Cosa c'è di meglio a Natale di una bella fiaba?
Questa è una storia natalizia, perché parla di madri vergini. Ora io non voglio entrare in merito della questione, perché sarebbe una cosa lunga, ma quello della madre vergine è un mito antichissimo che compare innumerevoli volte in innumerevoli religioni. È anche un mito schifosamente maschilista, a mio modesto avviso.
È anche una fiaba che parla di ex. Quegli/quelle ex che non si rassegnano a essere tali e le tentano tutte pur di tornare col vecchio partner. Non c'è inghippo che non macchinerebbero, né azione che non metterebbero in atto. Neppure un'istigazione al suicidio, per dire.
E infine è una fiaba che parla di principesse che fanno tutto loro e di principi che si lasciano trascinare dagli eventi e non prendono l'iniziativa neanche a piangere.
Basta per una sola fiaba?
La figlia del Sole
C'erano una volta un Re e una Regina. Naturalmente, e come in tutte le fiabe, come prima cosa questi ebbero un bimbo. Anzi, una bimba. E siccome erano molto ansiosi, chiamarono un veggente che prevedesse il futuro della principessina. Questo veggente scrutò le stelle e consultò le carte, o viceversa, e decretò il verdetto: “La principessina crescerà bella e sana. Ma prima del compimento del suo diciottesimo anno il Dio Sole s'innamorerà di lei e le farà partorire un figlio.”
Ora, non è che tutti prendano bene l'idea di fare un figlio con una divinità. Gli esseri umani saranno limitati, ma perlomeno sono concreti, mentre gli dei se ne stanno lontano in cielo, non è neppure possibile sposarseli. Non si assumono responsabilità dopo il concepimento. Non ti pagano neppure gli alimenti! E una poi si ritrova da sola e con un figlio a carico. No, no, il Re e la Regina non apprezzarono per nulla questa profezia e decisero che quel concepimento non s'aveva da fare. Perciò fecero chiudere la principessina in una torre dalle finestre così alte e strette che il Sole non vi si poteva affacciare.
A badare alla principessa c'era una tata, che aveva una figlia della stessa età della regale infante. E le due ragazzine crebbero insieme e diventarono amiche per la pelle, praticamente sorelle.
Un giorno, sedici anni dopo, le due ragazze stavano facendo i compiti quando a un certo punto si stufarono e cominciarono a chiacchierare, e pensarono che sarebbe stato bello vedere questo famoso Sole di cui tutti parlavano ma che loro non avevano mai visto. Fosse stata da sola, la principessa forse non avrebbe osato tanto, ma in due si sa: ci si dà coraggio. Comunque le ragazze impilarono le sedie una sull'altra e si arrampicarono fino all'unica finestrella alta e stretta che dava luce alla stanza.
E non appena la principessa si affacciò il Dio Sole la vide e se ne innamorò. Le mandò un raggio di luce e così la mise incinta.
Capito com'è facile rimanere ingravidate nelle fiabe?
E che profilattico vuoi usare su un raggio di sole? Magari una crema solare ad alto fattore di protezione?
Comunque, lei rimase incinta come da profezia, e la tata si disperò perché temeva, e a ragione, che il Re e la Regina se la sarebbero presa con lei.
Perciò quando la principessa partorì una bella bambina, la balia la prese, l'avvolse in fasce preziose e la portò a sperdere in un campo di fave.
Cioè, un po' la voleva ammazzare un po' la voleva salvare.
Nelle fiabe fanno così. Non è che i bambini abbandonati li abbandonano dove possono salvarsi, no. Sempre in qualche campo, o in un bosco, o comunque in balia delle intemperie. Però li addobbano con vesti preziose, casomai dovesse trovarli qualcuno...
La principessa compì diciott'anni e a quel punto il Re e la Regina la fecero uscire dalla torre, convinti che la minaccia ormai fosse stata evitata. E non sapevano, e non seppero mai, che era già successo tutto.
La storia della nostra madre vergine (perché dai, venir baciata dal Sole come fai a chiamarlo sesso?), per quanto ci riguarda, finisce qui, perciò possiamo anche salutarla.
Torniamo alla principessina figlia del Dio Sole. Troviamole un nome, però. Io direi di chiamarla Stefania, visto che oggi è Santo Stefano.
Okay, la piccina venne trovata da un viandante, che vedendola vestita come una principessa trasse giustamente la conclusione che fosse una principessa, e perciò la portò dal suo Re e dalla sua Regina, che non erano quelli della mamma vergine, anzi, erano quelli di un regno moltomolto lontano di lì. Lo so, è incongruente, ma è necessario per togliere di scena i primi protagonisti della fiaba, dal momento che di loro non ci deve fregare più niente.
Il Re e la Regina si affezionarono subito alla piccina e l'adottarono, e la fecero crescere insieme al loro bimbo che aveva pochi anni più della pargola.
Così Stefania e Stefano (anche lui, poverino, ha bisogno d'un nome!) crebbero insieme e quando furono grandi s'innamorarono.
Il Re e la Regina questo non lo mandarono giù. Loro volevano bene a Stefy, ma non al punto da permetterle di sposare il loro unico figlioletto. Era pur sempre una trovatella di provenienza ignota, diamine!
Pertanto regalarono a Stefy una bella casa in campagna (le volevano bene, e mai l'avrebbero lasciata in mezzo alla strada), e poi cominciarono a tampinare Stefano affinché si decidesse a trovarsi una sposa. Lui amava Stefy, ma alla fine si lasciò convincere e si scelse una bella principessa da sposare.
Si stabilì la data delle nozze e vennero diramati gli inviti ad amici e parenti. E naturalmente la nostra Stefy faceva parte della cerchia dei familiari stretti, perciò un bel giorno alcuni messaggeri bussarono alla porta della bella casa di campagna della fanciulla. La porta si aprì e... i messaggeri lanciarono un urlo di terrore, perché Stefy aveva sì aperto loro la porta, ma era senza testa!
“Benvenuti”, disse Stefy, “Ma perché mi guardate così? Ho qualcosa di strano tra i denti... uh, accidenti, sono veramente sbadata”, disse così (perché “ma dove avrò mai lasciato la testa?”, sarebbe una battuta scontata, e non chiedetemi da dove uscisse la voce dal momento che la testa -e quindi la bocca- non c'era), “quando avete bussato mi stavo pettinando e ho dimenticato la testa di sopra. Aspettate un istante che vado a prenderla.”
Salì di sopra e poi tornò tutta intera, in modo che i messaggeri avessero tempo di placare i cuori palpitanti e darsi una pettinata, perché la visione della fanciulla decollata (ovvero decapitata, non libratasi in volo) gli aveva fatto rizzare i capelli in testa.
“E cosi Stefanuccio si sposa, eh?”, disse la ragazza, “Ma che bravo, ma che bravo!”, ed evidentemente stava pensando “Ma che stronzo, ma che stronzo!”, poi aggiunse: “E che cosa posso regalare ai due sposini? Ci sono. Seguitemi in cucina.”
In cucina c'era un grande forno, e Stefania preparò una torta.
“Legno, vai nel forno”, disse. E il legno andò nel forno. “Fuoco, accenditi.” Il fuoco si accese. “Torta, infornati e avvertimi quando sei cotta.” La torta s'infornò. Dopo un po' si sentì una vocina dal forno: “Padrona, padrona, sono pronta.”
Allora Stefania entrò nel forno, perché non era uno di quei forni stitici che abbiamo in casa adesso, ma uno di quelli enormi che avevano nel medioevo, uno che ci si poteva arrostire dentro un bue intero, volendo.
Stefy entrò nel forno acceso, camminò tra le fiamme, prese la teglia con la torta e la portò fuori, poi la consegnò ai messaggeri, affinché la consegnassero ai due sposini come dono di nozze.
Come dono di nozze era decisamente misero, ma non era certo far bella figura lo scopo della nostra eroina.
Non appena presero la torta in mano, i messaggeri se la diedero a gambe levate, in preda al panico, e giunsero ansanti a palazzo.
“Che avete da ansimare?”, domandò il principe Stefano.
E loro raccontarono tutte le cose strane che aveva fatto Stefania.
“Uh, che sarà mai?”, disse la sposina, che sapeva che Stefania era la ex innamorata del principe ed era gelosa di lei, “Io quando stavo al castello le torte le facevo sempre così.”
“Davvero?”, disse Stefano che era molto ingenuo o forse no, “E mi fai vedere come fai?”
“Sì, sì, magari un giorno...”
“No, no, adesso!”, insistette Stefano. De coccio, come si direbbe.
La sposina si sentì fregata, sicuramente, ma non poteva certo essere da meno dell'odiosa ex. E quale donna resisterebbe di fronte a una sfida simile? A costo di creparci, la sposa avrebbe dimostrato di saper fare tutto quel che sapeva fare “l'altra”.
Ordinò alla legna di entrare nel forno, ma la legna non se la filò di striscio. Ordinò al fuoco di accendersi, ma dovette far lei anche qui. Poi entrò nel forno acceso per prendere la torta, e naturalmente morì bruciata, com'era prevedibile.
Per puntiglio (e non per amore!) si fanno le idiozie più madornali.
Passò del tempo, e il Re e la Regina trovarono a principe Stefano un'altra sposa. Come prima, diramarono gli inviti e i due spaventati inviati andarono a portare il suo alla nostra bella e scaltra Stefy.
Stavolta la ragazza non aprì la porta, ma l'attraversò a mo' di fantasma.
“Scusate la stravaganza”, disse quella furbacchiona, “ma mi s'è guastata la serratura e s'apre soltanto da fuori.”
Aprì la porta da fuori e lasciò passare i poveretti, che erano terrorizzati già prima di arrivare, in verità.
“Cosa posso regalare ai due sposini? Uhmmm... ci sono! Padella, va' sul fuoco. Olio, va' nella padella e friggi.”
Poi Stefy infilò le dita nell'olio che friggeva, e le dita si trasformarono in dieci bellissimi pesci. Quando furono fritti Stefy li avvolse nella carta (perché le dita le erano ricresciute subito) e li consegnò ai due inviati, che schizzarono via.
“E che sarà mai?”, disse anche questa nuova sposina, che evidentemente non voleva lasciarsi intimorire né dalle arti della ex innamorata né dalla sorte della ex sposa defunta, “Anch'io friggo sempre i pesci così.”
“Ah sì?”, rispose il principe, “Fammi un po' vedere come fai!”
“Sì, sì, un giorno, prima o poi”, tentò di tergiversare la sposa.
“No, no. Adesso!”, insistette il principe. Vuoi vedere che faceva apposta?
Fatto sta che anche questa sposa ci cascò, e quando ficcò le dita nell'olio bollente naturalmente si ustionò e morì.
Passò dell'altro tempo, e il Re e la Regina, rifiutandosi di arrendersi all'evidenza, scovarono un'altra sposa, e mandarono i soliti inviti.
“Però”, dissero ai messaggeri incaricati di portarle l'invito, “qualunque cosa faccia Stefy, voi non dovete dire nulla alla nuova sposa. Ce le state ammazzando tutte, diamine!”
I poveracci andarono da Stefy e la trovarono che volteggiava su un filo di ragnatela teso tra la sua casa e il fienile. Poi, sempre non sapendo cosa regalare, si tagliò un orecchio col coltello, estrasse dalla propria scatolina cranica un meraviglioso merletto, e si riattaccò l'orecchio come nulla fosse stato.
E come facevano i poveri messaggeri a non raccontarlo? Lo raccontarono, e anche questa sposa sostenne di poterlo fare anche lei, perciò prese il coltello, si tagliò un orecchio e morì dissanguata.
Allora il principe Stefano andò in crisi, cominciò a pensare d'essere destinato per sempre al fai-da-te (se capite cosa intendo) e si ammalò gravemente.
I medici, naturalmente, non riuscirono ad aiutarlo. Nelle fiabe i medici non sanno mai curare nulla. Servono solo a fare spallucce e a dire “Boh?”
Perché nelle fiabe l'unico dottore capace è l'amore, no?
Alla fine arrivò una specie di maga che diceva di sapere cosa poteva curare il principe.
“Questo ragazzo deve mangiare una pappa d'avena, ma d'una avena speciale che sia stata seminata, sia cresciuta, sia stata raccolta e cucinata tutto in un'ora.”
Certo, valla a trovare un'avena così!
Ma chi arrivò a questo punto?
Sì, indovinato. Stefania sostenne di poterlo fare lei.
E in effetti ci riuscì.
E poi portò la pappa d'avena al principe, che giaceva agonizzante nel proprio letto, e qui lo imboccò.
“Puah! Che poltiglia immonda!”, disse il principe sputacchiandole in faccia la pappa.
“Cosa? Tu sputacchi in faccia a me?”, esclamò irritata Stefania, “A me che sono figlia del Dio Sole? A me che sono nipote di Re?”
“Tu sei figlia del Dio Sole?”, domandarono il Re e la Regina.
“Io? Sì”, rispose Stefy.
“Tu sei nipote di Re?”
“Io? Sì.”
“Ma allora non ci sono più problemi. Sei principessa e puoi sposare nostro figlio.”
Così il principe guarì e sposò la sua principessa che da quel momento non fece mai più cose strane.
Probabilmente qualcuno si chiese perché, dal momento che lo sapeva, Stefy non abbia detto subito di essere figlia di divinità e nipote di re, risparmiando così la vita alle tre sposine.
Perché non lo disse? Perché... nessuno gliel'aveva chiesto. Ovvio.
1 commento:
bellissima storia, la raccontava mia nonna, nelle sere d'estate al fresco in campagna o al mare , a tutti noi nipoti, nelle varie generazioni, ovviamente in dialetto. ricordi bellissimi
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