Avevo detto che ve l'avrei spiegato e ve lo spiego.
L'avevo detto, no?
E allora lo faccio.
Ma non è facile come dirlo.
Insomma, è una cosa un po' personale...
Ok, comincio. Un bel sospiro...
Ecco, questo qui di fianco è un libro. Un ebook, per la precisione.
L'ho scritto io. Lo trovate su Kindle, qui.
È una storia d'amore, si sarà capito. Dal titolo, dalla copertina, da altre cose... non vi dico di cosa parla, se ci tenete a saperlo dovreste trovare a breve qualcosa sulla pagina segnalata.
Si ispira a una storia vera. Non lo direste mai, perché io poi ci ho lavorato molto di fantasia.
Lo faccio sempre. Comincio da una storia vera, poi mi ci partono su le mie fantasie e cambio tutto.
Un po' lo faccio perché ho pudore delle mie esperienze. Non mi va di dirle a tutti così come sono andate, quel che conta è che rimanga lo spirito, il succo, l'emozione essenziale.
E tutte quelle cose lì.
E poi lo faccio anche perché così parenti, amici e diretti interessati non riconoscono gli episodi e non se la prendono con me se non apprezzano le mie conclusioni.
Inoltre c'è tutto il discorso (ehm...) artistico, ovviamente.
In tutto ciò, non vi ho detto ancora nulla.
L'ispirazione, come dice anche nella pagina, è quella del primo amore che non si scorda mai.
A (nome di fantasia) fu il mio primo amore. Non che non me ne fossero piaciuti altri prima, ma lui fu il primo a farmi battere forte il cuore, farmi sentire le farfalle nella pancia, le ginocchia molli e tutte quelle cose lì. A era bello, alto, aveva gli occhi verdi e i capelli scuri. Era anche simpatico e intelligente. Suonava il pianoforte e non si limitava a conoscere le canzonette pop che strimpellavamo noi. Lui era un cultore di jazz. La prima volta che sentii nominare questo genere fu a una sua festa di compleanno, quando si mise a eseguire dei brani al pianoforte.
Aveva due anni più di me e andava in un'altra scuola, ma io lo vedevo tutte le mattine perché dovevamo fare un tratto di strada insieme. Lo salutavo sempre e mi spremevo le meningi per raccontargli qualcosa di buffo che lo facesse sorridere, perché il suo sorriso mi piaceva da impazzire. Lui mi sorrideva e a me sembrava di volare beata su una nuvoletta rosa. Ma ovviamente non mi filava per niente.
Non ci pensava neppure dipinto a prendermi in considerazione come possibile partner.
Io invece continuavo a sognare avventure esotiche (ho detto esotiche con la S, non con la R!!!) in cui io e lui di volta in volta ci perdevamo tra le dune del Sahara, su un'isola deserta non segnata sulle mappe, nella giungla, in cima all'Everest, al Polo Nord e giù di lì, e nel corso di quelle avventure la passione divampava e lui mi confessava, finalmente, che mi amava ardentemente fin dal primo giorno in cui mi aveva vista. E a ben pensarci questa è una di quelle cose che molti di noi vorrebbero sentirsi dire, ma che quasi nessuno di noi direbbe mai ma neanche a pregarlo in ginocchio.
La cosa durò un annetto, poi lui si fidanzò con una mia amica dai capelli scuri, gli occhi verdi e le tette grosse. Era estate e noi, amici della stessa comitiva, uscimmo un'ultima volta insieme prima delle vacanze. Lui mi accompagnò a casa perché abitavo sulla stessa strada. Ci salutammo, poi lui mi sorrise, mi chiese “Tutto bene?” (cosa che io interpretai come uno “Scusa se ho scelto lei e non te, ma lei ne ha più bisogno e poi ha le tette grosse.”). Io risposi “Sì, certo.” (e voleva dire “Accidenti a tutte quelle con gli occhi verdi e le tette grosse. Ma soprattutto le tette grosse.”). Allora lui si chinò, mi sfiorò le labbra con le sue, disse “Ci vediamo.” e se ne andò.
Ma si sbagliava, perché non lo vidi mai più.
Insomma, come storia d'amore possiamo tranquillamente archiviarla nel file “fallimenti pietosi” insieme a molte altre. Ve l'ho detto (ce l'ho detto, vero?): io sentimentalmente sono un disastro. Tant'è che a un certo punto da adolescente cominciai a pensare di non essere veramente umana. Forse ero un'aliena, come Superman (sarebbe meglio dire Clark Kent), ero arrivata da chissà dove ed ero condannata ad arrabattarmi come una disperata nel vano tentativo di capire regole che evidentemente per tutti gli altri umani e terrestri erano assolutamente ovvie e naturali. Tipo l'amore. O l'algebra...
Fu così che, parecchi anni dopo le mie fantasie su A, scrissi questo romanzo. Molto romanzato. In effetti non c'entra quasi nulla con gli avvenimenti reali, i personaggi sono più adulti, hanno altri problemi... ma diciamo che parte tutto da lì, da quelle fantasie.
Poi stampai il romanzo, lo infilai in una busta e lo inviai a una casa editrice di cui non posso fare il nome ma solo le iniziali, MyM. Mi risposero qualche settimana dopo dicendo di essere stati sul punto di pubblicarlo ma che poi all'ultimo, per un unico piccolo dettaglio (che non mi svelarono) avevano deciso che no, non se ne faceva niente.
Ma quel che può andare quasi bene per MyM forse può andar bene per il Gatto e la Luna, e perciò ecco che finalmente, dopo aver ripreso in mano la storia, la lancio di nuovo alla carica.
Sperando che A non la riconosca e decida di farmela pagare...
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