando si passava da una regione all'altra, immaginavo di percorrerli in groppa a un cavallo velocissimo, oppure di entrare nelle case più belle che vedevo. Mi piace farlo anche adesso. A dirla tutta, guardare fuori dal finestrino è la mia attività preferita quando viaggio in treno, anche se non indulgo più in certe fantasticherie.
Però non è che non mi accorga di quel che mi succede attorno. Anche se vorrei evitarlo, mi è capitato spesso di vedere chi sono gli altri viaggiatori.
Ci sono quelli orsi come me, e sono i miei preferiti. Si fanno i fatti loro e generalmente non mi accorgo neppure quando scendono a una fermata prima della mia (a meno che non vengano sostituiti da gente più chiassosa).
Quelli che mi davano più fastidio, quand'ero piccola, erano quelli che per dormire abbassavano le tendine del finestrino, impedendomi di ammirare il paesaggio. Se ci riuscivo, non appena si addormentavano le rialzavo.
Poi ci sono quelli che si siedono di fronte e allungano le gambe in modo da costringermi a tenere i piedi rannicchiati sotto la sedia. Siccome sono un tipo schivo e gentile, non ho mai il coraggio di dir loro quanto mi dia fastidio. A meno che non mi vengano i crampi alle ginocchia, e allora cerco di riprendermi i miei spazi.
Quelli che non capisco sono quelli che, sui treni come le frecce (dove la prenotazione del posto è obbligatoria), si siedono sempre al posto di qualcun altro. Sempre. Hai il tuo posto, accidenti, perché ti devi mettere al mio? Non so neppure da quanto tempo non riesco più a viaggiare nel posto che mi ero pazientemente scelta e prenotata in partenza.
I simpaticoni a tutti i costi mi irritano anche altrove, ma sul treno di più perché non posso scappare. So benissimo che sono io quella acida e musona, ma proprio non sopporto l'invadenza. Per questo davanti a elementi del genere mi chiudo ancora più a riccio, più loro fanno i simpatici più io divento scontrosa, sprofondo in un libro e fingo di non vederli e non sentirli, o rispondo a monosillabi alle loro pressanti domande, finché i simpaticoni di turno non si arrendono.
E ancora, ci sono gli amanti della musica. Non quelli che si ascoltano l'iPod per conto loro, no. Dico quelli che cantano. Anni fa feci un viaggio in treno accanto a due tizi che ebbero la forza di cantare la stessa canzone per otto ore di fila! Otto ore, vi rendete conto? Sempre la stessa canzone! Roba da mettersi a gridare “Basta, pietà! Almeno cambiate brano!”
Poi ci sono i maniaci del cellulare, che passano tutto il tempo a parlare al telefono mettendo tutto il compartimento a conoscenza dei loro affari lavorativi e/o privati.
E quelli che mettono i piedi sulla poltroncina di fronte.
E ancora i bambini invadenti. Una volta mi capitò di viaggiare con uno di questi. Se ne andava in giro per il compartimento in cerca di consensi e apprezzamenti, con la mamma che affermava gongolante che il suo piccino “amava stare al centro dell'attenzione”. Siccome io, da brava musona, me ne rimasi col naso immerso nel mio libro (me lo ricordo ancora, era “Il giuoco delle perle di vetro” di Hermann Hesse), la sua attenzione si concentrò in particolare su di me. Come mai io ero l'unica a non dargli retta? Perché solo io non gli facevo neppure una moina, anzi, parevo proprio non vederlo neppure? Fece di tutto per attirare la mia attenzione, ma non ci riuscì. O meglio, ci riuscì ma io non glielo diedi a vedere. Sicuramente da grande sarebbe diventato un adulto invadente, c'era pur bisogno di qualcuno che lo rimettesse in riga.
Eppure nonostante la mia conclamata acidità, la proposta di Deutsche Bahn e Obb, di creare compartimenti per sole donne (vedete qui l'articolo), mi lascia perplessa. Se non fosse per il fatto che lei non viaggerebbe mai su un mezzo plebeo come il treno, penso che zia Ramona apprezzerebbe l'idea, se non altro per l'opportunità di avere a disposizione un bagno “per sole donne” anche sul treno. Zia Ramona detesta l'idea di adoperare un bagno che sia stato usato anche da un uomo: non divide la toilette neppure col marito, figuriamoci con un estraneo. Può farlo perché lei in casa ha due bagni. Quando viene da me per lei è un dramma, perché io ho un solo bagno e lo usa anche G. E lei piuttosto che andare nello stesso bagno di G preferirebbe farsi esplodere la vescica.
Però veramente è un'iniziativa di cui non capisco il senso. A che pro?
Nell'articolo dicono che in parte è una misura di sicurezza, in epoca di femminicidi. Ma che c'entra? I femminicidi avvengono generalmente a opera di persone che conoscevano bene la vittima, visto che di solito si tratta degli ex. O forse intendete dire che così evitate che due si conoscano e che la relazione possa quindi sfociare in qualcosa di drammatico? Eh, però a questo punto bisognerebbe tener d'occhio tutti i possibili luoghi d'incontro. Bar, palestre, supermercati, ristoranti e chi più ne ha più ne metta. Tutto separato, via.
La questione della sicurezza, in generale, è un po' irritante, a mio avviso. È un passo indietro verso i luoghi comuni più beceri: gli uomini sono tutti possibili aggressori e le donne tutte possibili vittime. Che si fa? Si tengono separati, così i primi non cadono in tentazione e le seconde sono al sicuro. Un po' come dire che tu, donna e quindi vittima, se non vuoi fastidi è meglio se non ti fai vedere. Non indossare vestiti provocanti. Non uscire da sola. Anzi, stattene proprio a casa così fai prima. Altrimenti “te la sei cercata”.
Che brutta cosa, no?
E comunque non mi sembra il modo migliore per prevenire le violenze, anzi, mi pare quasi un voler giustificare la mentalità che le genera.
L'idea della maggior riservatezza per le studentesse mi sembra campata in aria. E gli studenti, allora? E chi vi dice che altre compagne di viaggio donne non facciano confusione pure loro, chiacchierando, parlando a telefono, cantando a squarciagola o semplicemente portandosi dietro figli pestiferi? Piuttosto fate un compartimento per studenti. Anzi, meglio, un compartimento per lettori che vogliono essere lasciati in pace nelle loro letture. Non sarebbe male neppure un vagone-biblioteca per i viaggi lunghi.
Insomma, io non capisco l'iniziativa, ma forse è solo un problema mio. Riuscite a spiegarmela voi in qualche modo?

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