mercoledì 31 ottobre 2012

Incantesimi per Halloween

Se pensate che Halloween* sia una festa americana importata, estranea alla nostra cultura, sbagliate di grosso. Perché è un rito nato in Europa e vecchio di secoli. Anzi, di millenni. Anzi, sono gli statunitensi che l'hanno importata, non noi.
Certo, oramai è molto commercializzata.
Ma quale festa non lo è?
Anzi, cosa non è commerciale nella nostra vita quotidiana?
Detto questo, eccovi un assaggio da un vecchio libro:
L'incantesimo del pane secco
I sogni fatti nella notte di Halloween sono molto importanti, ma certe cerimonie vanno eseguite con cura per assicurarsi il successo dell'incantesimo. Prima di andare a dormire chiedete a qualcuno di portarvi un pezzetto di pane secco. Dopo averlo ricevuto non dovrete più parlare, il silenzio deve prevalere su tutto. Mangiate lentamente il pane esprimendo un desiderio e pensando alle cose più piacevoli che vi vengano in mente. Poi andate a dormire, i vostri sogni saranno lieti e tranquilli e il vostro desiderio si realizzerà, se l'incantesimo ha funzionato**.”
Tratto da “Giochi da fare ad Halloween” di Mary F. Blain, New York, 1912

*Il termine Halloween significa, né più né meno, “Vigilia di Ognissanti”. Se vi va di saperne qualcosa di più sulle tradizioni italiane per questa festività (ma anche sui diritti umani, già che ci siamo) vi consiglio caldamente questo libro: Il gatto dagli occhi d'oro, di Silvana De Mari. È un romanzo per ragazzi che ha parecchio da raccontare anche agli adulti.
** Mi sto chiedendo se possa funzionare anche con i marron glacé, oltre che col pane secco. Stasera provo e poi vi faccio sapere...

martedì 30 ottobre 2012

Scrittori da rispolverare

Mia mamma dice che finché seguirò i miei gusti resterò povera per sempre. E forse ha ragione, visto che mi trovo spesso a leggere libri che nessun altro legge, scritti da autori di cui nessuno si ricorda. È il caso di Kindness to animals, or the sin of cruelty (gentilezza verso gli animali, o del peccato della crudeltà) di Charlotte Elizabeth Tonna. Non a caso sono l'unica ad averlo in libreria su tutta Anobii.
Eppure Charlotte Elizabeth, come preferiva firmarsi, non è una scrittrice da sottovalutare, perché oltre a essere molto prolifica, fu anche grazie all'influenza che i suoi libri ebbero sulla pubblica opinione che vennero promulgate, in Inghilterra, certe leggi a favore della classe operaia, per i diritti delle donne e contro il lavoro minorile.
Charlotte Elizabeth, nata Browne, vede la luce nel 1790 in Inghilterra e muore nel 1846, all'età di 55 anni. Si sposò molto giovane con un certo Capitano Phelan, col quale visse tra l'Irlanda e il Canada, ma non fu un matrimonio felice. Nel 1837 il Capitano morì, e nel 1841 lei risposò Lewis Hippolytus Joseph Tonna, autore di diversi pamphlet di carattere religioso. Anche Charlotte Elizabeth, pur essendo fortemente anti-cattolica (infatti pare che molte sue opere siano finite nell'indice dei libri proibiti), ha un'impronta fortemente religiosa.
Di fatto, questo libretto è inteso proprio come testo per le scuole domenicali, e in sostanza è un libro “di catechismo” che vuole insegnare ai bambini a rispettare gli animali. Per questo, e per la sua evidente vetustà, è praticamente impossibile giudicarlo con criteri moderni.
Il senso del testo è che anche gli animali sono creature di Dio, e farle soffrire è un peccato grave. Il succo è che chi maltratta gli animali, per crudeltà o, peggio ancora, per sbadataggine, va all'inferno. Charlotte Elizabeth non è una scienziata (e si vede perché, per esempio, è convinta che il morso dei cani sia velenoso) e non è neppure un'animalista ante litteram. È solo una donna che ama gli animali e non sopporta vederli soffrire. Anche quando è necessario abbatterli, sostiene, bisogna farlo nel modo più rapido e indolore possibile.
Il libretto è infarcito di frasi del tipo “brucerete all'inferno per l'eternità”, “il Signore vi punirà per questo”, citazioni bibliche eccetera eccetera. Del resto è un testo di catechismo, ed è normale che si parli di religione. Alle esortazioni religiose, però, sono mescolate esperienze personali e ricordi privati. Charlotte Elizabeth ha sempre avuto animali (cani, gatti, ma anche mucche, cavalli, pecore, una simpaticissima gallinella e perfino un orsacchiotto) e ritiene di avere una certa esperienza per poterne parlare. E per poter dire che maltrattarli è un crimine. Addestrare un cane picchiandolo o farlo vivere legato a una catena, portar via i piccoli a mamma-gatta, frustare un cavallo, privare un uccellino della libertà solo per il piacere di sentirlo cantare, sovraccaricare un asinello, strappare le ali a una farfalla, prendere a sassate una pecora e così via, sono peccati gravi, che denotano grettezza e codardia, perché rivolte verso creature innocenti che spesso non possono difendersi. E “non ci sarà misericordia per chi non ha avuto misericordia”.
Charlotte Elizabeth è anche importante per i suoi romanzi che mescolano fantasia e realtà, e si ispirano alla neonata civiltà industriale dell'epoca. Con tali romanzi lei si poneva l'intento non di intrattenere, ma di far riflettere la gente sui problemi concreti dell'epoca e di diffondere le sue idee politiche, tra questi spicca sicuramente "The wrongs of woman" (i torti delle donne), romanzo del 1844 che vuole essere una continuazione ideale dell'omonimo (e incompiuto) romanzo i mary Wollstonecraft (1798), e che espone il concetto di quel che è stato definito “femminismo domestico”.
Questa è una cosa interessante, perché come sappiamo nell'Ottocento la divisione tra uomini e donne era molto netta. Agli uomini spettava la sfera pubblica e alle donne quella domestica. Insomma, gli uomini al lavoro e le donne stavano a casa... ma questo se erano ricche. Quelle povere (e non solo loro, anche i loro bambini) dovevano sgobbare nelle nascenti fabbriche, perfino in miniera, a loro toccava sfiancarsi con lavori pesantissimi, altro che “stare a casa”. Questa forma di femminismo chiedeva che anche le donne (e i bambini) di umili condizioni avessero gli stessi diritti di quelle abbienti e potessero scegliere di rimanere a casa.
Forse è il caso di rispolverare i vecchi autori, certe volte...

La perversione del giorno è... il vino novello

Il vino novello è un vino che viene imbottigliato a due mesi dalla vendemmia (quindi adesso) e va consumato entro la primavera successiva. Cosa che non è un problema, come potrebbe sembrare, perché il vino novello alla primavera successiva non arriva mai. Io già a dicembre non lo trovo più, figuriamoci in primavera...
Però se andate adesso al supermercato di vini novelli ne trovate, eccome se ne trovate.
Il vino novello più pregiato e noto è il francese Beaujolais Nouveau.
Ma ce ne sono anche di italiani. Parecchi.
Il vino novello è una delle caratteristiche dell'autunno, direi anzi una di quelle cose che fanno dell'autunno una stagione degna di essere vissuta. Gli splendidi colori delle foglie morte, le castagne e il vino novello: ecco le cose più belle dell'autunno.
Il vino novello è un vino giovane, ma pieno di carattere. Un vino che sarebbe potuto diventare qualcosa di grande, se non fosse che ce lo siamo bevuto prima.
Il vino novello sembra leggero-leggero e va giù come acqua fresca, ma è un'illusione. Solo un'illusione. La gradazione di 11,5° non va presa sottogamba...
Secondo antiche tradizioni rurali, quando si assapora il primo sorso del primo bicchiere di vino novello dell'anno bisogna esprimere un desiderio.
Il vino novello s'abbina benissimo a piatti come la polenta, lo sformato di funghi, il bollito e altre cose autunnali. Con l'impepata di cozze, per esempio, non è al suo meglio...

Proverbi dedicati al vino novello:
Il novello che avanza non si mette in frigo.
Non dir novello se non l'hai nel carrello.
Novello, novellino, tu sì che sei un buon vino.
L'autunno non è bello se non c'è il vino novello.

La parola del giorno è... leit motif

Leit motif s.m.inv. (o anche Leitmotiv) è un termine musicale che deriva dal tedesco leiten, ovvero guidare, dirigere, e motif, ovvero motivo. Significa quindi “motivo conduttore”. In sostanza è un tema melodico ricorrente che viene impiegato, in particolar modo nelle opere di Wagner, per caratterizzare situazioni, personaggi, avvenimenti. Per traslato, indica certi concetti o fatti che si ripetono con costanza.
Quale sarà quindi il mio leit motif quest'oggi? Arrivare in ritardo a tutti gli appuntamenti, temo...

lunedì 29 ottobre 2012

Una Gibson Girl per Anna Shirley

Charles Dana Gibson (1867-1944) fu un illustratore statunitense. Per oltre trent'anni i suoi disegni e le sue creazioni allietarono i lettori americani da giornali e riviste, ma ciò per cui è ancora ricordato è la creazione della Gibson Girl, ovvero la ragazza Gibson. Ovvero, l'ideale di bellezza femminile da lui elaborato, un'icona estremamente popolare durante la Belle Époque. Gibson lavorò per le più celebri riviste americane dalla fine dell'Ottocento ai primi anni del Novecento e migliaia di donne facevano di tutto per assomigliare alle sue pin up alla moda. La ragazza Gibson era una creatura sexy, irresistibile, per lei gli uomini facevano follie, era alta e snella, con seno, fondoschiena e cosce prosperosi e sensuali, la vita era sottile grazie all'uso di stretti bustini, il collo esile e delicato, i capelli lunghissimi ma raccolti in alto con imponenti chignon e pompadour (cotonati), ed era raffinata, calma, elegante, sicura di sé, indipendente. Pare che sia stato il primo esempio ideale di bellezza femminile realmente americano. Molte modelle contribuirono a ispirare questo mito tra cui la stessa moglie di Gibson, Irene Langhorne, ed Evelyn Nesbit (famosa per essere stata coinvolta nell'omicidio del suo ex amante da parte del marito, nel 1906), ma la più celebre fu senza dubbio l'attrice Camille Clifford, con la sua tipica figura a clessidra e l'acconciatura torreggiante.
È una Gibson Girl quella che apparirà sulla copertina del quinto libro di Anna dai Capelli Rossi, La casa dei sogni. Direi che Miss Shirley, anzi, Mrs Blythe, sia decisamente una fanciulla bella, forte e indipendente, no?

Vampiri e lettori

I vampiri di Twilight, intendo. Cioè Bella Swan ed Edward Cullen. O meglio, parlo della loro autrice, Stephenie Meyer.
Perché di recente la Meyer ha rivelato l'elenco dei suoi libri preferiti. E sapete qual è uno dei suoi libri preferiti? Ebbene sì, è Anna dai Capelli Rossi, di Lucy Maud Montgomery.
E ciò mi riempie di giubilo e contentezza perché spero che questo mi faccia tanta pubblicità, che tutti i fans italiani di Twilight siano ansiosi di leggere questa meravigliosa serie permettendomi così di guadagnarmi da vivere in modo decente.
Per celebrare questo lieto evento, vi presento in anteprima la copertina del prossimo libro (il quinto, per l'esattezza), attualmente in lavorazione.
Per quelli precedenti date un'ochiata qui oppure qui, e qui.
Miao!

Informarsi fa bene

Ieri al supermercato ho assistito a questa scenetta.
C'era una signora che aveva fatto la spesa ma si lamentava con il commesso perché non aveva trovato il marsala. Questo marsala le serviva assolutamente, lei aveva perso almeno venti minuti a cercalo ma niente. Possibile che un supermercato tanto fornito non avesse il marsala? E lei dove altro poteva andarlo a cercare, di domenica per giunta?
Il commesso era in effetti perplesso: anche a lui sembrava strano che non ci fosse il marsala. Perciò chiamò qualcuno che andasse a controllare. E in effetti il marsala c'era. Tanto, anche.
Allora come mai la signora non l'aveva trovato?
La signora non l'aveva trovato perché lei pensava che il marsala fosse un liquore*, e l'aveva cercato nel reparto dei liquori.
Invece il marsala è un vino liquoroso**, ed era nel reparto dei vini, che è dall'altra parte del supermercato rispetto a quello di liquori.
Lei non si era informata e aveva perso tempo.
Visto che informarsi è sempre utile, anche a non perdere tempo al supermercato?

* liquore: per liquore s'intende una bevanda alcolica ottenuta con metodi diversi quali la fermentazione e la distillazione. Sono miscele a base di alcol, zucchero, acqua e aromi vari.
** vino liquoroso: in Italia con questo termine s'intende qualunque vino con una gradazione compresa tra i 15° e i 22°. Il marsala è attorno ai 17°.

domenica 28 ottobre 2012

Che ne pensi di me?

Tanto tempo fa, in un paese lontano lontano, io avevo un'amica strana. Strana per me, beninteso. Ve ne ho già parlato, si tratta di S, quella che voleva sistemarsi a tutti i costi.
Oltre a quello di sistemarsi, lei aveva un altro chiodo fisso: era ossessionata dall'opinione altrui. Tutta la sua vita era scandita dalla stessa domanda: “Che cosa ne penseranno gli altri?”
Se mi vesto così, cosa penserà la gente? E se dico queste cose? E se mi muovo così invece che cosà? La cosa assumeva sfumature patologiche, perché lei arrivava a vivere non in base ai propri gusti, ai propri desideri, ma in base a supposte preferenze altrui. Cioè, in base a quel che lei pensava gli altri potessero approvare.
Mi è venuta in mente la mia amica proprio la settimana scorsa.
La settimana scorsa, infrangendo il mio grande tabù sullo sport, ho cominciato ad andare in piscina. Non c'ero mai stata prima e non sapevo un mucchio di regole. Così, una volta negli spogliatoi, ho giustamente chiesto informazioni alle altre bagnanti.
La mia mente malata ha cominciato a immaginarsi una conversazione con S, anche se ormai l'ho persa di vista da anni.
Ecco com'era, pressapoco:
S: Ma che fai, chiedi informazioni?

Io: Certo. Altrimenti come faccio a sapere cosa fare?
S: Ma sei matta? Cosa penseranno adesso quelle di te?
Io: Boh? Penseranno che è la prima volta che vengo in piscina?
S: Appunto.
Io: E che male c'è? È davvero la prima volta che vengo in piscina.
S: Sì, ma non devi farlo capire. È da sfigati.
Io: E perché mai?
S: Perché sì. Essere alle prime armi è da sfigati.
Io: Hai mai provato a farti vedere da uno bravo?
S: No, è da sfigati.

Questa conversazione era immaginaria, ma in passato ne abbiamo avute tante simili. Come quella volta che a momenti S svenne perché mentre eravamo insieme ai grandi magazzini io chiesi a un commesso maschio dove fosse il reparto biancheria intima femminile.
“Ma che fai?”, mi sibilò lei strattonandomi da una parte prima che il commesso potesse rispondermi, “Adesso che penserà quello?”
“E che vuoi che pensi?”, risposi io rifiutandomi di comprendere il suo punto di vista, “Che siamo ragazze che portano le mutande?”
Io il suo punto di vista non lo comprendevo, e non volevo comprenderlo, perché partivo da alcuni semplici concetti: 1) che la gente ha cose più importanti da fare che osservare maniacalmente quel che fa lei, o che faccio io, 2) e che comunque, che pensi quel che vuole. Che m'importa, per dire, se il barista storce il naso se metto troppo zucchero nel caffè? O se una perfetta sconosciuta trova strano che io non sia mai andata in piscina prima d'ora?
Una volta provai a dirglielo: “Scusa, ma anche se la gente pensa qualcosa, a te che te ne importa?”
Lei roteò gli occhi con espressione altamente drammatica e mi rispose che io “non capivo proprio come va il mondo”.
Che forse è vero, perché me lo dice spesso anche mia mamma, ma lei per altri motivi.
Io però ho una teoria: le persone ossessionate da quel che pensa la gente, sono generalmente le prime a impicciarsi e giudicare gli altri. E di gente che non ha altro da fare che occuparsi dei fatti altrui è pieno il mondo.
Nel mondo di Anna dai Capelli Rossi c'è un personaggio, la signora Harmon Andrews, che è proprio così. È la pettegola del paese. Quella che critica tutto e tutti, e la cui lingua velenosa tutti temono.
In “La casa dei sogni”, il quinto romanzo della serie, Anna esclama: “A quante cose belle rinunciamo per paura di quel che penserà la signora Andrews?”
Ma tutto questo potere alla signora Andrews gliel'abbiamo regalato noi, dando tanta importanza alle sue opinioni.
E come gliel'abbiamo dato, possiamo anche levarglielo.

sabato 27 ottobre 2012

Enigmisti anonimi

Ma nel senso che siete maniaci dei cruciverba.
Ho avuto centinaia di contatti nuovi, solo fra quelli che cercavano la soluzione delle cornici concentriche...
Vabbè, son buona, vi dò qualche altra dritta. Queste sono dedicate a chi sta cercando di risolvere il Bartezzaghi di questa settimana:
Un microrganismo che cambia forma di continuo: ameba
Il sociologo francese di Simulacri e simulazione: Baudrillard
Il maniero ottagonale fatto costruire da Federico II: Castel del Monte
La fedeltà dei sudditi: Lealismo
Un'infelice Regina di Scozia: Maria Stuarda
La consuetudine di ricorrere a truppe prezzolate: Mercenarismo
Fu risolutivo per Teseo: Filo d'Arianna
La regina delle montagne: Everest
La giudicessa d'Arborea: Eleonora
Indiani lungo il confine fra gli Stati Uniti e il Messico: Apaches
Ordire macchinazioni: Intrigare
L'aiuto di Morse: SOS

E mo' basta suggerimenti, cercate di cavarvela da soli.

Amore (non) vuol dir gelosia

Quando avevo quindici anni c'era una mia compagna di scuola, che per brevità e per rispetto della privacy chiameremo E, che frequentavo spesso perché per tornare a casa facevamo la stessa strada. Lei si fermava prima, io proseguivo ancora per un bel po', ma il primo tratto era comune per entrambe.
E era fidanzata con D. Era fidanzata “in casa”, come si diceva allora, e forse si dice anche adesso da qualche parte. Questo voleva dire che era una cosa ufficiale: lui le aveva regalato un anello di fidanzamento e aveva conosciuto i suoi genitori, così come i genitori di D avevano conosciuto E. Certe mie più giovani e spiritose lettrici penseranno che, data la mia veneranda età, mi stia riferendo come minimo al Risorgimento. Invece no, razza di screanzate, parlo di periodi recenti.
Ma andiamo avanti con la storia.
Un giorno, era settembre, chiesi a E di accompagnarmi in cartoleria perché volevo comprarmi un diario-agenda. La cartoleria era una cinquantina di metri più avanti rispetto a dove E doveva svoltare per andare a casa sua. Non era una gran deviazione dal percorso. Ma E nicchiava, cercava scuse, e io non le capivo e insistevo. Così alla fine E mi svelò il motivo della sua titubanza: D era molto geloso e voleva che lei dopo scuola tornasse subito a casa, senza fermarsi da nessuna parte e, soprattutto, senza allontanarsi dal percorso. Dritta a casa e sguardo a terra! Marsch!
“Ma la cartoleria è solo pochi passi più avanti. E poi che male c'è se mi aiuti a scegliere un diario?”
A quindici anni ero convinta che noi giovani potessimo fare tutto senza freni e costrizioni. Potevo capire che un genitore potesse imporre (o tentare di farlo) paletti e divieti, ma non concepivo neanche l'idea che un fidanzato potesse anche solo sognarsi di dettare regole di comportamento.
Per questo fui così insistente. E lei alla fine accettò.
Mi accompagnò in cartoleria e mi aiutò a scegliere il diario.
Ma non appena mettemmo piede fuori dal negozio, la vidi irrigidirsi e borbottare, preoccupata: “Oh, no! C'è D!”
“Embè?”, mi venne da dire, ma non lo dissi, “Mica stai rapinando una banca!”
Una battuta del genere non sarebbe stata ben accolta. E comunque non avrei avuto tempo di dirla, perché non appena la mia amica ebbe parlato vidi una furia in felpa e blue jeans che le si precipitava contro con espressione decisamente contrariata (senza neanche salutare, il cafone). Era il suo dolce D.
“Che ci fai qui?”, cominciò a sbraitare D, “Casa tua è più indietro. Perché ti sei allungata fin qui?”
E era così spaventata che non riusciva neanche a rispondere. La vedevo impallidita e tremante, e aveva un'aria talmente colpevole che sembrava che sì, dopotutto aveva davvero appena svaligiato una banca (oppure limonato con un altro, come evidentemente temeva D). Insomma, non riusciva neanche a esclamare un semplice “Sono andata in cartoleria, perché?”
Così, visto che non ci riusciva lei, cercai di suggerirglielo io come avrei fatto a scuola durante un'interrogazione. Siccome D mi dava le spalle e sembrava non avermi neppure visto, tanto era accecato dalla rabbia, pensavo di andare sul sicuro. Ma lei era così spaventata che mi fece beccare. Lui si accorse che lei stava sbirciando dietro le sue spalle e, forse pensando di trovare il suo rivale, si voltò di scatto gettandomi uno sguardo furibondo. E se fino a un'istante prima la mia mente ribolliva d'insulti per il dolce D, nel vedere quegli occhi carichi di furore il coraggio mi venne meno e, per tema di prendermi un pugno sul naso, balbettai timidamente che “eravamo solo andate a comprare un diario.” Lui mi guardò con disgusto: evidentemente non mi aveva creduto. Senz'altro in quei dieci minuti eravamo andate a fare le donnacce con uomini vogliosi e perversi. Così misi insieme un imbarazzato “Uh-come-s'è-fatto-tardi-devo-andare-be'-ci-vediamo-ciao!” e schizzai pavidamente via, lasciando la mia amica in balia del suo trottolino amoroso.
Quest'episodio mi lasciò esterrefatta, perché E mi aveva sempre detto che D era il suo grande amore, il suo cucciolotto morbidoso e altre amenità del genere, mentre io non riuscivo assolutamente a far conciliare quell'immagine con quella specie di cagnaccio ringhioso (e sia detto con rispetto per i veri cani, che quando ringhiano lo fanno per un motivo vero, a differenza del dolce D) che avevo appena incontrato. E comunque, mi chiedevo, come poteva E dire di amare uno che le mancava di rispetto a questo modo? Io non l'avrei mai, mai tollerato.
Se il mio fidanzato si fosse azzardato a trattarmi così, si sarebbe trasformato in un ex nel volger di un batter di ciglia, poco ma sicuro.
E invece E era contenta, perché secondo lei questa gelosia appassionata (per così dire) era una grande dimostrazione d'amore.
Il giorno dopo mi spiegò che aveva impiegato tutto il pomeriggio per farsi perdonare (farsi perdonare di che?, le domandai. Di avergli disubbidito, rispose lei. E io mentalmente augurai al dolce D cose molto brutte in confronto alle quali la maledizione di Montezuma non è nulla), ma che poi avevano fatto la pace e adesso erano di nuovo tutti cuoricini e coccole, anche se lui le aveva detto che avrebbe preferito se E non mi frequentasse più così spesso (ovvio, secondo lui io ero una bieca corruttrice di fidanzatine servizievoli e innocenti).
Voi penserete che queste erano cose che capitavano anticamente. Ma vi sbagliate. Capita anche adesso. Tra gente giovane. Sfogliatevi un po' questo libro, di Riccardo Iacona. Ci sono molti casi di questo tipo. Ragazze che nel momento in cui si fidanzano perdono ogni libertà. Giovani maschi ossessionati dalla paura di essere traditi. Che costringono le proprie partner a non frequentare più i vecchi amici. Che montano su tutte le furie per un sorriso, per un saluto, per una battuta scambiata con un altro giovane maschio. Neanche i cervidi nel periodo degli amori sono così aggressivi (e loro sanno essere molto, molto aggressivi). E, badate, non parlo degli assassini. Parlo di quelli che vengono definiti “i fidanzati buoni”. Di un comportamento che viene spesso considerato normale e accettabile.
Ma del resto, c'era anche nelle famigerate Cinquanta sfumature di Grigio, no? Al bel Christian Grey va il sangue alla testa se vede Anastasia chiacchierare con José.
“Tu sei mia, gli altri non devi neppure guardarli.”, come se la partner fosse una specie di bestiolina in calore pronta ad accoppiarsi con chiunque non appena le si toglie il guinzaglio. Vi piace farvi trattare così? Vi sembra romantico? Vi sembra anche solo lontanamente una forma di amore?
No, uno che mi tratta così non mi sta dicendo “Ti amo”, ma “Tu sei una cosa di mia proprietà, un oggetto che solo io posso usare”, e in sostanza mi sta facendo capire che per lui io come essere umano non valgo niente. Romanticissimo, eh?
Chi si ama si rispetta. E chi si rispetta non si tradisce. E quindi non ha bisogno di essere geloso.
Tutto il resto è fuffa!

La parola di oggi è... accanimento

Oggi affrontiamo quattro parole di grande attualità. Eccole.

Accanimento: s.m., atto dell'accanirsi, infierire con ostinazione contro qualcuno o qualcosa. Odio, furia tenace contro qualcuno. [composto di a (inteso come avvicinamento, tendenza verso qualcosa) e cane] 
Indulto: s.m., provvedimento con cui, a tutti coloro che si trovano nelle condizioni stabilite, viene condonata in tutto o in parte, o commutata, la pena principale inflitta. [Da tardo latino, indulgere]
Frode: s.f., raggiro diretto a ingannare qualcuno sorprendendone la buona fede. Imbroglio. Truffa. Reato di chi trae in inganno qualcuno per procurarsi un guadagno illecito. Frode fiscale: falsificazione di documenti fiscalmente rilevanti compiuta al fine di evadere le imposte.
Esterrefatto: spaventato, atterrito. Sbalordito, sbigottito. [Da terrère, spaventare, e fàcere, fare]

venerdì 26 ottobre 2012

Per i miei fedeli lettori enigmisti...

Lo so, me lo sento che è solo questione di ore prima che vi trovi tutti qui, cari i miei enigmisti anonimi, a cercare le soluzioni delle cornici concentriche della Settimana Enigmistica di ieri (gioco n° 20572, della Settimana Enigmistica n° 4205). Tanto vale darvi direttamente tutte le soluzioni, quindi.
PS: gradirei un grazie, di tanto in tanto...


DEFINIZIONI A
1. Si sente respirando con il naso – L'anguilla natalizia.
SOLUZIONI: Odore – Capitone
2. Mettere a punto – Con le stripes nella bandiera USA.
SOL.: Regolare – Stars
3. I mezzi per vivere – Il Davis tra i grandi del jazz.
SOL.: Proventi – Miles
4. Gli rimorde la coscienza – Pesce affine al dentice.
SOL.: Pentito – Sarago
5. Quasi ricco – Un oggetto di valore storico
SOL.: Agiato – Cimelio
6. Il carbone più vecchio – Gas raro nell'aria
SOL.: Antracite – Neon
7. Attrae a Montecarlo – Conclude il primo semestre
SOL.: Casinò – Giugno
8. Desinenza da participio passato – Il Brad de L'esercito delle 12 scimmie – Illustrò famosissime illusioni ottiche
SOL.: Uto – Pitt – Escher
9. Connessione – Un Umberto poeta – La coppiera degli dei.
SOL.: Legame – Saba – Ebe
10. Lo causa una dura botta – È pari a più di 3 anni luce.
SOL.: Ematoma – Parsec
11. I fratelli di papà – Si potano – Brilla come l'oro.
SOL.: Zii – Rami – Ottone
12. Riverbero circonfuso – I Pisani subirono quella della Meloria – La Banca Centrale di Greenspan e di Bernanke
SOL.: Alone – Rotta – FED
13. La bella Basinger – Il Kurosawa regista – Punto celeste.
SOL.: Kim – Akira – Nadir

DEFINIZIONI B
1ª cornice = Effettuano orribili attentati – Il Mercalli meteorologo – L'arrivo della nave – La consegna a domicilio – Non ne ha il discorso incongruente – Si può giurare solo sul proprio – Grossi limoni – Giuda ne ricevette 30.
SOL.: Kamikaze – Luca – Approdo – Recapito – Nesso – Onore – Cedri – Danari
2ª cornice = Ha un suo capoluogo – Aiuta i bisognosi – La mimosa pudica – A stringerla si soffoca – Punto d'appoggio della lancia.
SOL.: Regione – Benefattore – Noli me tangere – Gola – Resta.
3ª cornice = Il Santo delle celebri Confessioni – Il romanzo di Verne con il capitano Nemo.
SOL.: Agostino – Ventimila leghe sotto i mari.
4ª cornice = Radere la lana – La parte che prende gli scapaccioni – Produce gustosi broccoletti – Melma, fanghiglia – Gli automobilisti più condannabili e imprudenti.
SOL.: Tosare – Nuca – Rapa – Mota – Pirati.
5ª cornice = Ne... esce chi divaga – Si imbiancano d'inverno – Una casa agricola russa.
SOL.: Seminato – Cime – Isba.
6ª cornice = Flusso, spruzzo – Storica compagnia turistica.
SOL.: Getto – CIT.

Sbagliando s'impara...

La nostra è una lingua complicata e insidiosa. Quali sono gli errori più frequenti nella lingua italiana, parlata e scritta? Ecco cos'ha scoperto lo staff della Zanichelli. A sinistra i termini errati, a destra quelli corretti, come indicato.



Errato -------- Corretto

1)    accellerare --- accelerare
2)    anedottico --- aneddotico
3)    appropiato --- appropriato
4)    avvallo (garanzia) --- avallo
5)    areoporto --- aeroporto
6)    atzeco --- azteco
7)    càduco --- cadùco
8)    Caltanisetta --- Caltanissetta
9)    collutazione --- colluttazione
10)    colluttorio --- collutorio
11)    conoscienza --- conoscenza
12)    coscenza --- coscienza
13)    eccezzionale --- eccezionale
14)    eccheggiare --- echeggiare
15)    efficenza --- efficienza
16)    egìda --- ègida
17)    essicare --- essiccare
18)    esterefatto --- esterrefatto
19)    evaquazione --- evacuazione
20)    ingegniere --- ingegnere
21)    Macchiavelli --- Machiavelli
22)    mentòre --- mèntore
23)    Missisipi --- Mississippi
24)    metereologia --- meteorologia
25)    peronospera --- peronospora
26)    rindondante --- ridondante
27)    scenza --- scienza
28)    é, cioé --- è, cioè
29)    caffé, té --- caffè, tè
30)    sè, nè, ventitrè --- sé, né, ventitré
31)    perchè, benchè, affinchè --- perché, benché, affinché
32)    potè, dovè --- poté, dové
33)    egli da --- egli dà
34)    egli fà, và, stà --- egli fa, va, sta
35)    un di --- un dì
36)    si (affermazione) --- sì
37)    ré, tré --- re, tre
38)    vicere, ventitre --- viceré, ventitré
39)    blù, sù --- blu, su
40)    rossoblu, lassu --- rossoblù, lassù
41)    un pò --- un po'
42)    a mò di --- a mo' di
43)    qual'è --- qual è
44)    un'altro, un'amico, buon'amico --- un altro, un amico, buon amico
45)    un altra, un amica, buon amica --- un'altra, un'amica, buon'amica
46)    qualcun'altro --- qualcun altro
47)    qualcun altra --- qualcun'altra
48)    àmaca --- amàca
49)    autodròmo --- autòdromo
50)    bàule --- baùle
51)    bolscèvico --- bolscevìco
52)    callifùgo, febbrifùgo --- callìfugo, febbrìfugo
53)    io centèllino --- io centellìno
54)    codàrdia --- codardìa
55)    io dévio --- io devìo
56)    èdile --- edìle
57)    èdule --- edùle
58)    egìda – ègida
59)    elettròdo --- elèttrodo
60)    eurèka --- èureka
61)    Frìuli --- Friùli
62)    giàcere --- giacére
63)    gomèna --- gòmena
64)    ilàre (allegro) --- ìlare
65)    ìnfido --- infìdo
66)    leccòrina --- leccornìa
67)    mòllica --- mollìca
68)    mulièbre --- mulìebre
69)    Nuòro --- Nùoro
70)    persuàdere, dissuàdere --- persuadére, dissuadére
71)    pùdico --- pudìco
72)    rùbrica --- rubrìca
73)    sartìa --- sàrtia
74)    termìte (insetto) – tèrmite
75)    tràlice --- tralìce
76)    ùbbia --- ubbìa
77)    che essi vadino, venghino --- che essi vadano, vengano
78)    che egli dasse, stasse --- che egli desse, stesse
79)    non mi oso di dire --- non oso dire
80)    vorrei che tu vieni, venga --- vorrei che tu venissi
81)    questo non centra! --- questo non c'entra!
82)    inerente il... --- inerente al...
83)    glissare il... --- glissare sul...
84)    redarre --- redigere
85)    un murales --- un murale
86)    un silos --- un silo
87)    un vigilantes --- un vigilante
88)    le speci --- le specie
89)    a gratis --- gratis
90)    lo àcme --- la àcme
91)    percui --- per cui

La lingua è mobile...

La lingua è una cosa meravigliosa. Non mi riferisco all'organo che abbiamo in bocca, che pure è meraviglioso, bensì alla sua funzione lessicale, grazie alla quale siamo, o dovremmo essere, in grado di comunicare con i nostri simili. La lingua non è un monolito immutabile e rigido. Somiglia più a un ruscello spumeggiante e mutevole, e come un ruscello la lingua cambia nel tempo, a volte prosciugandosi e riducendosi ai minimi termini, altre volte straripando d'acqua, lemmi e fonemi. Un termine che ieri aveva un significato oggi ne ha un altro, uno che adesso è in voga domani sarà vetusto e desueto. In tutto questo fermento di vocaboli ed espressioni, ce ne sono alcune che mi lasciano veramente di stucco. Come questa che ho sentito giorni fa (solo la prima battuta, che rispondeva alla domanda “Che lavoro fai?”) che mi ha ispirato la conseguente battuta cretina.

Minivocabolario:
Monolito: Grosso blocco roccioso in un unico pezzo. In senso figurato indica qualcosa di compatto e privo di fratture o divisioni.
Lemma: Vocabolo registrato in un dizionario o in un'enciclopedia, stampato in grassetto e posto a inizio della voce. Sinonimi: tema, argomento, subject.
Fonema: Unità minima distintiva di suono nell'ambito di una lingua particolare che consente, da sola o in combinazione con altre, di formare significati e di fare una distinzione tra essi.
In voga: Modo di dire abbastanza desueto (vedi più in basso) che indica ciò che gode di favore, successo, popolarità presso il pubblico. Sinonimi attuali “trendy, fashion, una roba che spakka”.
Vetusto: Che è molto antico e ispira sentimenti di stima, venerazione, rispetto. Oppure semplicemente superato, arretrato, in stato di degrado. Vecchio.
Desueto: Non più in uso.
Fermento: Agitazione, subbuglio.
Food: Il settore alimentare, nella grande distribuzione.

Bibliografia consigliata: Lo Zingarelli, Vocabolario della Lingua Italiana


giovedì 25 ottobre 2012

Tuoni e fulmini

L'avete letta anche voi la sparata allucinante del candidato repubblicano (americano) Richard Mourdock, vero? Questa, dove dice che se una donna rimane incinta dopo uno stupro è per volontà di Dio, quindi neanche in quel caso è ammissibile l'aborto.
Fa il paio con quella di agosto di Todd Akin (altro candidato repubblicano al senato in U.S.A.), secondo il quale se una donna viene stuprata (ma stuprata davvero, non per finta... come se una potesse essere stuprata per finta) allora in lei si attiva un misterioso meccanismo che le impedisce di rimanere incinta. Detto in soldoni, secondo lui una gravidanza in seguito a uno stupro è impossibile, e quelle che sostengono che a loro è capitato evidentemente mentono, in realtà erano consenzienti. O è così, oppure lui ha studiato educazione sessuale dalle rivistine per adolescenti sceme. Ve le ricordate? Quelle con le ragazzine che chiedevano se potevano essere rimaste incinte dopo aver lavato le mutande del fratello...
Mi viene in mente che quando venne inventato il parafulmine, un tot di tempo fa, ci furono un mucchio di persone che lo contestarono. Perché, dicevano, se i fulmini cadono è per volontà di Dio. E il parafulmine ostacola la sua volontà, quindi usarlo è peccato!
Ecco, di fronte a tanta ignoranza profonda e sublime a me cadono le braccia. Ma non so per volontà di chi.
Comunque, a tal proposito, ho una citazione (tratto da “Papà Gambalunga”, romanzo di Jean Webster del 1912):
“Tu ci credi nel libero arbitrio? Io sì, senza riserve. Non sono d'accordo con tutti quei filosofi che pensano che ogni azione sia il risultato assolutamente inevitabile e automatico di un cumulo di cause remote. È la dottrina più immorale che abbia mai sentito. Nessuno potrebbe essere accusato di nulla. Se un uomo credesse nel fatalismo naturalmente non farebbe altro che sedersi a dire “Sia fatta la volontà di Dio”, e rimarrebbe seduto finché non cadrebbe morto.”
Tutti nasciamo ignoranti, aggiungo io, ma questo non è un buon motivo per decidere di rimanerlo.

sabato 20 ottobre 2012

Il Ratto delle Sabine

Dedicato all'anonimo cruciverbista che è arrivato qui cercando il nome di chi "scolpì il ratto delle sabine" (sicuramente perché sta cercando di risolvere le cornici concentriche pubblicate sull'ultimo numero della Settimana Enigmistica): è il Giambologna. La scultura si trova a Firenze, qui di fianco una foto in notturna.
Prego, eh...

martedì 16 ottobre 2012

Cinquanta sfumature di noia

Da me non ve l'aspettavate, lo so. Mi pare già di sentirvi. “Ma come? Dopo che ci hai triturato a sangue i cosiddetti col fatto che tu la moda non la segui manco se ti costringono, vai a leggerti proprio le famigerate Cinquanta sfumeture di grigio?”
Ma ho qualcosa da dire a mia discolpa.
1) L'ho letto per dovere, non per piacere. Come voi ben sapete, io nel campo dei libri ci lavoro, e non posso permettermi d'ignorare un fenomeno così eclatante.
2) È da quest'estate che mia mamma mi tampina con questo libro. Lei non l'ha letto, eh. E non ha nessuna intenzione di leggerlo. Né mi suggeriva di leggerlo. No, lei non vuole questo. Vuole solo che io ne scriva uno simile per fare un gran mucchio di soldi anch'io. Non nego che la cosa mi stuzzica. Fare un gran mucchio di soldi, intendo. Ma credo anche che non sia facile come sembra.
3) Volevo vedere com'erano state descritte queste tanto famose scene hard che hanno fatto surriscaldare milioni di donne in tutto il mondo. Perché un romanzo in effetti lo sto scrivendo anch'io, ma le mie scene di sesso non sono esplicite, anche perché non ne vedo alcuna necessità. E poi descrivere, da un punto di vista puramente letterario, una scena di sesso è difficile. Come niente si rischia di cadere nel ridicolo o, anche peggio, nel noioso estremo. Infatti a me quelle delle cinquantasfumatura paiono abbastanza insipide. Poi magari sono io che non me ne intendo, eh. Sarebbe interessante sentire il parere di un esperto. Chessò... Rocco Siffredi? Secondo me le troverebbe insipide anche lui.
4) Sempre a beneficio del best seller che mi farà diventare straricca che sto scrivendo, volevo capire cosa piace alla gente e perché. Io in giro ho trovato decine di recensioni negative delle cinquantasfumature (anche questa sarà abbastanza perfida) e solo qualche timido “ma a me è piaciuto” da parte di gente che quasi si vergogna ad ammetterlo. Eppure se ha venduto tanto, è evidente che sono più quelli a cui è piaciuto che quelli a cui ha fatto accapponare la pelle. Non credo che tutte l'abbiano acquistato solo per vedere quant'è brutto e poterlo denigrare a ragion veduta, no?

Ecco, detto ciò possiamo passare alla recensione vera e propria.
Se vi sembra che le cinquantasfumature richiamino alla mente Twilight è perché è vero. Il nostro rovente (rovente, poi... tiepido, ecco) libro è nato proprio come fanfic: una serie di racconti pubblicati su un forum di fans di Twilight, tant'è che all'inizio i protagonisti erano proprio Bella Swan ed Edward Cullen. Poi, visto l'alto numero di approvazioni, E.L. James li ha spostati su un proprio sito. E poi l'ha fatto uscire in ebook. E poi, tramite quella cosa che si chiama pubblicità virale la cosa è esplosa fino a fare boom, i lettori hanno sparso (a gratis!!!) la voce e la fanfic, opportunamente rivisitata e corretta, è diventata un caso letterario senza precedenti. Ecco, io voglio sperare che quando sarà il momento voi farete lo stesso per me. In caso contrario, sappiate che sto già preparando la macumba*.
In sostanza, quindi, le cinquantasfumature sono un Twilight semplificato. Prendete Twilight, aggiungete il sesso, levate i vampiri, un mucchio di personaggi e tutto quel che non riguarda la storia d'amore tra Bella ed Edward ed otterrete il nostro romanzo birichino.
Mia mamma pensa che le cinquantasfumature siano un libro porno. Lo pensano tutti quelli che non l'hanno letto. Invece no, è un libro d'amore che rispetta tutti i sacri cliché in voga fin dai tempi di Carolina Invernizio (solo che lei ci metteva anche della trama -anche troppa, certe volte- tra un sospiro e l'altro. E soprattutto sapeva scrivere molto meglio).
Ci sono, fondamentalmente, lui e lei.
Lei è praticamente Cenerentola: la classica sfigata che fa innamorare di sé il Principe Azzurro (o il più figo della scuola. Non a caso Christian Grey viene speso definito "yummy", che vuol dire, appunto, "figo"). Non particolarmente bella, non particolarmente elegante, non ricca, non colta, non brava in qualcosa (a parte mordersi le labbra e inciampare nei propri piedi). Se fosse un personaggio Disney sarebbe Miss Paperett, la segretaria di zio Paperone: abbastanza riconoscibile da avere un posto fisso in quel mondo, ma troppo anonima per assurgere al ruolo di personaggio. Il livello medio della protagonista femminile è voluto. Lasciandola indefinita l'autore fa sì che qualunque lettrice possa identificarsi in lei. Anastasia Steele, così si chiama, ha 21 anni ed è una neolaureata in letteratura inglese. È appassionata di romanzi ottocenteschi, però andando avanti con la sua storia appare chiaro che ne ha letto uno solo, vale a dire Tess dei d'Urbervilles di Thomas Hardy. Anastasia, detta Ana (come la dea delle anoressiche, e spero che sia solo un caso) è fondamentalmente un'insicura. Si fa mille problemi su qualunque cosa, perfino se uno le offre il caffè. È un'ingenua assoluta in campo sentimentale ed erotico. Non ha mai provato attrazione per un uomo prima, perché nessuno di quelli a cui piaceva era il tipo dell'eroe romantico dei suoi libri ottocenteschi (fondamentalmente nessuno di quelli era un multimiliardario). Non ha mai baciato prima, non si è mai toccata e non ha mai neppure avuto fantasie sessuali. Siccome ciò è impossibile, dobbiamo riconoscere che la ragazzina conta balle. Possiede una dea interiore con aspirazioni da cheerleader.
Frasi chiave: “Ma quant'è figo Christian Grey!”
“Wow!”
“Ci sono riuscita!”
“Mmmmm! Ti prego!”
“Voglio di più!”
“Porca merda!” (o simili)
Nonostante sia laureata in lettere, Anastasia Steele sfoggia un linguaggio decisamente colloquiale e semplificato. La cosa dev'essere voluta, per consentire anche alle lettrici più ignoranti d'illudersi di essere potenziali dottoresse in lettere. Come io quando mi sentivo astrofisica solo perché leggevo i libri di Stephen Hawking...

Lui, ovvero Christian Grey. Ha tutte le caratteristiche dell'eroe romantico: è bello, potente, famoso e ricco da far schifo. Ha ventisette anni ed è un imprenditore filantropo che si è fatto da sé. Ma ha un passato sofferto alle spalle che lo rende complicato, oscuro, lunatico (questo, naturalmente, stimola in Anastasia la sindrome della crocerossina che tante vittime ha fatto, e fa tutt'ora, tra le donne). Suona il pianoforte come nessuno, pilota elicotteri e macchine sportive, ha una cultura artistica assai profonda, ciononostante anche lui predilige un linguaggio decisamente triviale.
Frasi chiave: “Non voglio perderti!”
“Ti voglio nuda!”
“Adesso. Ti. Scopo. Qui.”
“Piantala di morderti le labbra!”
“Mangia!”
“Brava, piccola!”
“Mi prudono le mani.”
Entrambi sono quasi del tutto privi di senso dell'umorismo. Il senso dell'umorismo in libri tanto diffusi è pericoloso perché si corre sempre il rischio di offendere qualcuno con una battuta. Più lettori ci sono e più facile è offenderne qualcuno. Temo che io col mio libro ne offenderò moltissimi.
Trama: lui e lei s'incontrano quasi per caso, perché lei deve intervistarlo per conto dell'amica che è caporedattore del giornale universitario ma è tanto malata poverina. La scintilla scatta subito, ma lei è intimorita dalla sua aura di potere.
Lui la rintraccia e la ritrova e lei va in brodo di giuggiole. Prendono insieme un caffè e lei comincia a sbavare, ma lui le dice di stargli alla larga perché è un tipo pericoloso. Lei si dispera perché pensa di non piacergli, ma poi lui le fa un regalo costoso e lei va in confusione. Poi però lei prende una sbornia colossale per festeggiare la laurea imminente e quasi per errore lo chiama. Lui accorre a salvarla come ogni principe azzurro dovrebbe fare in simili circostanze. E non approfitta del suo stato d'incoscienza, cosa che quasi nessun principe azzurro farebbe.
Ma l'attrazione è tale che alla fine lui cede e la invita a casa sua, a Seattle. Ci vanno con l'elicottero privato di lui ("Disgustosa ostentazione di plutocratica sicumera", come disse una volta Paperino a Paperone), e lei rimane giustamente colpita dalla megavilla di lui che gronda denaro e potere da ogni poro dell'intonaco. Lui le svela il suo segreto: lui non è uno che fa l'amore, è uno che scopa, e scopa duro. E non concepisce una relazione tra uomo e donna se non come una serie di rapporti sessuali tra un dominante (lui) e un sottomesso (lei). Perciò prima che tra loro possa cominciare qualcosa lei deve firmare un bel contrattino (che confermi che lei è consenziente, presumo). Anche lei ha un segreto da svelargli: è vergine. Lui, sconvolto, decide che non è il caso di farla debuttare col sadomaso: prima deve almeno sverginarla. Insomma, una cosa soft (lui lo chiama “sesso alla vaniglia”). Lui e lei scopano. Dicono così: non fanno l'amore, scopano e basta. A lei piace molto. Il mattino dopo lui le presenta la mamma (adottiva, perché lui è orfano). La mamma è contenta perché Christian non aveva mai avuto una fidanzata prima. Da notare, il fatto che lei sia considerata fidanzata e non amante, e che venga subito presentata in famiglia, contribuisce ad ammaliare anche le lettrici più perbeniste.
Lei torna a casa e lui le regala un computer portatile (preziosissimo e non ancora in commercio, altra disgustosa ostentazione eccetera...) in modo che possa documentarsi sul sadomaso. Lei è abbastanza incerta su questo, e mentre cerca di chiarirsi le idee scopa con Christian un tot di volte, mangia le ostriche con lui ridacchiando perché le sembrano una metafora sessuale, si laurea e riceve altri regali costosi. Lui le manda email, sms, regali costosi (non i soliti gioielli, però), la sculaccia e se la scopa un tot di volte. Lei decide che prima di firmare il contratto vuole un assaggio di sadomaso e lui la porta nella sua stanza dei giochi, la lega e la frusta. A lei piace.
Il giorno dopo vanno a cena dai genitori di lui (famiglia tradizionale), ma siccome Chiristian le aveva nascosto la biancheria intima, lei ci va smutandata. Lui se la scopa nel capanno delle barche e poi le rende le mutande.
Siccome lei è perplessa su questo rapporto, se ne va da sua madre in Georgia per pensare, cosa che poi non fa (dev'essere troppo difficile per lei, poverina). Lui la segue di nascosto. Lei ha le mestruazioni ma lui non se ne fa un cruccio e se la scopa lo stesso. In albergo, stavolta. Ah, sì, vanno anche in aliante.
Lei finalmente si chiarisce le idee: vuole l'ammmore! Torna da lui, dopo aver ottenuto un posto di lavoro in una piccola casa editrice screditando così tutta la categoria, e i due scopano di nuovo. Stavolta lei è legata al letto.
Però lei è ossessionata dai suoi segreti e dalle sue turbe (di lui). Vuole capirlo e amarlo, perciò gli chiede un trattamento estremo. Lui la sculaccia con la cinghia e lei si fa molto male. Capisce così che non è portata per il sadomaso, e anche che lui ha troppi problemi per dare e ricevere amore. Così lo lascia e se ne va a piangere nella sua cameretta.
Fine del primo libro (nei seguenti, poi, so che si sposano, figliano e soprattutto scopano, ma io non lo saprò mai perché non ho la pazienza di leggerli né la voglia di spenderci dei soldi...)

Ora, io so che quest'estate questo libro è stato al centro di molte polemiche. Da un lato c'erano i maschilisti secondo i quali il successo di questo libro tra le donne va a convalidare la loro teoria che afferma che le donne non vogliono davvero la parità, ma che il loro vero desiderio è sottomettersi all'uomo. Da un altro lato c'erano le femministe che sostenevano che il libro è offensivo per le donne, e anche che fondamentalmente quello di tornare sottomesse è un desiderio dei maschilisti, non delle donne. In mezzo c'era il plotone di donne che lo leggevano e sospiravano. In un ulteriore angolino c'erano quelle che lo leggevano soltanto per denigrarlo, e magari prendere in giro le fans. Poi, nascosti sotto cumuli di unghie masticate, fegati rosicchiati e trucioli di faggio, c'erano un qualche centinaio di scrittori poveri che pur di tirar su due euro sarebbero stati disposti anche a scrivere una cosa del genere. Io ero qua in mezzo... scherzo, ovviamente :-P
Il libro, in effetti, è bruttino, banale e scritto male. Colpisce per la sua pochezza.  È un libro denso di niente, colmo di vuoto e così via. L'intento dell'autrice è quello di essere semplice, leggibile anche per i meno sofisticati. Ma a semplificare troppo si rischia di essere ripetitivi. Infatti lei ha la tendenza a reiterare le cose, a usare sempre le stesse frasi, a presentarci scene molto simili tra loro. Certi dialoghi sembrano fatti col copia-incolla. Per esempio, lui le dice di non mordersi le labbra (cosa che lo eccita fin troppo) non meno di quindici volte. Ma la bella scrittura non è rilevante per le lettrici di cinquantasfumature. Io credo che difficilmente un libro del genere possa piacere ai lettori forti. Penso invece che il grosso del suo pubblico sia tra i lettori occasionali (che sono la stragrande maggioranza rispetto a quelli forti). Quelli che leggono non più di un paio di libri all'anno, magari in vacanza, sotto l'ombrellone. Per questi anche una storiella semplice e banale come quella di Anastasia e Christian può sembrare nuova e piccante, perché non hanno esperienza di altri libri, o altri argomenti, simili, magari scritti meglio ma meno pubblicizzati e meno popolari. Forse anche più complessi, per linguaggio e per trama. Insomma, “faticosi” per chi non è abituato a leggere.
È offensivo nei confronti delle donne? Secondo me un po' sì. Ma non per via dell'infarinatura sadomaso, come credono i maschilisti (tra l'altro, nonostante siano quelle per cui tutti ne parlano, le scene sadomaso sono poche e decisamente soft). Loro danno per scontato che il rapporto dominante/sottomesso debba vedere l'uomo come dominante e la donna come sottomessa. Tra Christian e Anastasia è così, ma questo è irrilevante e non è una regola. Lo stesso Christian confessa di aver cominciato quelle pratiche da sottomesso con una donna dominante. No, l'offesa sta in altro. La più lampante? Il fatto che per l'ennesima volta la protagonista di un romanzo popolare, l'eroina in cui tutte noi dovremmo riconoscerci, è una vera stupida. Non semplicemente ingenua. Proprio stupida. Sì, anche Bridget Jones era stupidotta, ma era voluta. Il suo diario era un romanzo comico che prendeva in giro un certo tipo di fanciulle romantiche. Invece Anastasia si prende sul serio, soprattutto la prendono sul serio le sue lettrici. Le lettrici di Bridget Jones potevano identificarsi in lei, ma non aspiravano a essere come lei. Quelle di Anastasia sognano di diventare come lei.
È offensivo anche perché è un concentrato di luoghi comuni e stereotipi: lei ingenua e vergine, lui è l'esperto che la introduce al mondo dell'erotismo. Lei è socialmente inferiore, lui è potente e ricco e può permettersi di comprarle qualunque cosa. E lo fa. È uno di quelli che se la donna gli offre qualcosa, fosse anche solo un caffè, si sente sminuito nella sua mascolinità. È uno di quelli che se c'è un problema non lo dice a lei per non turbarla. È geloso e possessivo. “Tu sei mia”, le dice spesso.
È offensivo perché propone un modello di donna-bambolina il cui unico scopo  è (a parte l'ammore, ovviamente) star lì a godersela, non pensare a niente, lasciare tutto nelle mani forti e muscolose del suo ammore che la tratta come una bambina viziata. Il fatto che lui non voglia parlarle dei suoi problemi vuol dire anche questo. Non si parla di cose importanti con la piccina, con lei si parla solo di giochi e di quisquilie. Eccetera eccetera.
E poi, quello tra Christian e Anastasia è un rapporto malato. Ossessivo. Per tutta la sua durata (due settimane!!!) ognuno dei due non fa altro che pensare all'altro. Morbosamente. Davanti al loro amore tutto passa in secondo piano, persino la laurea e l'aver trovato lavoro. Se lei non lo sente per tre ore va in paranoia. Se lui non riceve continui messaggi va in crisi. Non tollera neppure che lei se ne vada per tre giorni in vacanza da sola.
E secondo me anche per questo ha successo. Le storie d'amore famose non parlano mai di relazioni pacate, sane, sobrie. Sarebbero noiose. Invece vanno moltissimo le passioni travolgenti e fatali. No, dico, credete che Romeo e Giulietta sarebbero diventati tanto celebri se nessuno li avesse contrastati e loro fossero riusciti a vivere “felici e contenti”?
Malauguratamente le cinquantasfumature sono contrastate solo dalla paranoia dei protagonisti. Si spera che ciò valga a non renderli immortali come Romeo e Giulietta, e a farceli dimenticare presto. Magari a favore del mio libro... ehm...
Per quali altri motivi può aver avuto successo? Per le scene piccanti, ovviamente. Christian e Anastasia fanno sesso moltissime volte, e quando non lo fanno ci pensano comunque. E poi perché quelle scene sono fantasie decisamente femminili. Se l'avete letto ci avrete fatto caso: nel 99% dei casi è sempre lui che "fa cose" a lei. Lui è quello attivo durante i rapporti, lei non deve far altro che starsene lì a mugulare e godersi i suoi orgasmi multipli. Un uomo non avrebbe mai scritto queste cose, no?Non è un sesso hard, come si dice in giro e come pensa mia mamma. È un sesso abbastanza normale, però è esplicito e questo fa sognare le tante lettrici che, ho il sospetto, ritengono di avere una vita carente da quel punto di vista. Questo perché è semplicemente normale che nella vita quotidiana non si possano vivere avventure appassionanti e travolgenti come quella tra Christian e Anastasia (che, vi ricordo, nel primo libro dura solo due settimane). È normale, normalissimo che dopo un po' il rapporto tra due partner si plachi e tenda a una routine più bigia che Grigia. O meglio, bigia la vediamo noi. Perché partiamo col piede sbagliato. La passione non cade dal pero: se non ce la mettiamo noi, nella vita di tutti i giorni, non lo farà nessuno. Come col minestrone. Se non ci metti il sale, non lamentarti se viene insipido.
E dopo questa brillante metafora culinaria, posso affermare di aver scoperto quelli che per me sono gli ingredienti-base delle cinquantasfumature: 1) semplicità (pochi personaggi, una sola trama lineare, niente sottotrame o quasi) 2) linguaggio facile, comprensibile anche per chi abitualmente non legge 3) una spolverata di peperoncin... sesso, per rendere il tutto più piccante e aggiungere il fascino del proibito (ma non troppo), 4) personaggi stereotipati, che in un modo o in un altro siano già riconoscibili perché facenti parte dell'immaginario comune. 5) moltissimi amici disposti a farti pubblicità gratis.
Bene. Ora non mi resta che trovare un modo per cucinare il tutto senza perdere la faccia e il rispetto di me ^___^

PS: sapete cosa mi sarebbe piaciuto? Se nel finale fosse venuto fuori che alla fine tutta la faccenda era solo una fantasia di Anastasia. Non so, mi sarebbe sembrato più credibile...


* Nonostante le mie ferree convinzioni positiviste, vi avverto che ho una discreta cultura in campo esoterico. E poi non è necessario che ci creda io, basta che ci crediate voi. Lettore avvisato...