mercoledì 31 agosto 2011

Equivoci...

Stanotte, causa caldo (perché anche se la temperatura s'è lievemente abbassata io patisco ancora il caldo) mi sono svegliata, mi sono voltata verso la mia dolce metà (alias G... quello che non vuol comparire ma che, avrete capito, è la mia dolce metà) e sono rimasta sbigottita. Perché ho visto questo:
“Oddio!”, mi son detta, “Che pancia ha messo su! E che strani rumori emette dal ventre! Tutta colpa mia. Con i miei stupidi esperimenti culinari lo sto trasformando in una mongolfiera! Ah, ma da domani si cambia. Da domani dieta per tutti. Non posso permettere che il mio Principe Azzurro si trasformi nella caricatura del Tenerone!”
Poi ho guardato meglio. E mi sono resa conto di cos'era quella preoccupante escrescenza. Questo:

Accidenti, per un motivo o per un altro i gatti riescono sempre a farmi preoccupare!

martedì 30 agosto 2011

Perché?

Perché non mi lasciate mai commenti nel blog?
Perchéééé????? :-((((

lunedì 29 agosto 2011

L'intervista...

Fin da ragazzina io ho una fantasia... una delle tante, intendo. No, tranquilli, non è roba erotica. Questa qui non lo è. Insomma, ogni tanto immagino di essere una scrittrice famosa e qualcuno m'intervista. Dev'essere una fantasia comune a molte ragazzine, anche se credo che quelle normali sognino di essere più che altro cantanti, attrici, modelle e così via (non so cosa sognino adesso le ragazzine, e forse preferisco continuare a non saperlo...). Comunque siccome poi da grande un paio di volte m'è capitato davvero di essere intervistata (sorvoliamo il perché) mi sono resa conto di un fatto stupefacente. Quando mi fanno le domande io non so che rispondere. Davvero. Tra l'altro, questo capita spesso anche in vari contesti sociali, quando conosco gente nuova che mi fa domande esistenziali. Tipo “Qual è il tuo colore preferito?”. Boh?!?
Perciò vedete che faccio bene ad allenarmi alle interviste, caso mai dovesse capitare di nuovo.
Oggi mi alleno col questionario di Io Donna. Vediamo un po'...

DOMANDA: Il tratto principale del suo carattere?
RISPOSTA: Ah, ehm... be', ecco...
D.: La qualità che preferisce in un uomo?
R.: La... mah?
D.: E in una donna?
R.: È... uhm... uh?
D.: Il suo miglior amico?
R.: Non ho capito la domanda!!!
D.: L'ultima volta che ha pianto?
R.: Vediamo, sarà stato... fra cinque minuti???
D.: Autore preferito?
R.: Sicuramente si tratta di... no, potrebbe essere... ma forse... va' un po' a saperlo...
D.: Attore e attrice preferiti?
R.: Mah? Dipende...
D.: La canzone che fischia più spesso sotto la doccia?
R.: Questa la so. Nessuna! Perché io non ho la doccia, ho la vasca da bagno (fiùùùù! Almeno una è andata!)
D.: Se dovesse cambiare qualcosa nel suo fisico, che cosa cambierebbe?
R.: Il girovita (e due!!!)
D.: Il dono di natura che vorrebbe avere?
R.: Una fortuna sfacciata. No, poi diventerei antipatica. Allora una grande intelligenza. Ma così poi pensate che non sono già intelligente. Vediamo... quanto tempo mi date per pensarci?...


Mi sa che devo studiarmela meglio...

La parola di oggi è... FASHION



Ogni tanto mi diverte andare a controllare come mai la gente capiti sul mio blog. Che parole sta cercando quando ci finisce su. E certe volte è una cosa che mi sorprende.
Questo mese qualcuno è capitato da me perché cercava il significato della parola “fashion”.
Molto semplice, “fashion” è un termine inglese che significa “moda”. Significa anche maniera, voga, aspetto, abitudine, andazzo... ma sono sicura che non è questo che stavate cercando. A ogni modo fashion deriva dal middle english (l'inglese che si parlava grossomoda dal 1100 al 1500) facioun, che a sua volta deriva dal francese façon (ovvero aspetto, maniera...), che a sua volta deriva dal latino facere, ovvero fare.
Soddisfatti?

NELL'IMMAGINE: James Gillray, Seguire la Moda, caricatura del 1794. La mania della moda non è poi così attuale, vero?

domenica 28 agosto 2011

Cenerentola moderna e altre storie

Titolo: Cenerentola moderna e altre storie
Di: Louisa May Alcott
Editore: Il Gatto e la Luna
Formato: ebook
Prezzo: 3,00 €


Quattro racconti dall'autrice di Piccole Donne.
1. Cenerentola moderna: Una fanciulla che si sente un po' Cenerentola, dolce, premurosa e dotata di due sorelle decisamente distratte, aspetta non il principe azzurro ma qualcosa di meglio: il suo grande amore.
2. Il debutto di Debby: Debby, ragazza debuttante con la testa sulle spalle, incontra l'uomo della sua vita durante magiche vacanze al mare e, a dispetto della società alla moda, impara a seguire il suo cuore e non le convenzioni sociali.
3. I fratelli: Sullo sfondo della guerra di secessione americana, due uomini amano la stessa donna, ma tra conflitti razziali e ingiustizie sociali solo uno è destinato a diventare un vero eroe.
4. L'ospedale di Nelly: La piccola e altruista Nelly vuole diventare infermiera, ma prima di mettere in pratica il suo sogno si allenerà con pazienti più piccoli e meno complessi.

Quattro racconti romantici, teneri, appassionati, che fanno sognare ma anche riflettere, indignarsi, pensare... una scrittrice sensibile e attenta che è diventata un classico per la letteratura mondiale.

Per saperne di più, cliccate qui!

mercoledì 10 agosto 2011

Certezze


L'importante, nella vita, è avere almeno qualche certezza. Io ce l'ho... forse...

sabato 6 agosto 2011

Vocalizzi

Eccomi qua. Torno dopo un bel po' di tempo e subito parto con le sciocchezze (è che non voglio scrivere apertamente ca22ate... sembrerebbe volgare, no?), mettendo a dura prova la vostra pazienza. Ma voi siete lettori affezionati e comprensivi, perciò non perderete la pazienza. Vero? VERO???
Grazie! Vi adoro! Smack!
La pazienza vi serve, perché sto per affrontare un argomento un po' spinoso, lo so. Potete anche chiamarlo scabroso. A proposito, chissà che significa esattamente “scabroso”. È una parola che sa di malattia contagiosa, di quelle che ti fanno venire le bolle. Un attimo che controllo sul vocabolario... ecco qua, deriva da scabro, ovvero non liscio né piano, quindi si riferisce ad argomenti difficili da trattare, perché potrebbero offendere qualcuno. Messa così qualunque argomento può essere scabroso, perché qualunque argomento può offendere qualcuno. Io mi offendo se si parla di acqua frizzante, per esempio...
Ma sto tergiversando. Torniamo all'argomento scabroso. No, tranquilli, non intendo parlare delle mie attività intestinali. Non è così tanto scabroso...
Parlo invece della capacità di esprimere, diciamo “a voce”, le proprie emozioni.
Ok, la sparo.
Ma voi quando fate l'amore gemete?
Non sto cercando di farmi gli affari vostri, lungi da me... cioè, in realtà un po' sì perché sono sempre curiosissima di sapere i fatti altrui... è il mio mestiere: scrivere vuol dire anche impicciarsi dei fatti altrui. Ma non solo, è proprio una riflessione personale, e mi è venuto in mente solo perché ieri mi è capitato di riascoltare Je t'aime... moi non plus (se non sapete cos'è cliccate qui).
Insomma, quei famosi concertini di “Aaaaaah! Mmmmmh! Oooooh! Uuuuuh! Eeeeeh!!! Ancoooora!!!”, quelle sinfonie di mugolii, urletti e vocalizzi vari voi li fate?
Perché io no.
Ed è molto, MOLTISSIMO imbarazzante!
Il problema è che io non sono in grado di esprimere le mie emozioni “vocalizzando”.
Quando faccio l'amore resto muta come una tomba.
No, non proprio come una tomba.
Forse ansimo un po'.
Ma tutto qui.
È imbarazzante, il mio partner potrebbe essere portato a pensare che non mi sento coinvolta, che sto pensando ad altro (cosa che, detto fra noi, ogni tanto può capitare).
Cerco di sopperire alla mancanza di gemiti dicendo un mare di sciocchezze. Non vi dico quali perché sono veramente sciocche. No, non quello che state pensando voi ma peggio, molto peggio. Certe volte non hanno neppure niente a che vedere con l'attività svolta. Oh, ma è inutile dirvelo. Voi siete miei lettori, sapete quali vette di demenzialità so raggiungere...
E mica resto zitta solo quando faccio l'amore. Noooo! Magari!!!
Per esempio, resto zitta anche quando rido.
Forse lo so perché: perché mi ci alleno da una vita.
Mi ricordo che quand'ero piccola ridevo spesso anche per cose che gli altri non comprendevano. Per esempio, perché mi veniva in mente un sogno buffo che avevo fatto.
Io faccio spesso sogni buffi, voi no?
Per esempio, stanotte ho sognato che i gatti potevano trasformarsi in calzini, così trasportarli era più facile. E per farli tornare gatti bastava offrirgli da mangiare.
Non è buffo?
Comunque non è questo il punto.
Il punto è che quando ero piccola gli adulti mi vedevano spesso ridere all'improvviso e non capivano perché. E quando mi chiedevano “Che accidenti hai da ridere?” (perché pensavano sempre, le code di paglia, che ridessi di loro), e quando io glielo dicevo loro storcevano la bocca e rispondevano: “Tutto qui? Ti conviene non dirlo in giro, sennò ti prendono per scema!”
Questo perché (ho scoperto in seguito) certe cose che mi facevano ridere spesso facevano ridere solo me.
Insomma, per evitare di cascare in questi tranelli alla lunga mi sono educata a ridere in silenzio. Da fuori non si vede nulla, ma io so che dentro di me sto sghignazzando.
Ma a lungo andare la cosa deve avermi preso la mano.
Io non sono più capace di ridere con un sonoro “Ah! Ah! Ah!”
E non posso più tornare indietro.
Anche davanti a un fatto spassoso all'ennesima potenza io rido, ma solo dentro di me.
Da fuori non si vede nulla, sembro assolutamente indifferente. Ho appena un po' gli angoli delle labbra increspati all'insù, tutto qui. Ma ce ne vuole del buono per accorgersene!
Il che è problematico quando vado agli spettacoli di cabaret. Il comico di turno crede sempre che non mi stia divertendo, che faccia la snob (una con la puzza sotto il naso, a dirla tutta) quando in realtà nel profondo del mio cuore mi sto piegando in due dalle risate (oppure mi sto annoiando a morte, ma questo non glielo dirò mai).
Ogni tanto cerco di forzarmi a emettere un sonoro “Ah! Ah! Ah!”, ma si vede che è finto, e sembra anche peggio.
Per lo stesso inghippo sono muta anche nei momenti intimi, il mio partner si offende perché pensa che mi stia annoiando e ci rimane male. E se provo a tirar fuori il concertino di “Aaaaaah! Mmmmmh! Oooooh! Uuuuuh!” è anche peggio. Perché si sente che sono forzati. E sembra che stia fingendo anche quando non è così (qualche volta sì, però)!
Insomma, nel mio piccolo è un dramma.
Possibile che capiti solo a me?
Con amore, vostra
I.B.
PS: il mio signor G (che niente ha a che vedere con Giorgio Gaber!) ha sempre il terrore che io mi metta a scrivere qui i nostri fatti privati. Glielo dite anche voi che non è vero?

Papà Gambalunga


TITOLO: Papà Gambalunga
DI: Jean Webster
FORMATO: Ebook (pdf)
PREZZO: 3,00 €
INFO SU www.ilgattoelaluna.it

Il Papà Gambalunga è un ragno dal corpo piccino e le zampe smisuratamente lunghe. È la prima cosa che viene in mente a Jerusha Abbott quando vede l'ombra di quel buffo Amministratore dell'orfanotrofio dove vive. Sì, perché Jerusha è sola al mondo, vive da sempre in un orfanotrofio e ora che sta per compiere diciott'anni la vita sembra non riservarle nulla di buono. Ma quell'Amministratore dalle lunghe gambe la cui ombra l'ha fatta tanto ridere si rivelerà essere un improvviso e misterioso benefattore che le permetterà di cambiare vita. L'uomo la farà studiare affinché possa diventare una scrittrice ponendo, però, singolari condizioni: lei dovrà scrivergli tutti i mesi raccontandogli dei suoi progressi mentre lui rimarrà sempre anonimo e sconosciuto. Jerusha scopre così un nuovo mondo in cui svilupperà amicizia, intelletto, convinzioni sociali, orgoglio e troverà anche l'amore. Con un finale sorprendente che la lascerà a bocca aperta.


Note sull'autrice
Alice Jane Chandler Webster, giornalista e scrittrice americana nota con lo pseudonimo di Jean, nacque il 24 luglio 1876 a Fredonia, New York, dove visse con la bisnonna, la nonne e la madre, tutte in una stessa casa in un'atmosfera estremamente matriarcale. La bisnonna era attivista nelle società di temperanza (associazioni nate per combattere l'abuso del consumo di alcol, ma che in seguito si dedicarono anche alla promulgazione di più rigide condotte morali), la nonna si batteva per l'uguaglianza razziale e per il voto alle donne, la madre era nipote di Mark Twain e il padre, Charles Luther Webster, fu agente ed editore dello stesso Twain. Sfortunatamente la casa editrice del padre durò solo per quattro anni, dal 1884 al 1888. La delusione per il fallimento spinse il signor Webster al suicidio nel 1891.
Alice mutò il suo nome in Jean al college, poiché aveva una compagna di stanza che si chiamava Alice pure lei, e da allora questo rimase il suo nome. Diplomata in arte cinese, laureata in lettere, si batté a lungo per il diritto all'istruzione e al voto delle donne e per la loro affermazione sociale, per i movimenti riformisti, e fu attiva in diverse associazioni umanitarie, soprattutto a tutela degli orfani, tutti temi che emergono nei suoi libri. Viaggiò molto sia in America che in Europa e Asia. Ebbe una lunga relazione segreta con l'avvocato Glenn Ford McKinney, fratello della sua cara amica Ethelyn, che poté sposare solo nel 1915, quando lui riuscì a ottenere il divorzio dalla moglie precedente.
Papà Gambalunga è sicuramente il libro più famoso di Jean Webster ed è incentrato sulla crescita morale, sociale e intellettuale di una giovane orfana, Jerusha Abbott, che trova un inaspettato benefattore. Pubblicato nel 1912, il libro riscosse subito un grande successo (non solo per le tematiche sociali trattate ma anche per lo stile brioso e ironico che caratterizza Jean Webster) tanto che nel 1913 la stessa Webster ne trasse una commedia prontamente accolta con entusiasmo da pubblico e critica. A questo libro fa seguito, nel 1915, Caro Nemico, sempre scritto in forma epistolare, dove però la protagonista non è più Jerusha ma la sua amica Sallie e dove i temi femministi si fanno più marcati, pur rimanendo sostanzialmente un romanzo umoristico.
Jean Webster morì l'11 giugno 1916, a quarant'anni non ancora compiuti, a causa di complicazioni insorte dopo il parto. La sua bambina venne chiamata, in suo onore, Jean.
Papà Gambalunga ha avuto diverse trasposizioni cinematografiche. Una del 1919, con Mary Pickford nel ruolo di Jerusha, una del 1931 (con Janet Gaynor e Warner Baxter), una del 1935 con Shirley Temple e una, la più famosa, del 1955, con Fred Astaire nel ruolo di Papà Gambalunga e Leslie Caron in quello di Judy, anche se queste due ultime versioni divergono in molti punti dal romanzo.
Nel 1990 ne è stata tratta anche una serie animata giapponese.
In Giappone esiste un Fondo Papà Gambalunga che sostiene quei bambini che hanno perso il padre in un incidente d'auto.