giovedì 31 marzo 2011

La parola di oggi è... FASHIONISTA

FASHIONISTA: la prima volta che ho sentito questa parola, francamente, ho pensato fosse un insulto.
M'immaginavo già lo scambio di epiteti:
“Bastardo!”
“Fashionista!”
“Ma come ti permetti?!?”
Il fatto che l'avessi vista riferita a una bambola (una fashion doll, per l'appunto) per bambine mi lasciava ancor più perplessa.
Ora però ho capito, più o meno, di cosa si tratta.
Il termine “fashionista” deriva, come è facilmente intuibile, da “fashion”, ovvero “moda”, più il suffisso spagnolo “ista”, preso dall'inglese “ist”, come presa in giro di tutti gli “ismi” di cui è pieno il linguaggio moderno.
La parola fashionista è (o perlomeno è nata come) un termine denigratorio, spregiativo. In inglese è sinonimo di “frivolo”, talvolta anche “superficiale”.
Un fashionista è un appassionato di moda. Anzi, quasi sempre un'appassionatA, perché in molti ricordano che la moda è prevalentemente donna. Nata soprattutto per loro (noi, ok!).
Ma non bisogna confondere la fashionista con la fashion victim. Sono due cose diverse. La seconda è una seguace compulsiva di tutto quanto fa tendenza. La prima spesso è un'esperta, quasi a livelli professionali. Di moda ne capisce, insomma, ne scrive, ne parla, magari ci lavora anche. O forse la detta perfino. Il problema è che spesso una crede di essere fashionista e invece è solo fashion victim.
Entrambe, inutile dirlo, sono l'esatto opposto di me.
Questo non vuol dire che io non possa innamorarmi di un vestito o di un paio di scarpe, occhio. Però magari capita che perda la testa per un capo che è assolutamente fuori moda (o, ancor più facile, che mi sta malissimo). Proprio perché io la moda non riesco a seguirla, mi muovo a istinto. E pensare che a quindici anni volevo diventare stilista!!! Che ridere!!! E sapete perché poi non ho più seguito questa carriera? Solo perché le scuole costavano troppo! Che fortuna: vi siete risparmiati un mucchio di guai e di proposte improponibili!
Tornando a bomba, 'sta cosa che la moda è donna mi irrita un pochetto.
“Perché?”, mi sono chiesta.
La risposta che mi sono data non m'è piaciuta per niente. Perché la donna, da secoli e millenni, è relegata all'apparire prima che all'essere. “Il primo dovere di una donna è essere gradevole all'occhio dell'uomo”, diceva pressappoco un personaggio di Lucy Maud Montgomery. Che cosa brutta! Che cosa triste! È come dire che la confezione del regalo nel nostro caso conta più del regalo stesso. Chessò, come regalare un pacco perfettamente addobbato e poi, visto che l'impegno lo si è messo tutto nella carta e nei fiocchetti, decidere che il pacco dono può anche essere riempito di sabbietta usata. Dai gatti. Non so se mi spiego... non è molto incoraggiante...


Nel disegno: un improbabile abito da sera che disegnai all'età di 15 anni!!!

sabato 26 marzo 2011

La parola di oggi è... SCHIUMAROLA

Schiumarola: s.f., l'etimologia è abbastanza ovvia. Si tratta di un attrezzo da cucina usato per schiumare, ovvero eliminare la schiuma che si forma affiorante sui liquidi in ebollizione, tipo brodi, marmellate, sciroppi, e che potrebbe intorbidire l'intero composto se lasciata lì. O anche per raccogliere e sgocciolare cibi da fritture o acqua di cottura (patatine, ravioli, gnocchi...). Hanno tutte il manico lungo e ce ne sono di tre tipi. Quello più diffuso (come nella foto) ha un elemento piatto, bucherellato e coi bordi un po' rialzati. Il secondo è una specie di cucchiaio forato, solo poco più grosso di un normale cucchiaio da tavola. Il terzo tipo è detto anche ragno ed è fatto da fili metallici disposti in cerchi concentrici. Quest'ultimo tipo è usato soprattutto per le fritture.

venerdì 25 marzo 2011

Elio e le Storie Tese - Discomusic

FeliNi e contenti

La convivenza tra umani è difficile, ma lo è anche fra gatti. Anzi, fra gatti spesso è ancor più difficile, perché si tratta di bestioline territoriali e abitudinarie, che difficilmente tollerano l'intrusione di felini nuovi e sconosciuti. A tal proposito, quando gli umani decidono di dare un compagno baffuto al proprio miagolante amico, i comportamentalisti suggeriscono una serie di regole da adottare affinché i mici possano vivere l'inizio della convivenza senza traumi.

Regola n°1: il nuovo gatto non dovrà essere presentato subito al residente, che potrebbe vederlo come un intruso. Agli inizi andrebbero tenuti in due zone della casa separate da porte costantemente chiuse. I mici potranno sentirsi ma non vedersi. Questo almeno per qualche giorno, fino a che ogni felino non si abitui alla presenza invisibile dell'altro senza innervosirsi. Naturalmente l'umano dovrà prodigarsi in cure per entrambi. Ogni micio dovrà avere cibo, acqua e lettiere propri.
Regola n° 2: bisognerà far sì che ogni micio associ la presenza dell'altro a qualcosa di positivo, per esempio il cibo. L'umano si premurerà di servire i pasti a orari regolari, collocandoli nelle vicinanze della porta divisoria. Dopo le prime diffidenze i gatti dovrebbero cominciare a mangiare tranquillamente, pur essendo consapevoli della reciproca presenza.
Regola n° 3: una volta che questa routine si è stabilita, si può cominciare a socchiudere la porta in modo che i gatti si vedano. Ma non arrivino a toccarsi. Alcuni consigliano anche di procurarsi un trasportino abbastanza grande in cui far mangiare il nuovo arrivato, lasciando mangiare il residente nella stessa stanza.
Regola n° 4: solamente quando entrambi i gatti appariranno abbastanza fiduciosi l'uno nei confronti dell'altro, l'umano potrà farli incontrare. Ma sempre in sua presenza, fino a che non è sicuro che la convivenza sia stabilita.
Regola n° 5: l'umano non dovrà fare favoritismi nei confronti del nuovo arrivato, neppure se questo è un cuccioletto tenero e irresistibile. Il residente dovrà aver diritto alle stesse attenzioni di prima, se non addirittura di più, e perfino a qualche premio speciale, tipo bocconcini della sua pietanza preferita. Specie se in presenza dell'altro. Se il residente vede che il nuovo arrivato viene accudito più di lui, avrà ogni motivo per sentirsi geloso e quindi poco disponibile a una pacifica convivenza.
Regola n° 6: l'umano farà di tutto affinché il nuovo arrivato non cerchi di spodestare il residente dai suoi posticini preferiti, fornendo eventualmente altri posti al nuovo ospite.

Oltre a questo ci sono anche altri consigli:
1)    Ogni gatto dovrebbe avere i suoi spazi sacri e inviolabili, oltre alla possibilità, qualora lo volesse, di isolarsi dagli altri.
2)    Dovrebbe esserci una lettiera (più una aggiuntiva per le emergenze) per ciascun gatto. O comunque almeno un paio di lettiere in caso di gatti multipli.
3)    Se i gatti sono sterilizzati la convivenza è senz'altro molto più semplice.
4)    Quando i gatti si azzuffano (lo fanno quasi tutti, perfino quelli che abitualmente vanno d'amore e d'accordo) non separarli a mani nude, usa piuttosto un guanciale. Nel senso del cuscino!!!
5)    Ogni gatto avrà la sua ciotola, e sarà bene se durante i pasti saranno piuttosto distanziate.
6)    Le ciotole del cibo non vanno tenute in vicinanza della lettiera.
7)    Anche le ciotole dell'acqua dovranno essere più d'una e, sistemate in punti diversi della casa, sempre rifornite d'acqua fresca.

Però quand'è arrivata Kara io non ho seguito queste regole. La piccina era uno scricciolino di pochi mesi, e gli altri due maschi adulti. Nonostante questo lei non ha fatto una piega e si è impossessata subito degli ambienti (e degli umani). Gli altri, non appena l'hanno vista, si son prodotti in scene di panico neanche si fossero trovati davanti un drago a tre teste e non un tenero batuffolino inoffensivo. Io li ho lasciati fare. Poi, la notte stessa dell'arrivo di Kara, è successa una cosa strana. La gattina è venuta a dormire sul letto, e gli altri due hanno fatto una singolare processione. Prima saltava su uno, l'annusava e se ne andava. Poi l'altro, che pure l'annusava e tornava giù. Sono andati avanti per tutta la notte. Il giorno dopo erano amici.

Nella foto, la piccola Kara all'età di due settimane.

giovedì 24 marzo 2011

Giovedì gnocchi

Giovedì gnocchi, dice il proverbio. E io l'ho rispettato. Ho fatto gli gnocchi. Con le mie manine sante, non presi belli e fatti dal John Frog. Ma, come canta Elio, tra il dire e il fare c'è di mezzo “e il”. Di suo farli è semplice. Complicato è coordinare il tutto. Ecco come si fanno gli gnocchi (per due persone), se siete scombinati quanto me.

Occorrente per gli gnocchi:
Un TOT di patate
Un TOT di farina
Un uovo (questo almeno è un dato certo)

Occorrente per la salsa:
Mezza cipolla
Olio qb
Sale qb
Passata di pomodori (circa 400 g.)
1 mozzarella
Parmigiano grattugiato qb
Basilico

Come procedere

Lavate le patate e mettetele a lessare (intere e con la buccia!) in una quantità sufficiente d'acqua leggermente salata. Da quando l'acqua comincia a bollire calcolate una mezz'oretta, quindi scolate le patate e passatele sotto abbondante acqua fredda. Ricordatevi che solo poche cose al mondo (la lava vulcanica, per esempio) sanno essere più roventi di una patata lessa.
Intanto affettate finemente la mezza cipolla e mettetela ad appassire dolcemente in una padella con dell'olio. Spero che voi ci riusciate. Io non ci riesco mai. Aggiungete la passata di pomodoro. Quindi il sale. Coprite con un coperchio e sperate di ricordarvi di spegnere il fuoco prima che il tutto bruci inesorabilmente.
Intanto le patate si saranno raffreddate. Bene, pelatele e tagliatele a tocchetti.
Poi passatele con uno schiacciapatate. Non  è tra gli ingredienti, ma dovrebbe essere lì da qualche parte... sì, dietro il passaverdure, in mezzo a quegli utensili che non sapete a che servono...
Fate sì che le patate schiacciate non serbino grumi.
Fatto?
Alle vostre patate schiacciate incorporate l'uovo e la farina. Che non sarà mai abbastanza. Ce l'avete la farina, vero? Ve ne occorrerà molta. Più di quanta pensiate. Impastate con le vostre manine sante finché non vi sembra che la pasta abbia assunto una consistenza elastica ma non appiccicosa (ovvero mai!).
Avevo dimenticato di dirvi che contemporaneamente dovevate mettere sul fuoco una pentola d'acqua salata (come quando fate la pasta, ma stavolta è un po' più complicato).
Ora che avete ottenuto la pasta per gli gnocchi, modellatela in tanti salamini. Come quelli che facevate da piccoli col didò (o col pongo per i più anziani). Usate una quantità abnorme di farina (ce l'avete, vero?) per evitare che l'impasto si appiccichi ovunque e tagliate i salamini in tanti piccoli pezzetti (vi conviene farne un po' per volta, sennò rischiate che tornino ad amalgamarsi in un unico composto).
A questo punto squillerà il telefono.
Tergiversate sostenendo di avere affari urgenti e proseguite. In seguito vi toccherà staccare la pasta degli gnocchi dal cellulare, ma questo è un altro discorso.
Non appena l'acqua bolle cominciate a buttarci dentro i vostri gnocchi, facendo somma attenzione a evitare gli schizzi. Non ci riuscirete e imprecherete in molteplici lingue, ma conservate comunque il sorriso: la gente deve continuare a credere che sia facile.
Man mano che gli gnocchi cotti salgono a galla (dovrebbero farlo), raccoglieteli con una schiumarola (quelle specie di cucchiaioni pieni di buchi) e deponeteli in una zuppiera.
Una volta lessati e deposti tutti gli gnocchi, versateci su la salsa al pomodoro.
Credete di aver finito?
Errore!
A questo punto aspettate qualche minuto, intanto fatevi un drink (ne avrete sicuramente bisogno) e lavatevi via la farina e la pasta di gnocchi dalle dita.
Pronti?
Prendete la vostra mozzarella e fatela a pezzetti.
Mescolatela con gli gnocchi.
Spolverate di parmigiano grattugiato.
Lavate del basilico e aggiungetelo al tutto tagliandolo a pezzetti con le mani (non con il coltello sennò lo spirito del basilico si offende).
Mescolate per bene.
Fatto?
Ecco ora potete versare il tutto in una pirofila e mettere in forno (che ovviamente avrete preriscaldato ai soliti 120 gradi) per 5 oppure 6 minuti. Il tempo di far fondere la mozzarella, insomma.
Prendete due robusti guanti da forno, sfornate il tutto, servite in tavola, e mentre voi sarete lì a riprendere le forze il vostro commensale potrà dirvi che avrete fatto degli gnocchi ottimi!

mercoledì 23 marzo 2011

Felici e contenti

L'amMmore è una cosa meravigliosa ma, come cantavano i Beatles, è qualcosa in più che “tenersi per mano”. Oltre agli slanci e agli entusiasmi, c'è anche lo scoglio di doversi sopportare reciprocamente. Scoglio su cui spesso ci si arena, specialmente quando l'amMmore si trasforma in convivenza. Insomma, bisogna pensare che non si è più da soli e che farsi esclusivamente gli affaracci propri tenendo il partner come puro svago non aiuta a mantenersi calmi e tranquilli. Né l'uno né l'altro. È brutto ma è così. Per esempio, se quando viviamo da soli possiamo tranquillamente girare per casa coperti di fango puzzolente e con le babbucce dei Simpson, sbriciolare crackers sul pavimento e intonare il coro dell'Aida a rutti, dovremmo pensare che se c'è un'altra persona che vive con noi forse a questa persona certe cose potrebbero non fare del tutto piacere. Riflettendo su questo spinoso argomento, io e il Bipede Maschio (lo chiamo così per differenziarlo dal Quadrupede Maschio, ovvero il gatto) abbiamo pensato dieci, semplici punti. Eccoli qua.

1)    Lavare i piatti/pulire il pavimento/fare il bucato eccetera non ha mai fatto cadere il pisello a nessuno.
2)    I peli della barba non sono velenosi... semmai schifosi quando si affollano nel lavabo. Come quelli delle ascelle, peraltro...
3)    L'acquetta della mozzarella in realtà non è acqua. È (o almeno dovrebbe essere) siero di latte, che quando sgocciola in terra diventa disgustosamente appiccicoso.
4)    Nessuno può essere sexy col tutone felposo e le ciabatte di peluche. Tanto meno con le mutande dall'elastico floscio, il pigiama cacca-di-piccione o i gambaletti color senape.
5)    Se è vero che chi rompe paga, dovrebbe essere anche vero che chi sporca pulisce. Se ognuno pulisse il proprio, forse tanta gente si snerverebbe di meno.
6)    Ognuno dovrebbe ricordarsi dove tiene le proprie mutande/calzini/occhiali e altri oggetti personali. Contare che se ne ricordi solo l'altro/a vuol dire perdere autonomia. E far perdere la pazienza!
7)    Ognuno dovrebbe conservare i propri spazi personali. Non è possibile condividere tutto e contemporaneamente mantenersi equilibrati.
8)    Facendosi il bagno/la doccia/lo shampoo, può capitare di allagare il bagno. La persona educata pulisce senza lamentarsi. Il cafone lascia le pozzanghere da asciugare al/la proprio/a partner.
9)    A chiunque può capitare ogni tanto, nel corso della giornata, di non pensare a niente. Se W se ne sta lì a non pensare a niente e X gli chiede ripetutamente a che sta pensando è facile che ben presto W possa cominciare a pensare. A cose molto spiacevoli a proposito di X!
10)    Sbeffeggiare gli interessi del proprio partner solo perché non li condividiamo è un colpo basso. Quando vi siete messi insieme lo sapevate che lei era un'adoratrice di gatti e che lui collezionava stuzzicadenti usati, quindi a che pro recriminarlo? O contavate di fargli/le cambiare idea? Questa è una pessima mossa.

Dieci cose che so...

Dieci cose che so fare e che non mi serviranno assolutamente a trovare un lavoro decente.

1)    Smontare e rimontare una batteria (intesa come strumento musicale).
2)    Farmi il nodo alla cravatta.
3)    Strigliare un cavallo (e anche sellarlo e mettergli morso e briglie).
4)    Citare a memoria i fumetti dei Peanuts.
5)    Fischiettare quasi tutte le canzoni dei Beatles.
6)    Pulire l'argento col dentifricio.
7)    Fare rane di carta con la tecnica dell'origami.
8)    Sbaciucchiare gatti.
9)    Spianare con le unghie la stagnola dei cioccolatini. Senza romperla.
10)    Recitare a memoria l'inizio di Alice nel Paese delle Meraviglie in inglese.

Dieci cose che non so...

Dieci cose che non so fare ma che ad altra gente riesce benissimo...

1)    Mettermi l'eyeliner.
2)    Camminare coi tacchi.
3)    Fare le divisioni a due cifre.
4)    Ricordarmi date  e ricorrenze.
5)    Guidare i carrelli del supermercato.
6)    Abbinare i colori.
7)    Tenere a mente dove metto gli occhiali.
8)    Appiccicare dritte le figurine nell'album.
9)    Stirare.
10)    Coltivare gerani.

lunedì 21 marzo 2011

Un amore immortale

TITOLO: Lei
AUTORE: Henry Rider Haggard
EDITORE: Il Gatto e la Luna
COPERTINA: Giustina Porcelli
FORMATO: ebook
PREZZO: 3 euro
DOVE: su WWW.IBS.IT


Una famiglia antichissima si tramanda da venti secoli un misterioso coccio sul quale l'antica principessa egizia Amenartas racconta ai suoi discendenti la sua storia d'amore col bellissimo Callicrate, interrotta tragicamente dall'incontro con una misteriosa regina dotata di straordinari poteri. Più di duemila anni dopo Leo Vincey, ultimo e affascinante discendente di quella famiglia, riceve il coccio e decide di partire per l'Africa a far chiarezza su quel mistero. Scoprirà un regno perduto, una regina bellissima e immortale e una storia d'amore che sfida il tempo e il destino. Ma Leo è davvero la reincarnazione dell'antico Callicrate? E l'inquietante e seducente regina Ayesha, che attende da duemila anni il suo ritorno nelle abbandonate catacombe di Kôr, è realmente la donna della sua vita? Una donna forte e potente, il mistero della vita, della morte e del tempo, e un amore più forte di tutto questo, in un libro che è un vero classico dell'avventura. 
Lei è uno dei romanzi d'avventura più famosi di tutti i tempi: dalla sua prima pubblicazione, nel 1886, ha venduto oltre 83 milioni di copie in 44 lingue. Il suo autore, Henry Rider Haggard, è fra i più famosi scrittori del genere, ed è anche l'ideatore di Allan Quatermain, avventuriero ed esploratore precursore di personaggi come Indiana Jones. 
Il romanzo è raccontato in prima persona da uno dei suoi protagonisti, Horace Holly, professore universitario e tutore legale di Leo, tanto brutto quanto Leo è bello, ma abbastanza intelligente e sensibile per comprendere ciò che a Leo, bello e innamorato, può sfuggire. Però indubbiamente il personaggio più forte è quello che dà nome al libro: Lei, Ayesha, Lei-cui-bisogna-ubbidire. Misteriosa regina di un regno abbandonato e di un popolo lugubre e inquietante, Ayesha conosce i segreti della natura e sembra aver sconfitto la morte. Bella e potente, affascinante e saggia, irresistibile e seducente, tremenda ma anche incredibilmente tenera nei suoi slanci d'amore, è l'incarnazione idealizzata della donna forte che ammalia ma anche spaventa (non per nulla viene anche citata nell'Interpretazione dei Sogni di Sigmund Freud). L'amore per il bel Callicrate è la molla che la spinge ad affrontare le potenze della natura e del tempo e superarle. E che coinvolge i personaggi del libro in un'avventura incredibile. Lei è il primo di una serie di quattro libri che vedono Ayesha protagonista. Gli altri tre sono Ayesha, Lei e Allan e Figlia della Saggezza. 
Haggard l'ha immaginata come "una donna immortale ispirata da un amore immortale". Ha una forza simbolica straordinariamente incisiva, perché rappresenta i desideri ma anche le paure degli uomini (specialmente d'epoca vittoriana... ma anche quelli d'oggi!) nei confronti delle donne. Ayesha è angelo e demone, è ostentatamente sexy, una vamp, una femme fatale capace di sedurre e far innamorare, ma il suo potere, la sua forza, ben lontane dall'ideale della donna fragile e bisognosa di protezione di tanti romanzi e racconti, la rendono in un certo senso inquietante e anche molto moderna. È una donna splendida, autonoma e colta. Nessun uomo può resistere alla sua bellezza, ma soprattutto al suo intelletto e alla forza della sua volontà. Un sogno, ma anche un incubo per molti. 
Secondo molti studi Ayesha incarna le paure e i desideri dell'uomo di fine Ottocento nei confronti delle donne istruite e forti dei primi movimenti femministi. Paure e desideri antichissimi e tuttora attuali, in realtà. 
Però, per quanto strano possa sembrare, per idearla Haggard si è ispirato a... una bambola. Una bambola di pezza che da piccolo terrorizzava lui e i suoi fratellini e che la sua tata usava per minacciarlo e costringerlo a ubbidire. 
Lei ha influenzato molto anche autori quali Rudyard Kipling, Henry Miller, Graham Greene e J.R.R. Tolkien, e ha avuto un forte impatto sulla narrativa fantasy in generale. Nel 1965 ne è stato tratto un film che vedeva la bellissima Ursula Andress nei panni della misteriosa Ayesha.

La parola di oggi è... MULTITASKING

Multitasking è una parola mutuata al mondo dell'informatica. Indica un sistema operativo in grado di svolgere più (multi) compiti (task) contemporaneamente.
Per traslato, indica anche quelle persone particolarmente versatili e organizzate che riescono a fare più cose allo stesso tempo.
Il luogo comune vuole che le donne in particolare siano versate in quest'arte.
Per esempio, che sappiano cambiare il pannolino al pupo, preparare lo stufato, truccarsi a allo stesso tempo anche dirigere una videoconferenza, già che ci sono.
Ci sono poi persone monotasking... come me (il luogo comune vuole che questa sia una prerogativa esclusivamente maschile, si vede che io sono l'eccezione che conferma la regola). Ovvero quelli che riescono a fare una sola cosa per volta.
Il mio massimo di multitasking è masticare un chewing gum mentre mi allaccio le scarpe.
Con un po' di allenamento sono sicura che potrò riuscire a fare queste due cose e contemporaneamente anche respirare...

domenica 20 marzo 2011

Pollice verde?

Quanto invidio le persone col pollice verde. Quelle che riescono a far prosperare fiori e piante. Io non ci riesco, con me le piante fanno tutte una brutta fine. Ho il pollice nero, non sono capace di seguirle. Certe volte si suicidano addirittura. Sul serio! L'anno scorso un tagete mi si è buttato giù dal balcone, pur di non stare con me. Insomma, ho il pollice nero. Però non mi arrendo all'evidenza: cerco sempre, nonostante la mia palese incapacità, di avere un bel balconcino fiorito. La primavera (che comincia domani) è pericolosa per me, in questo senso. Perché mi mette in testa che si debba, con quel bel sole, darsi al giardinaggio. Tutte le primavere spendo un mucchio di soldi e di fatica per rinverdire il mio balcone. Puntualmente in inverno mi ritrovo con una collezione di piante morte. Quest'anno, però, ho avuto quattro sopravvissute. Non so come abbiano fatto, ma ieri mi sono resa conto che fra lo sconquasso che ho sul balcone quattro piante sono, nonostante tutto, ancora vive. Eccole qua, in foto: il timo, la salvia, la mentuccia e la pianta grassa (non so di che tipo) sono riuscite a resistere. Saranno loro il punto di partenza per la fioritura di quest'anno?

venerdì 18 marzo 2011

Quel cerchio alla testa...

“Che farebbero le donne se il mal di testa non fosse mai stato inventato? È il malanno più conveniente del mondo. Può venire all'improvviso e andarsene al momento opportuno. E nessuno può dimostrare che non ce l'abbiamo davvero.”
Così scriveva Lucy Maud Montgomery in Marigold, un romanzo del 1929. Un romanzo per bambine!
Si vede che una volta le bambine erano più sveglie che ai miei tempi.
Da che mondo è mondo l'emicrania è la scusa più usata dalle donne che non hanno voglia di lanciarsi in focosi amplessi col loro partner. “Scusa, ma ho un cerchio alla testa che non ti dico...”
Qualche volta è vero e qualche volta no.
Solo che adesso c'è una novità. A quanto pare ora sono gli uomini quelli che più spesso “non ne hanno voglia”, come dicono le riviste e i forum specializzati. E invocano la famosa emicrania. E anche qui qualche volta è vero e qualche volta no.
Solo che in questi casi noi fanciulle, più o meno in fiore, tendiamo a farci prendere dal panico:
“Non mi ama più!”
“Non gli piaccio abbastanza!!”
“Ha un'altra!!!”
“S'è accorto che porto la 46 e non la 42 come gli avevo detto!!!!”
“Sono uno schifo di donna, sono da buttare, la vita è indegna di essere vissuta!!!!!”
Invece magari il poverino ha davvero solo mal di testa.
O anche no.
Però sono quasi certa che nella maggioranza dei casi se il mal di testa ce l'abbiamo noi, lui tutte queste paranoie non se le fa. Penserà soltanto “Si vede che non ne ha voglia...”, e magari dopo i puntini di sospensione ci aggiunge un accidente, che io non riporto perché sono una persona educata.
Comunque siccome l'argomento m'incuriosiva, sono andata a spulciare in rete e ho scoperto le motivazioni principali per cui lui può dirci di no.
1)    Ha l'emicrania (vera o millantata)
2)    Ha altri disturbi (mal di stomaco, mal di pancia, broncopolmonite...)
3)    È stanco/ha sonno.
4)    È preoccupato per il lavoro/per altro.
5)    L'indomani deve svegliarsi presto.
6)    Soffre di ansie da prestazione (in questo caso dirà di avere l'emicrania).
7)    Non ne ha voglia punto e basta. Non è che uno solo perché è maschio debba averne sempre voglia, dopotutto.

La cosa potrebbe essere una sciocchezza passeggera o avere motivazioni più serie, io scrivo un blog leggero e di questo non posso occuparmi (però vi ricordo che in questi casi esiste una cosa che si chiama Scienza Medica che può far tanto).
Mi limito a suggerire qualche scusa più fantasiosa da tirar fuori all'occorrenza.

1)    La mia squadra del cuore ha perso e sono troppo depresso (questa potrebbe perfino essere vera).
2)    Mi piacerebbe tanto ma purtroppo ho un dubbio esistenziale che mi tormenta e vorrei prima risolverlo (lei penserà che siete persone molto profonde).
3)    Stasera no, devo assolutamente terminare un poema che sto componendo prima che mi passi l'ispirazione (idem come sopra).
4)    Mi hanno detto che con questa congiuntura astrale può essere pericoloso per te e non voglio farti rischiare (questo funziona solo se lei crede all'oroscopo, ma va preparata un minimo perché potrebbe smascherarvi).
5)    Stasera sei troppo bella... temo di non reggere al tuo fulgore (si vede che è una scusa, ma almeno le avrete fatto un complimento).
6)    Eh, no, cara mia: ora tocca a me mandarti in bianco, così impari (se siete tipi vendicativi).
7)    Sai, è che... più ti guardo e più me ne passa la voglia (la offenderete a morte, ma non dovrete ammettere che in realtà temete di non essere all'altezza della situazione).
8)    Ieri ho incontrato gli alieni e mi hanno detto che stasera non devo fare sesso, altrimenti mi rapiscono (se non è una fan del genere penserà che siete impazziti o che la stiate prendendo per i fondelli).
9)    Stanotte ho sognato che morivamo mentre facevamo l'amore e sono rimasto impressionato. Per un po' non me la sento, scusa (se lei è scaramantica dovrebbe bersela).
10)    Non ce la faccio: devo ancora digerire la cena di tua madre (risolverete così due problemi: eviterete il temuto incontro e le farete sapere che vostra suocera cucina da schifo).
11)    Eh, ma ci provi sempre tu? Non mi lasci un minimo di iniziativa? E poi ti lamenti anche che non mi faccio mai avanti! Che roba, che roba! (per questa scusa bisogna allenarsi un po' con l'espressione spazientita, magari davanti allo specchio in stile Actor's Studio... ma c'è sempre la possibilità che lei reagisca anche peggio lanciandovi contro oggetti contundenti... io lo farei)
12)    Tesoro, scusami, ma stasera proprio non me la sento. Magari domani?... se è la verità, potrebbe essere la risposta migliore.

New Romantic

Io non sono romantica. Lo so che a guardarmi si direbbe il contrario, ma non lo sono. Mi dispiace doverlo ammettere, ma è così, e non posso farci nulla. Il mio attuale compagno (e gli altri prima di lui) ogni tanto me lo rimprovera. Ma non lo sono lo stesso. Posso essere poetica, certe volte, ma non romantica. Non nel senso tradizionale del termine, perlomeno. Forse nel senso della corrente artistica, ma questo è un altro discorso.
Un esempio? I film d'amore mi annoiano a morte.
Quando ho visto Titanic durante la scena della morte di Di Caprio a me veniva da ridere, mentre le altre attorno a me spandevano fiumi di lacrime.
Davanti a un bel tramonto mi soffermo, sì, ad ammirare incantata il meraviglioso gioco dei colori. Ma quello per senso estetico, non per altro.
Se il mio lui mi sussurra paroline dolci io non riesco a fare a meno di stroncarlo con una battutina scema. Specialmente se quel che dice me ne fornisce l'occasione.
Ma ci sono altri classici del romanticismo che a me riesce impossibile applicare alla vita vera. Per esempio...

  1. Lui che mi sveglia con un bacio. No, impensabile. Quando mi sveglio io sono generalmente un orco intrattabile, uno zombie che non sa neanche da che parte ha la testa e dove stanno i piedi. Le prime volte ci aveva provato, ma visto che io reagivo a sberle ha cambiato idea. E poi di prima mattina non è che il mio alito sappia esattamente di rose (neanche il suo, a dire il vero), preferisco non ricevere baci prima di un incontro con spazzolino e dentifricio.
  2. Lui che mi porta la colazione a letto. No, per prima cosa solo io so quanto ristretto dev'essere il mio primo caffè e quanto zucchero e quanto latte ci voglio in quel momento (la cosa è variabile). E poi la mia prima colazione dev'essere una cosa rapida, altrimenti comincio a irritarmi.
  3. Dormire abbracciati. Vedo che nei film e nei libri c'è gente che lo fa. Io quando dormo mi agito come una trottola e non sopporto di avere nulla di troppo vicino. Certe volte scaccio perfino i gatti! Una volta (sempre agli inizi) lui ci aveva anche provato. Dopo il primo calcio, involontario, nelle balle ha capito che era meglio soprassedere.
  4. Lui che mi apre la portiera dell'auto. No, grazie, sono capacissima di farlo da sola. Se proprio vuoi renderti utile, piuttosto, aiutami a trasportare quei venti chili di sabbietta per gatti!
  5. Ricevere in regalo mazzi di fiori. I fiori mi piacciono, soprattutto da fotografare. Ma non da tenere in casa. Muoiono subito e diventano uno spettacolo assai triste. E poi davanti a un mazzo di fiori non riesco a non pensare a quanto cibo per gatti (o altro di più utile) ci sarebbe stato dentro. Però non è che una può chiedere in regalo un mazzo di scatolette al tonno...
  6. Cenetta a lume di candela. Ok se la cosa avviene fuori, ma a casa mia è impensabile. Tra i gatti e la carta (ne ho parecchia) la cenetta si concluderebbe in un rogo.
  7. Fare l'amore al buio. Non se ne parla: il buio mi mette ansia. La luce per me deve rimanere rigorosamente accesa!
  8. Ricevere in regalo un anello. Il discorso qui si fa lungo e magari approfondirò un'altra volta, ma una cosa è certa: con me sarebbero soldi buttati! Meglio un accessorio per il computer.
  9. Sussurrarmi frasi zuccherose. Non funziona. I complimenti li accetto, ma devono avere un senso logico. Se qualcuno mi dice che sono dolce la prendo quasi come un'offesa personale. Una volta diedi picche a un tipo solo perché si era azzardato a dirmi una cosa del genere.
  10. Farsi le coccole E BASTA. Ma non scherziamo nemmeno. Questo è giocare sporco. È come aprire un regalo e scoprire che la scatola è vuota. Le coccole E BASTA le faccio ai gatti E BASTA!

ScarRrpe da brividi...

Che non amo la moda l'ho già detto nel presentarmi. Che in particolare detesto le scarpe, pure. Questo però non m'impedisce di scherzarci su. Quando passo davanti a una vetrina o mi guardo intorno spesso vedo modelli di calzature che, a mio avviso, gridano vendetta e mi spingono a pensare che gli stilisti siano fondamentalmente dei sadici.
Ispirandomi a quel che ho visto, ho creato una fantasia di scarpe che mi affretto a pubblicare prima che qualche stilista le realizzi per davvero.
Scarpa senza tacco: per donne molto equilibrate
Scarpa su palafitte: per donne primitive
Sandalo in pelliccia: per le temperature variabili
Scarpa porta-biscotti: per le più golose
Scarpa col tacco a molla: per le donne coi superpoteri (ovvero tutte!)
Scarpa con sola punta: la risposta alla scarpa spuntata
Ginnica col tacco a spillo: per le più indecise
Scarpa col tacco a rocchetto: per le patite del cucito
Scarpa col tacco in punta: per chi non vuole rinunciare al tacco a spillo... ma non sa proprio camminarci!
Scarpa senza suola: per chi ama il contatto con la natura

giovedì 17 marzo 2011

Il primo bacio...

Il primo bacio non si scorda mai. Giusto? Lo dicono tutti, qualcosa di vero dovrà pur esserci.
Io però il mio l'ho dimenticato lo stesso, si vede che non era poi un gran che.
Ricordo però il panico che ha preceduto quel fatidico (si fa per dire) momento.
Leggevo come una disperata Cioè e simili riviste per trovare conforto e consiglio. Parlavo freneticamente con le amiche più esperte (non ci vuol molto a essere più esperti di me), ma la paura rimaneva.
Se solo avessi saputo da subito che mi ero preoccupata tanto per niente... ma forse mi sarei persa il meglio.

PRIMO BACIO? NO PROBLEM...

Sarà senz'altro un'esperienza entusiasmante...
...più o meno...
L'importante è non farsi prendere dal panico!
Per prima cosa cerca di curare l'alito (nei limiti del possibile)
Non tenere la bocca troppo aperta...
...ma neanche troppo chiusa!
Attenzione ai denti e alla saliva in eccesso...
...e anche agli intrecci linguistici!
Rilassati e vedrai che andrà tutto bene!
PS: ricordati di RESPIRARE!

150 anni...


lunedì 14 marzo 2011

L'ailurofilia non è una malattia...


Gli ailurofili, ovvero gli amanti dei gatti, ogni tanto si lasciano trascinare dalla passione per i loro piccoli felini. A me qualche volta capita di pensare che...

  1. I gatti non hanno zampe: hanno manine e piedini.
  2. I gatti non sanno di gatto: sono soavemente profumati di talco e cipria.
  3. I gatti non ti leccano in faccia: ti danno i bacini.
  4. I graffi su mobili, poltrone e divani non sono orrende deturpazioni: sono espressioni artistiche concettuali.
  5. Il gatto che ti affetta la mano a graffi non è un vandalo: stava solo giocando.
  6. Le vibrisse cadute e trovate in giro non si buttano: si attaccano nel diario o nell'apposito portabaffi.
  7. Il gatto è il vero padrone di casa.
  8. Il gatto che ti sveglia nel cuore della notte perché vuole le coccole non è un bastardo: ha bisogno di affetto.
  9. Quando gli umani decidono di usare il letto (per dormire o per fare altro) chiedono prima il permesso al gatto.
  10. Il gatto capisce che stai per aprire una scatoletta ancor prima che tu possa PENSARE di farlo.

Gatti e paranoie


I proprietari di gatti possono in apparenza sembrare persone normali come tutte le altre. Ma certe volte basta osservarle nel loro ambiente domestico per verificare che non sempre è così. Molto spesso un umano che vive con gatti tende a sviluppare tutta una serie di comportamenti che a chi non ha gatti paiono ridicoli, se non addirittura vagamente paranoici. Ovviamente io non faccio eccezione. Ecco i miei tic principali quando sono in casa. Magari voi riuscite a suggerirmene altri?

  1. Porta d'ingresso. A meno di non vivere in campagna, o avere un giardino chiuso e protetto, la porta d'ingresso non va mai lasciata aperta per un tempo superiore a quello necessario per sgusciare rapidamente in casa, o per uscirne. Un padrone di gatti è sempre rapidissimo nel varcare la soglia, e subito dopo se la richiude alle spalle prima che qualche felino troppo curioso possa sgattaiolare fuori senza permesso. I miei mici non lo fanno praticamente mai, a onor del vero. Solo una volta Trottolino ha azzardato il grande passo verso l'ignoto, ma poi s'è bloccato sullo zerbino, terrorizzato dal vasto mondo rappresentato dal pianerottolo, e s'è fatto riportare docilmente dentro. Ciononostante la paranoia mi rimane. E non mi limito a quando sono io a dover entrare o uscire. Lo faccio anche con gli ospiti. Gli metto sempre fretta quando entrano e gli richiudo immediatamente la porta alle spalle appena se ne vanno, a momenti mentre stanno ancora salutando, non come mia mamma o mia sorella, che aspettano prima che si siano allontanati lungo le scale o in ascensore. È maleducato, lo so, ma è più forte di me. Preferisco passare per maleducata che rischiare di perdermi un gatto!
  2. Finestre e porte di balconi. Se non sono messe in protezione con apposite reti e zanzariere, non esiste di lasciarle aperte. Neppure nella più torrida delle estati. Io vado sempre in ansia quando sono in casa d'altri e vedo che la gente lascia allegramente spalancate le finestre. Continuo a immaginarmi un felino curioso che balza sul davanzale, casca giù e poi si schianta al suolo.
  3. Sacchetti della spesa. Ho il terrore che i miei gatti possano strozzarsi coi manici. Perciò cerco sempre di non lasciarli mai in giro.
  4. Svegliarsi di notte... per andare in bagno, o in cucina a bere. Da cosa si riconosce un padrone di gatti in questi frangenti? Da come cammina, strusciando i piedi per terra onde evitare di pestare un felino distratto. Oppure accende la luce (come faccio io). Questo perché nonostante i millenni di convivenza, il gatto non ha ancora imparato che gli umani al buio non ci vedono, e quindi quando li vede arrivare non si sposta. MAI! Si aspetta sempre, povero ingenuo, che sia l'umano a scansarlo.
  5. Divani, poltrone, letti... prima di buttarsi seduto o lungo disteso, un umano controlla sempre che sotto coperte e copridivani non ci sia un gatto che rischia di finire spiaccicato dal fondoschiena del padrone. Sembra stupido, ma questa è una delle principali fonti di incidenti domestici coi gatti.
  6. Soprammobili fragili. Sono sempre fuori dalla portata degli artigli dei quadrupedi curiosi. Molto in alto o in vetrinette chiuse... se pure si decide di tenere tali soprammobili. Ritrovarseli tutti in frantumi può non essere bello. Stesso discorso per oggetti piccoli tipo bottoni, spilli, puntine da disegno, elastici... una volta un veterinario mi ha fatto vedere la sua collezione di oggettini estratti dallo stomaco di gatti troppo curiosi. C'erano perfino pezzetti di spugnette per i piatti e sorpresine degli ovetti di cioccolata!!!
  7. Cibo. Mai lasciare cibo incustodito in giro. La tavola va apparecchiata all'ultimo istante prima dei pasti, e sparecchiata subito dopo, praticamente mentre si sta ancora masticando l'ultimo boccone. Questo per evitare furti con destrezza. I miei gatti arrivano a fregarmi anche il pane, mica solo le bistecche! C'è di buono, coi miei, che quando ci sono ospiti tendono a nascondersi e a non farsi vedere per tutta la durata dell'incontro, per cui non corro il rischio di fare (almeno) questo tipo di brutte figure.
  8. WC, forno, lavatrice... e altre cose dotate di coperchio. Un umano con gatti tende a tenere SEMPRE abbassata la tavoletta del WC, perfino se è un uomo! L'abitudine la insegnano proprio i gatti, facendo leva sulla nostra sensibilità. Si dice che i gatti detestino l'acqua. Ma questo è vero solo quando è l'umano a volerli lavare, spesso invece se si tratta di acqua che è meglio non toccare i gatti sembrano ansiosi di darsi al nuoto sincronizzato con le cose più immonde. Tipo allenarsi ai tuffi nel water! Stesso discorso vale per la lavatrice e il forno, che vanno caricati con estrema cautela, per evitare di ritrovarsi col micio affogato o arrostito. Insomma, cose un po' così...

domenica 13 marzo 2011

Qui pro quo...

SCENA: Casa. Una qualunque domenica mattina.

LUI (dall'altra stanza): Amore?
IO (al computer): Sììì?
LUI (con fare zuccheroso): Ma sì, sei tu il mio tesoro!
IO: Mmm?
LUI (sempre più melenso): Vieni qui! Fatti riempire di baci!
IO: Eccomi!

Lo raggiungo.
Lui mi guarda con una certa perplessità.

LUI: Isa... che c'è?
IO: Non mi ha chiamato?
LUI: ???
IO: Ma sì... amore, tesoro...
LUI (illuminandosi): Ah, già... ma ce l'avevo con KARA!

Nella foto Kara, la mia più pericolosa rivale in amore. Ma è taaaanto bella. Sob! :-)

Bimba tra i fiori

Questa sono io all'età di due anni e poco più che cerco di acchiappare una rosa alla sprovvista. Perché da piccola ero convinta che dentro i fiori ci vivessero le fate e che beccarle fosse solo questione di rapidità. Credevo veramente a un mucchio di fandonie, eh? Sì, ok, a due anni e poco più è anche ammesso. Il problema è che la cosa si è protratta per molti, moltissimi anni a seguire... forse non è ancora finita, neppure adesso.

Oh, cavallina...

Il primo cavallo con cui ho cominciato a imparare l'equitazione, a undici anni. Si chiamava Miranda ed era bianca. Ce l'avevo io il cavallo bianco, non il Principe Azzurro :-P

Franco Battiato - bandiera bianca

giovedì 10 marzo 2011

Il Principe Azzurro


Ancora in argomento Principe Azzurro, per il quale ho creato il sondaggio precedente (cliccare su sondaggio per accedere al sondaggio). Un po' per lavoro e un po' per curiosità personale. Visto che tra amiche in questo periodo più che in altri è un argomento che sembra spuntare come le primule a marzo, m'interessa sapere cosa ne pensano anche le altre. Nei limiti del possibile, visto che io sono solo una povera scrittrice creativa (vieni avanti, creativa!) e non una grande impresa specializzata in sondaggi. Io naturalmente ho la mia opinione in proposito. Secondo me il Principe Azzurro delle fiabe è soltanto una figura simbolica che va a rappresentare quell'elemento che aiuta il protagonista a risolvere i suoi guai. E perciò non è detto che sia un baldo giovane, potrebbe non essere neppure un umano, potrebbe trattarsi di un libro, di un animale, di un oggetto qualunque, di un hobby o uno sport, potremmo perfino essere noi stessi che ci risvegliamo e risolviamo i nostri problemi con le nostre sole forze. Nonostante ciò ho buttato giù qualche frase in argomento. Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate voi. Grazie!!!

  1. Principi Azzurri non si nasce: si diventa.
  2. Nessuno è Principe Azzurro in sé: lo diventa solo quando incontra la sua Principessa Azzurra.
  3. Lo stesso uomo che per una è un Principe Azzurro per un altra può essere un rospo bitorzoluto, e viceversa.
  4. Il concetto di Principe Azzurro è soggettivo: varia da principessa a principessa.
  5. Il Principe Azzurro non deve necessariamente amare l'azzurro. Qualunque colore va bene, l'importante è come lo si porta.
  6. Non si può essere un Principe Azzurro per tutti: per qualcuno sarai sempre e soltanto un rospo bitorzoluto. Meglio farsene una ragione.
  7. Un Principe Azzurro ideale non dà alla Principessa quello che lei vuole, ma quello di cui ha bisogno. Spesso le due cose non coincidono.
  8. Il Principe Azzurro è un concetto astratto.
  9. Il Principe Azzurro non è necessariamente un uomo. Non è detto neppure che sia un essere umano, potrebbe tranquillamente trattarsi di un animale, di un oggetto, di un'idea, perfino di un lavoro.
  10. Il Principe Azzurro è quella cosa che ti dà l'input decisivo a cacciarti fuori dai guai.
  11. Ognuno può essere Principe Azzurro di se stesso. E non mi riferisco all'autoerotismo.
  12. Un Principe Azzurro che non sbaglia mai è come un'incudine in testa: pesante.
  13. Un Principe Azzurro che non ha difetti non fa altro che esaltare i nostri. Da evitare!
  14. Con un po' d'impegno chiunque può diventare Principe Azzurro. Quasi chiunque, via.
  15. Anche il Principe Azzurro può sognare d'incontrare la Principessa Azzurra. La principazzurrità è un fattore reciproco.
  16. Non basta avere fisico da urlo e un sorriso affascinante (e neppure un ricco conto in banca) per trasformarsi da rospi bitorzoluti a Principi Azzurri.
  17. Si è Principi Azzurri dentro, nel cuore e nell'anima, prima che fuori.
  18. Si può essere Principi Azzurri pur conservando la forma di rospi bitorzoluti. Se la Principessa è davvero tale noterà la differenza.
  19. Il Principe Azzurro non teme di ammettere i propri difetti, i propri errori, i propri limiti e neppure i propri sentimenti. Anche se può trovare la cosa parecchio seccante.
  20. Un Principe Azzurro che non si arrabbia mai o non è un vero Principe Azzurro o non ha capito niente. O entrambe le cose.
  21. La principazzurrità va dosata come il sale nella minestra. Non ce ne vogliono quintali, ma la giusta misura. Aggiungere principazzurrità q.b.

Sondaggio nàmber uàn...



Partecipa al Sondaggio!

Il Principe Azzurro: un mito che da tempo affligge tante fanciulle più o meno in fiore. Quale di queste frasi, secondo voi, è la più vera? (PS: rispondete e fate girare, per favore: mi occorre per lavoro, non per sport!!!)
Risultati

Parliamo di Principe Azzurro. Questo gran dilemma. Che è come l'araba fenice: che ci sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa. Ma cos'è questa figura mitologica?

I miti e le leggende sono fenomeni affascinanti. Servono a spiegare tante cose ma anche a concedere giusti momenti di sollievo alle nostre menti affaticate dal tran tran quotidiano.
Ma c'è un mito che affligge noi donne, un mito in grado, se appena appena gliene concediamo l'occasione, di combinare molti disastri: quello del Principe Azzurro. Ce lo raccontano da che siamo piccole. Alcune ci cascano con tutte le scarpe e ci credono con tanta, ferma fiducia da permettere che tale mito sconquassi tutta la loro esistenza. Altre se ne lasciano sfiorare appena, certe ancora lo rinnegano con fermezza, tranne poi sperarci sotto sotto.
L'inganno parte, come ho già detto, quando siamo piccole, e secondo me è tutta colpa dei cartoni animati che ci propinano.
Prendiamo per esempio la Bella Addormentata, quello che amavo di più da bambina. Il suo principe, Filippo, è praticamente perfetto: bello, spiritoso, intelligente, coraggioso, innamorato, premuroso, bravo nello sport e nella danza. E scommetto che ha anche tanti altri pregi di cui nel cartone animato, per evidenti motivi, non si parla. Probabilmente non gli si cariano mai i denti e il suo alito dev'essere sempre deliziosamente profumato di menta piperita anche appena sveglio, quando di solito noi persone normali sembriamo aver appena ingerito un topo defunto da diversi giorni; non rutta mai in faccia a nessuno; non si gratta il sedere, né in pubblico né in privato; non è prepotente e dice sempre “per favore” e “grazie”; non grugnisce mai ma si esprime sempre con proprietà di linguaggio; non russa; difende sempre Aurora, anche nei casi in cui lei ha palesemente torto; non litiga per il parcheggio, ma questo forse solo perché sostare un cavallo nel medioevo dev'essere più semplice che trovare posto con la macchina in città nel XXI° secolo; non pretende che Aurora gli stiri i mantelli, gli cucini lo stufato o gli spolveri le armature; non ha mai defaillance a letto ed è un amante focoso, tenero e instancabile; se Aurora gli dice di avere mal di testa lui le crede e non pensa che sia una scusa; non indossa mai calzini bucati, mutande smollate o tute unte di sugo, ma sempre e solo capi puliti e ordinati portati con estrema eleganza; non tradirebbe mai e poi mai la sua principessa, neppure se venisse circondato da una torma di fotomodelle nude e vogliose; non fa mai commenti volgari sulle tette di Biancaneve o sul culo di Cenerentola, soprattutto quando è insieme ad Aurora; non gli puzzano mai i piedi né le ascelle né altro: non gli puzza niente, ma emana un vago sentore di muschio e tabacco che basterebbe da solo a procurare ad Aurora orgasmi multipli; non dimentica mai di abbassare la tavoletta del WC né di tirare lo sciacquone -ma poi ci andava, Filippo, al gabinetto? Forse non faceva neppure la cacca, o se la faceva era profumata anche quella di menta piperita-; non scorda mai una ricorrenza o un anniversario -a differenza di me, tra l'altro: le uniche ricorrenze che ricordo io sono Natale e capodanno, nella migliore delle ipotesi-; è sempre gentile e premuroso, anche quando Aurora gli trita a sangue gli zebedei coi suoi canti e i suoi balletti, gli riempie il castello di gufi e scoiattoli e gli impedisce di andare alle corse dei cavalli con gli amici; in compenso sopporta le visite di quelle stordite delle fatine buone senza sbadigliare e senza mai lamentarsi, ma sempre col sorriso sulle labbra. E potrei continuare questa lista all'infinito ma mi fermo qui. Insomma, Filippo è perfetto, non gli manca nulla. Ha un solo piccolo, minuscolo, insignificante difetto: non esiste!
Sì, perché prima o poi tutte noi dobbiamo venire a patti con l'amara realtà: il Principe Azzurro non esiste. E non lo troveremmo neanche se rimanessimo chiuse nella torre incantata per mille anni o baciassimo popolazioni intere di ranocchi. C'è chi non si arrende all'evidenza e continua ad aspettarlo, peregrinando fino allo sfinimento da uno stagno all'altro, tessendo ettari di tela fatata e srotolando chilometri di trecce giù da metaforici balconi. C'è chi se ne fa una ragione e decide di godersi la vita per quella che è, ed è la cosa obiettivamente più sensata.
Sì, perché diciamolo: è una fortuna che il Principe Azzurro non esista. Sarebbe una noia mortale, e gli esseri umani veri, con tutti i loro pregi e difetti, sono di gran lunga più interessanti. Anche se ogni tanto hanno l'alito pesante.
Comunque ecco il sondaggino. Come detto anche lì, mi serve per lavoro e non per sport. Quindi se fate anche girare mi fate un grosso, enorme favore!

Stivali dei miei stivali... la vendetta!



Prima ho parlato troppo presto, non avevo ancora visto questi deliziosi modellini. I secondi, soprattutto, mi lasciano interdetta. Trattasi di pantastivale, ovvero (se ho capito bene). Pantaloni e stivali tutto in uno. E se una deve andare al bagno come fa?

Stivaletti dei miei stivali!

Io lo so che con le scarpe ho il dente avvelenato. Mi stanno scomode e con tutta la buona volontà non riesco a farmele piacere quasi mai. Sono una fan del piede nudo. Per me i piedi sono bellissimi e le scarpe sono solo una mortificazione, una sorta di strumento di tortura medievale inventato dall'inquisizione per imbruttire e mortificare le nostre preziose estremità. O, nella migliore delle ipotesi, un compromesso utile a proteggerci dal freddo, dal caldo e da altri incidenti (tipo pestare puntine da disegno e cacche di cane abbandonate in strada). Forse per questo non capisco la passione per le scarpe. Tutti mi dicono che io, essendo una donna, dovrei adorare le scarpe. E invece non è così, appena posso ne faccio a meno. Ora, per esempio, non ne indosso. E quando devo metterle è una seccatura. Ma ci sono scarpe che mi lasciano perplessa più di altre. Per esempio, queste qui: gli stivaletti spuntati. Non nel senso di “sbucati” o “sbocciati”, sono proprio senza punta. Quest'anno si vedono poco, ma l'anno scorso li si trovava dappertutto. Non li capisco. Se sono stivali, mi dico, dovrebbero proteggere dal freddo, ma se sono senza punta come i sandali questo presupposto viene meno. E sono oggettivamente bruttissimi!!! Perché?, mi chiedo perplessa, perché? Voi sapete dirmelo?

Gulp!

Senza parole!
Ma a voi queste piacciono davvero?
Se sì, mi spiegate perché? Io non capisco...

Dieci cose che...

Dieci cose che mi seccano quando vado a fare la spesa al supermercato:


1) Quelli che passeggiano pigramente tra le corsie come fossero turisti sul lungomare, bloccando il passaggio e impedendoti di proseguire.
2) Quelli che fanno capannello e chiacchierano amabilmente proprio davanti allo scaffale da dove vuoi servirti tu.
3) Quelli che stanno dietro di te e cominciano a mettere la propria spesa sul nastro trasportatore prima che tu abbia avuto il tempo di sistemare la tua.
4) Gli uomini che fanno la spesa, quando hanno il vezzo di non infilare neanche un prodotto nell'apposita busta se prima la cassiera non ha passato tutti i pezzi e loro non hanno pagato, ricevuto il resto e rimesso in tasca il portafoglio. Solo allora, con molta calma, cominciano a riporre la spesa. E se ci sono due uomini in fila davanti a te sai già che al momento in cui verrà il tuo turno la cassiera non saprà più dove mettere le tue cose, perché entrambe le corsie saranno occupate da due clienti che stanno meticolosamente, scientificamente -in modo da equilibrare i pesi tra le buste- e lentamente, sistemando la loro spesa.
5) Quelli che tentennano tra una cassa e l'altra e impediscono anche a te di sceglierne una (e intanto altri più pronti vi passano davanti).
6) Quelli che alla cassa ti chiedono di passare davanti perché hanno pochi prodotti, pure quando tu ne hai meno di loro.
7) Quelli (quelle) che quando mettono via la spesa occupano entrambe le corsie, una con la spesa e una con la borsa. E tu devi cercare di acchiappare al volo i tuoi acquisti prima che si mescolino con quelli del cliente precedente.
8) Quelli che lasciano immondizie varie nei carrelli e nei cestini invece di buttarle negli appositi contenitori.
9) Quelli davanti a te che prendono posto in fila alle casse prima di aver terminato gli acquisti, poi se ne vanno a cercare le cose mancanti e quando arriva il loro turno non ci sono e a te tocca aspettare che tornino.
10) Quelli coi bambini che ti fregano le cose dal carrello e non gli dicono niente.