martedì 25 dicembre 2012

Schiaccianoci e il re dei topi - una storia natalizia

AVVERTENZA: Quello riportato di seguito è il riassunto di una versione italiana dello Schiaccianoci, che in realtà è più una rilettura parecchio riveduta e corretta. Se quel che cercate è invece una versione del racconto vero e proprio di Hoffmann, vi consiglio di andare qui!

Tutti, o quasi, conoscono il balletto Lo Schiaccianoci. In meno sanno che è tratto da un racconto ancora più antico del balletto. Questo racconto è stato scritto nel 1816 da uno scrittore romantico tedesco di nome Ernst Theodor Wilhelm Hoffmann (che però cambiò il Wilhelm in Amadeus in onore di Wolfgang Amadeus Mozart, di cui era un grande ammiratore).
Il signore qui a destra è, appunto, E.T.A. Hoffmann.
Il balletto Lo Schiaccianoci, invece, è nato in Russia nel 1892 su coreografie di Marius Petipa (uno dei più grandi coreografi di danza classica mai esistiti) e musiche di Pëtr Ilic Cajkovskij (che potrai trovare anche scritto Tchaikovsky, si pronuncia comunque Ceikòski).

La storia del racconto di Hoffmann è abbastanza complessa, ma se tu prima conoscevi solo la storia del balletto noterai che ci sono molte differenze tra il balletto e il racconto. Vediamole.
Molti si riferiscono al balletto Schiaccianoci come al capolavoro di Cajkovskij, forse la sua creazione più famosa, ma lui non sarebbe stato per nulla d'accordo con quest'affermazione. Infatti in questo spettacolo tutto gira attorno ai passi di danza. Marius Petipa creò per prima cosa la coreografia, e poi diede a Cajkovskij tutte le indicazioni necessarie per scrivere la musica, comprese istruzioni precise sulla durata di ogni singolo passaggio. In pratica non gli lasciò molta libertà creativa, per questo a Cajkovskij non piacevano molto le musiche che scrisse per questo balletto.
Nel racconto la protagonista si chiama Marie e nel balletto, tutti lo sanno, prende il nome di Clara. Ma questa non è l'unica differenza.
Anche la trama è stata molto semplificata fino a diventare un semplice pretesto per i numeri di danza, che sono molti. Ecco, in breve, la trama del balletto Schiaccianoci.
Siamo in casa di Clara, che è una bambina anche se è una ballerina adulta a interpretarla, la sera della vigilia di Natale. C'è una grande festa in corso e ogni personaggio danza, insieme o da solo. Poi arriva il padrino Drosselmeier (o Drosselmeyer, che comunque si legge Drosselmàier) che porta con sé strane bambole animate, ognuna delle quali esegue un balletto "caratteristico" (la danza spagnola, la danza del tè, la danza del cioccolato e così via...).
Tra i giochi Clara trova uno schiaccianoci che attira subito la sua attenzione.
Nel cuore della notte i topi attaccano i giocattoli di Clara, e i giocattoli, capitanati dallo Schiaccianoci che nel frattempo si è animato (prima veniva impiegato un pupazzo, ora c'è un ballerino) combattono a loro volta contro i topi.
Clara sconfigge il Re dei Topi lanciandogli addosso una ciabatta.
I topi sono sconfitti e l'incantesimo si spezza. Lo Schiaccianoci diventa un principe e porta Clara nella Foresta Incantata, dove assistiamo a molte altre danze caratteristiche, tra cui la danza dei fiocchi di neve, che vedi nella foto a sinistra, e il famosissimo valzer dei fiori, fino al gran finale dove Clara e il Principe Schiaccianoci danzano insieme.
Alla fine di tutte le danze ci ritroviamo nel salotto che avevamo lasciato, dove Clara si sveglia: era stato solo un sogno (mentre nel racconto tutti accusano Marie di essersi sognata l'intera storia, ma alla fine si scopre che era tutto vero, anche le cose più strane).
Insomma, le differenze tra balletto e racconto sono tante. Però una cosa importante in comune ce l'hanno: entrambe sono storie natalizie dall'inizio alla fine!

SCHIACCIANOCI E IL RE DEI TOPI
Liberamente adattata da E.T.A. Hoffmann
LA VIGILIA DI NATALE
Quella sera in casa Stahlbaum le cose andavano in modo davvero strano.
Era la Vigilia di Natale, ma stranamente tutto era buio e silenzioso. Fritz e Marie, preoccupati, se ne stavano buoni buoni in una stanzetta che dava sul cortile perché Mamma e Papà avevano proibito loro assolutamente l'accesso al salotto e alla sala da pranzo.
Fritz aveva dieci anni e non ce la faceva proprio a stare fermo. Marie era sua sorella, aveva sette anni ed era molto più tranquilla. Ma anche a lei tutta quella calma non piaceva affatto. Per ingannare l'attesa Fritz e Marie cominciarono a chiacchierare dei regali di Natale.
In quel momento Mamma e Papà vennero a chiamarli. Era tutto pronto e i due potevano finalmente entrare nelle sale proibite.
Appena Fritz e Marie raggiunsero le stanze ogni preoccupazione e tristezza svanì. Ad attenderli c'era la più bella festa di Natale che si potesse immaginare. L'albero era altissimo, carico di mele d'oro e d'argento e di centinaia di luci. E ai suoi piedi c'erano talmente tanti regali... e poi c'era Drosselmeier, il loro padrino.
Drosselmeier faceva l'avvocato ma aveva anche un'abilità straordinaria nel riparare e costruire meravigliosi oggetti meccanici, ed era sempre lui a riparare il grande orologio a pendolo del salotto quando si rompeva. Con gli orologi Drosselmeier ci sapeva proprio fare, erano la sua passione. Ogni Natale portava a Fritz e Marie un regalo fantastico, per la cui costruzione aveva impiegato tutto l'anno. Certo, si trattava di regali fragili e delicati, con meccanismi complessi. Infatti di solito i bambini avevano il permesso di guardarli un po' e poi la Mamma, nel timore che potessero romperli, li metteva via riponendoli sullo scaffale più alto dell'armadio dei giocattoli in salotto. Questa volta Drosselmeier aveva portato un vero castello delle bambole con tanto di luci e personaggi dentro che si muovevano, danzavano, si affacciavano alle finestre e a guardarlo a lungo ti sembrava di poterci entrare (come capitò a Fritz). Ma più che guardarlo non si poteva fare, per cui alla fine Fritz e Marie si annoiarono di quel gioco bellissimo ma inutile e tornarono a occuparsi degli altri doni, quelli con cui si poteva giocare.
Tra tutti questi doni ce n'era uno che attirò subito l'attenzione di Marie. Era uno schiaccianoci di legno, modellato a forma di soldatino. Bastava infilare una noce tra i suoi denti, spingere il mantello che aveva sulla schiena (e che in realtà era una leva) e quello... CRAC!... spaccava la noce. Lo Schiaccanoci, poverino, era veramente bruttino, aveva un capoccione sbilenco, gli occhi sporgenti e una bocca che pareva un salvadanaio, ma aveva una faccia così simpatica e bonacciona che Marie decise che quello sarebbe stato il suo giocattolo del cuore e Papà glielo affidò volentieri. Ma quando Fritz decise di spaccare una noce ne scelse una veramente troppo grossa e dura per i dentini di legno del soldatino e il povero Schiaccianoci si ruppe.
Come ne fu triste Marie. Al punto da usare il suo fiocco per fasciare lo Schiaccianoci e ripararlo in qualche modo.
La festa era finita, ormai era quasi mezzanotte ma i bambini erano troppo emozionati per andare già a dormire. Così erano rimasti in salotto a riordinare i nuovi giocattoli nell'armadio. Fritz metteva i suoi soldatini sul secondo scaffale e Marie le sue bambole sul primo, quello più in basso. Lì lei aveva organizzato una deliziosa casetta delle bambole, ma questa volta nel morbido lettino non c'era una bambola, c'era il povero Schiaccianoci ferito.
La Mamma li chiamò ancora e Fritz se ne andò a letto. Marie rimase ancora un po' per fare le ultime raccomandazioni a Schiaccianoci.
La stanza era buia, ormai, anche l'albero di Natale era stato spento. In casa tutti dormivano tranne Marie. La bambina finalmente decise di andare a letto anche lei. In quel momento il grande orologio a pendolo del salotto cominciò a vibrare, come se stesse per battere le ore. Marie si voltò. Il gufo dorato che era in cima all'orologio si era mosso e aveva spalancato le ali per avvolgere il quadrante. Un istante dopo Marie si accorse che quello non era più il gufo ma il padrino Drosselmeier, che avvolgeva il suo mantello attorno all'orologio e batteva la mezzanotte con voce cupa. Allora dall'oscurità emersero mille lucette rosse, e si sentirono innumerevoli fruscii e squittii. Quelle lucette erano occhi. Occhi di topi.
Marie cercò di urlare ma era troppo spaventata. Arretrò fino all'armadio e lo urtò col gomito. Un rumore improvviso! Aveva spaccato una vetrina e si era ferita. Ma vide qualcosa di molto più spaventoso, che le gelò il sangue nelle vene e non le fece pensare più al dolore al braccio. Davanti a lei innumerevoli topi si erano disposti in file ordinate come soldati, e a capo di tutti c'era un enorme, orribile topo che aveva sette teste. E su ogni testa c'era una piccola corona d'oro.
Nello stesso istante alcune luci si accesero nell'armadio. Erano i giocattoli e i soldatini che si erano animati per combattere contro i topi.
Anche Schiaccianoci si era alzato in piedi, nonostante fosse ferito, per mettersi alla testa di quel minuscolo esercito. Klara, la bambola di Marie, lo supplicò di non combattere, ma lui non volle sentire ragioni. Schiaccianoci, il fiocco di Marie stretto sul cuore, si gettò a capofitto nella battaglia guidando i suoi impavidi giocattoli. E che battaglia fu quella!
Dappertutto in salotto si sentiva combattere, i topi erano davvero feroci, ma i soldatini e i giocattoli avevano altrettanto coraggio. Marie non sapeva che fare, voleva aiutare anche lei il suo amico Schiaccianoci.
Quando vide che l'orribile Re dei Topi stava per sopraffare Schiaccianoci non ebbe più dubbi. Si tolse una scarpa e la lanciò contro quelle sette testoline coronate. Non appena la scarpa giunse a segno tutti i topi, ma proprio tutti, anche il re, svanirono.
Marie però non se ne accorse, perché intanto il braccio aveva ripreso a farle male e lei era svenuta.
Quando Marie si svegliò era nel suo letto e il dottore la stava curando. La Mamma, accanto a lei, era molto preoccupata.
"Per fortuna", le disse, "ho visto la luce accesa in salotto. Sono passata a controllare e ti ho trovata in terra svenuta e insaguinata tra i vetri rotti e i giocattoli sparsi dappertutto. Sicuramente ti sei addormentata e sei crollata sulla vetrina dell'armadio rompendola. Ti rendi conto che potevi morire dissanguata?"
Marie cercò di spiegare la storia del Re dei Topi e della battaglia contro Schiaccianoci, ma nessuno volle crederle.
A causa delle ferite Marie si ammalò e le venne la febbre alta che la costrinse molti giorni a letto. Quando si addormentava le pareva di udire la voce di Schiaccianoci che la ringraziava.
Un giorno, quando Marie stava già guarendo, andò a trovarla il padrino Drosselmeier. Marie si arrabbiò molto con lui, perché la sera della battaglia non aveva preso le parti dello Schiaccianoci. Ma Drosselmeier disse che non aveva potuto. Poi le consegnò Schiaccianoci completamente riparato e cominciò a raccontare, a lei e a Fritz, la sua storia.

STORIA DELLA NOCE DURA
Quando nacque Perpilit era una principessina davvero deliziosa. Bella, rosea e paffuta, aveva già tutti i dentini (cosa stranissima per una neonata), che brillavano candidi in due file che parevano perle.
A corte tutti erano felicissimi per lei, solo la regina sua madre era molto preoccupata. Al punto da decidere che la principessa non dovesse mai rimanere da sola. Davanti alla porta dove dormiva la piccola c'erano sempre due alabardieri e accanto al lettino c'erano sempre due balie. La notte, poi, arrivavano altre sei balie a farle compagnia, e ogni balia doveva avere in braccio un gatto che doveva accarezzare continuamente in modo che questo facesse sempre le fusa.
Per capire il perché di tutto questo dobbiamo fare qualche passo indietro nel tempo.
Qualche mese prima la regina stava cucinando le salsicce col lardo che piacevano tanto al re, quando da sotto la stufa era uscita Topocchia, una topina che viveva lì insieme a sette figli e molti parenti. Topocchia aveva chiesto alla regina un pezzetto di lardo e lei glielo aveva concesso volentieri. Ma subito dopo erano arrivati anche i sette figli, molto maleducati, e tutti gli altri parenti, e alla fine di lardo non ce n'era più.
Il re andò su tutte le furie perché il suo piatto preferito era stato rovinato, così chiamò l'orologiaio di corte, che guarda caso si chiamava Christian Drosselmeier proprio come il padrino di Fritz e Marie, che costruì tante ingegnose trappole per topi.
I sette topi maleducati e tutti i parenti di Topocchia caddero in trappola e morirono. Topocchia, col cuore a pezzi, decise di andar via dal castello. Ma prima di partire giurò alla regina che avrebbe vendicato sulla principessina che stava per nascere la morte dei suoi sette figli. Per questo ora la regina era tanto preoccupata per la piccola Perpilit.
Ma una brutta notte le balie e i gatti si addormentarono. La Gran Balia, a capo delle altre, si svegliò all'improvviso con un senso di pericolo imminente. E non aveva tutti i torti, perché vide Topocchia nella culla di Perpilit che sembrava sul punto di mordere la principessa.
La Gran Balia strillò e Topocchia fuggì via, ma aveva fatto in tempo a colpire. Perpilit non era più una rosea e paffuta bambina, ma le era venuto un capoccione sbilenco, gli occhi sporgenti e una bocca che pareva un salvadanaio.
Il re si disperò, e siccome non gli passava per la testa che fosse colpa sua, che se solo non avesse fatto tante storie per uno stupido piatto di salsicce col lardo a quest'ora Perpilit starebbe bene, chiamò immediatamente Christian Drosselmeier e gli ordinò di guarire la principessa, altrimenti gli avrebbe fatto tagliare la testa.
Drosselmeier studiò a lungo la principessina senza scoprire nulla, ma dopo quattro settimane si accorse che a Perpilit piaceva molto schiacciare le noci con i denti per poi mangiare il gheriglio. Ebbe così un'idea.
"Bisogna trovare", disse, "la noce più dura del mondo, che non si spacca neppure a passarci su con un carro trainato da dodici buoi. Poi un giovanotto che non si sia mai rasato la barba e che non abbia mai calzato stivali dovrà spaccare la noce con i denti, dare il gheriglio da mangiare alla principessa e fare sette passi indietro ad occhi chiusi e senza inciampare. Così la principessa guarirà!"
Cose simili erano molto difficili da trovare e Drosselmeier era veramente preoccupato per il suo collo. Ma il re gli andò incontro: "Tu pensa a trovare la noce", gli disse, "che a trovare il giovanotto ci penso io!"
Così l'indomani Drosselmeier partì alla ricerca della noce più dura del mondo, mentre il re sguinzagliava i suoi messaggeri per cercare un giovanotto dai denti assai robusti.

IL SEGUITO DELLA STORIA DELLA NOCE DURA
Drosselmeier viaggò a lungo e dopo quindici anni aveva girato tutto il mondo cercando la noce durissima. Però non l'aveva trovata. L'unico posto in cui non aveva cercato era Norimberga, in Germania. Così decise di andare a vedere anche lì.
A Norimberga viveva suo cugino Christopher, che costruiva giocattoli. Visto che il destino a volte gioca strani scherzi, venne fuori che proprio Christopher aveva la noce più dura del mondo, tutta lucente e dorata. Un carro trainato da dodici buoi c'era passato su senza farle neanche un graffio! Non solo, il figlio di Christopher era un bel giovanotto, che non aveva ancora messo la barba per cui non si era ancora mai rasato, e che non aveva mai calzato stivali. In più il ragazzo, molto elegante, amava spaccare le noci con i denti per le ragazze che andavano a far spese nel negozio del padre, tanto che tutti lo chiamavano "Schiaccianoci".
Drosselmeier non ebbe dubbi: era lui il giovanotto che avrebbe infranto l'incantesimo di Topocchia. Gli costruì un marchingegno che avrebbe reso più potente il suo morso e lo portò immediatamente a corte.
Dopo tutti quegli anni Perpilit era diventata ancora più brutta, le era perfino spuntata la barba, ma erano molti i giovanotti che si erano offerti per spaccare la noce dura, allettati dal regno che la principessina si portava in dote, perché il re l'aveva promessa in sposa al giovanotto che fosse stato in grado di aiutarla. Però tutti si spaccarono i denti tentando di rompere la noce. Solo Schiaccianoci, tra lo stupore generale, ci riuscì. Non appena Perpilit mangiò il gheriglio divenne una fanciulla bellissima da non credersi e tutti si fermarono ad ammirarla, così nessuno fece più caso a Schiaccianoci che ancora stava facendo i suoi sette passi indietro.
Proprio all'ultimo passo Schiaccianoci sentì qualcosa di soffice sotto il piede, così per evitarlo fece un salto e inciampò. In quel momento diventò anche lui brutto, con la testa sbilenca, gli occhi sporgenti, la bocca a salvadanaio e la barbetta com'era stata Perpilit fino a un istante prima. Ma nessuno se ne accorse perchè stavano guardando tutti la principessa.
Quel che Schiaccianoci aveva pestato era Topocchia che, colpita a morte dal suo piede, lanciò un'ultima maledizione. Schiaccianoci non avrebbe avuto come punizione solo l'essere trasformato in creatura orribile, ma sarebbe stato anche perseguitato da suo figlio con sette teste, nato dopo la morte dei sette topi. Detto questo, Topocchia morì.
Perpilit, intanto, aveva espresso il desiderio di vedere il suo promesso sposo. Quando però si accorse che ormai era solo uno schiaccianoci lo rifiutò. Il re si arrabbiò così tanto con Drosselmeier, Christopher e Schiaccianoci per aver osato proporre un fidanzato simile alla principessa, che i tre furono costretti a fuggire.
"Povero Schiaccianoci!", commentò Marie commossa quando il padrino Drosselmeier ebbe finito di raccontare, "E che ingrata quella Perpilit!"
"Ma vedi", continuò il padrino, "non tutto è perduto. Schiaccianoci ha ancora una speranza di tornare normale e diventare principe. Dovrà solo sconfiggere il topo a sette teste e trovare una fanciulla che si innamori di lui!"
E detto questo se ne andò.

VITTORIA!
La malattia di Marie durò a lungo, ma dopo più di una settimana la bambina fu in grado di alzarsi dal letto.
Andò quindi a trovare Schiaccianoci nel suo armadio, e improvvisamente capì cosa aveva inteso Drosselmeier col suo racconto. Sì, doveva essere così, il padrino altri non era che l'orologiaio di corte, e Schiaccianoci, quello che ora stava di fronte a lei, doveva essere suo nipote, il figlio del cugino Christopher, mentre l'orrendo topo visto quella terribile sera era sicuramente il figlio di Topocchia.
Le sembrò allora di sentire Schiaccianoci farle coraggio e dichiararle il suo amore. In quel momento arrivò, a trovare i suoi genitori, proprio il padrino Drosselmeier.
"Perché", gli chiese Marie, "Quella sera non hai aiutato tuo nipote?"
"L'incantesimo mi ferma e io non posso aiutarlo!", rispose il padrino, "Ma tu sì!"
Papà pensò che anche Drosselmeier avesse cominciato a dare i numeri come Marie e gli tastò il polso per assicurarsi che non fosse malato. La Mamma invece aveva capito.
"So di cosa stai parlando", disse tristemente, "ma non riesco a spiegarlo, perciò preferisco tacere!"
Da quella notte la povera Marie cominciò a ricevere la visita del Re dei Topi. Questo la minacciava di fare a pezzi Schiaccianoci se lei non gli avesse consegnato tutti i suoi dolci e giocattoli. A Marie non restava che ubbidire, perché aveva paura che se avesse raccontato tutto a Mamma e Papà loro avrebbero detto che aveva solo sognato.
Ma un brutto giorno non ci furono più dolci o giocattoli da rosicchiare, e perfino Mamma si era accorta che in casa girava qualche strano topo che faceva a pezzi le cose di Marie. La bambina era disperata, perché senza giocattoli e dolci il Re dei Topi avrebbe finito col prendersela con Schiaccianoci.
Così corse da lui per vedere come stava, e Schiaccianoci improvvisamente divenne caldo, si mosse e le parlò.
"Ho bisogno", le chiese, "che tu mi porti una spada robusta! Così potrò sconfiggere il Re dei Topi!"
Ma dove trovare una spada? L'unica fu chiederla a Fritz, che riuscì a recuperarne una davvero magnifica, e proprio della taglia giusta. Marie la portò subito al suo Schiaccianoci.
Quella notte Marie non riuscì a dormire. Quando la pendola batté la mezzanotte le parve che il cuore le si fermasse in gola. Ma non sentì rumori strani.
Qualche istante dopo qualcuno bussò gentilmente alla porta della sua stanza. Era Schiaccianoci, che reggeva in una mano una candelina accesa dell'albero di Natale e nell'altra la spada, ora tutta insanguinata.
"Ho vinto!", disse trionfante, "Ora il Re dei Topi è sconfitto per sempre! E queste sono per te!", così dicendo Schiaccianoci consegnò a Marie le sette piccole corone d'oro che un tempo scintillavano sulle teste del Re dei Topi. La bambina mise le corone in uno scrigno sul comodino. Poi Schiaccianoci le porse la mano e continuò: "Sono venuto qui a ringraziarti e a invitarti nel mio regno! Vedrai cose così belle come non hai mai neppure sognato!"
Marie scese dal letto e seguì Schiaccianoci, fin dentro... l'armadio.

NEL REGNO DELLE BAMBOLE
Quando furono nell'armadio degli abiti Schiaccianoci scelse un vecchio cappotto di Papà e cominciò a tirare la cintura. Tirò e tirò, e d'un tratto lui e Marie non erano più a casa, ma in un magnifico e candido prato tutto scintillante e fatto di zucchero candito. Erano arrivati nel Regno delle Bambole.
Schiaccianoci volle condurre Marie alla capitale del regno, e mentre procedevano tutti gli abitanti festeggiavano Marie e volevano portarla in trionfo, perché sapevano che lei aveva salvato il principe Schiaccianoci.
Attraversarono un magnifico bosco di Alberi di Natale, dove ogni albero era decorato con frutti splendenti d'oro e d'argento che tintinnavano deliziosamente al vento. Poi c'erano bamboline di zucchero e di panpepato vive e bellissime che danzavano leggere, e fiumi di limonata, torrenti di latte e miele e bellissimi cigni che nuotavano in un laghetto.
La capitale del regno era dall'altra parte del lago e Marie e Schiaccianoci vi furono portati a bordo di una barca fatta di conchiglie tempestate di pietre preziose e trainata da due delfini.
Che gran festa ci fu! Piena di colori, e suoni, e cose buone da mangiare. Ma, proprio mentre riceveva i complimenti dai fratelli e dalle sorelle di Schiaccianoci, a Marie venne un gran sonno e le parve di addormentarsi.
Quando si svegliò era a casa sua, nel suo letto, ma ancora così emozionata per l'avventura appena vissuta, che corse a raccontarla a Mamma e Papà.
Che delusione, però. Loro continuavano a dire che Marie si era sognata tutto e che Schiaccianoci e il Regno delle Bambole non esistevano davvero. Però Marie non si perse d'animo e, per provare ai genitori di aver detto la verità, corse a prendere le sette corone del Re dei Topi. Quale stupore comparve sui visi di Mamma e Papà quando le videro. Perché senza ombra di dubbio quelle erano piccolissime corone, ed erano anche d'oro. Ma invece di credere subito alle parole di Marie si preoccuparono ancora di più e cominciarono a chiedere dove le avesse trovate. Forse le aveva rubate a qualche ospite? Marie stava per piangere quando arrivò il padrino Drosselmeier.
"Ma non ricordate?", disse lui a Mamma e Papà, "Queste coroncine erano mie, le portavo alla catena del mio orologio. Ma poi le ho regalate a Marie quando lei aveva due anni!"
Tutti tirarono un sospiro di sollievo, tranne Marie che non riusciva a convincere nessuno di aver conosciuto davvero Schiaccianoci. Anzi, Papà alla fine si arrabbiò talmente che le disse così: "Se non la pianti con queste storie su Schiaccianoci finisce che te lo butto!"
E Marie smise di parlare di Schiaccianoci. Tutti smisero di pensare a lui, perfino Fritz, l'unico che ci aveva creduto, smise di crederci. Ma non Marie, che passava sempre più tempo davanti alla vetrina dell'armadio dove se ne stava il suo Schiaccianoci.
Un giorno cominciò a parlargli: "Sai", gli disse, "io non ti trovo affatto brutto. E poi se sei diventato così è tutta colpa della principessa Perpilit. Com'è stata crudele a rifiutarti dopo che tu ti sei sacrificato per lei. Io al suo posto sarei felicissima di sposarti!"
In quel momento qualcuno bussò alla porta d'ingresso. Era il padrino Drosselmeier venuto di nuovo a riparare l'orologio. Entrò in salotto e salutò Marie, questa si voltò per salutarlo, sgranò gli occhi e svenne.
"Marie, cosa fai?", le disse la Mamma quando si riprese, "Ti sembra il caso di svenire davanti agli ospiti?"
Sì, perché Drosselmeier non era da solo. Era insieme a un delizioso ragazzino, di pochi anni più grande di Marie, molto elegante e dall'aspetto assai simpatico. Il ragazzino, disse Drosselmeier, era suo nipote, figlio di suo cugino Christopher che viveva a Norimberga e costruiva giocattoli.
I due vennero invitati a pranzo e il ragazzino riuscì subito simpatico a tutti, aveva portato tanti doni per Marie e Fritz e a fine pranzo si divertì a spaccare tante noci con i denti.
Poi chiese a Marie di mostrarle i suoi giocattoli. Quando rimasero soli il giovane Drosselmeier s'inginocchiò ai piedi di Marie. Sì, proprio così, lui era stato davvero il principe Schiaccianoci e Marie l'aveva davvero aiutato. Tutta l'avventura era successa davvero, e proprio nel momento in cui Marie aveva detto di volerlo sposare, aveva spezzato anche l'ultimo incantesimo e Schiaccianoci era tornato una persona in carne e ossa.
Commosso, il giovane Drosselmeier chiese di sposare Marie, e lei accettò con gioia. Ma visto che entrambi erano ancora bambini dovettero aspettare un bel po' di anni prima di poter realizzare il loro sogno.
Però quando poi si sposarono fecero una festa magnifica. Una carrozza d'oro tirata da cavalli d'argento venne a prendere Marie a casa, e re e regine, dame e cavalieri, marinai e pescatori, principi e principesse, sarti e contadini e migliaia di persone vennero invitati alla festa.
Marie e il giovane Drosselmeier andarono a vivere in un castello di marzapane e cominciarono a regnare felici su un paese meraviglioso. E sono ancora lì, perché il tempo delle fiabe non finisce mai!

4 commenti:

Anonimo ha detto...

mi è servito x fare le sintesi ke ci davano a scuola

IsaBella ha detto...

Prego, lieta di esserti stata utile. Purtroppo solo da poco ho scoperto che la versione che avevo letto io non era una traduzione fedele del racconto di Hoffmann, ma solo una versione assai rimaneggiata per il mercato italiano :-(

Anonimo ha detto...

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Anonimo ha detto...

Lungo tre anni luce