domenica 24 febbraio 2013

La regina delle nevi

La regina delle nevi

liberamente tratto da un racconto di Hans Christian Andersen


Uno gnomo malvagio, anzi, praticamente un diavolo, aveva costruito uno specchio magico. Questo specchio non rifletteva la verità ma la distorceva completamente. Ciò che era bello e buono lo faceva apparire brutto e cattivo e viceversa.
Un giorno i perfidi gnomi decisero di portare lo specchio in cielo per prendersi gioco degli angeli, ma prima che potessero arrivarci lo specchio si infranse e precipitò sulla terra sotto forma di minuscoli cristalli di ghiaccio.
E qui comincia la nostra storia, perché quei cristalli avevano ancora il potere di entrare nei cuori degli uomini e renderli gelidi, come loro.

In una città vivevano due bambini poveri. Lui si chiamava Kay e lei Gerda.
Kay e Gerda erano cresciuti insieme e si erano sempre voluti molto bene. Vivevano in piccole soffitte sulla cima di due palazzi diversi, ma le loro soffitte erano così vicine che per raggiungere l'una o l'altra bastava scavalcare una grondaia. Sui tetti comunicanti sia la mamma di Gerda che quella di Kay avevano un vaso in cui coltivavano le piante aromatiche che usavano in cucina, ma in ogni vaso c'era anche una bellissima pianta di rose rampicanti. Col tempo le due piante avevano finito con l'unirsi formando un delizioso arco che con la bella stagione era sempre fiorito. Kay e Gerda trascorrevano ore e ore sul tetto a giocare insieme accanto alle rose.
Questo d'estate, perché d'inverno la neve ricopriva tutto e i due bambini per vedersi dovevano fare le scale, oppure si salutavano da dietro i vetri gelati delle finestre.
Una notte d'inverno, mentre stava per andare a letto, Kay vide un grosso fiocco di neve posarsi sul vaso delle rose, tutto coperto di ghiaccio. Il fiocco diventò sempre più grosso fino ad assumere l'aspetto di una donna bellissima. Aveva la pelle candida e gli occhi scintillanti e sorrise a Kay, ma il suo sguardo, anche se gentile, non era buono. Kay riconobbe la Regina delle Nevi, perché gliene aveva parlato sua nonna. Si spaventò moltissimo e corse a nascondersi sotto le coperte, ma quella era già sparita.
L'inverno passò, la neve si sciolse e tornò la primavera, quindi l'estate. Kay stava giocando tra le rose con Gerda quando sentì che gli entrava qualcosa in un occhio.
"Sarà un granello di polvere!", disse.
Ma non era così, era un frammento dello specchio dello gnomo. Immediatamente il suo cuore divenne di ghiaccio, Kay si alzò e si mise a strappare le belle rose, poi insultò Gerda che piangeva, quindi se ne andò dicendole di stargli alla larga.
In breve Kay cominciò a copiare tutti i comportamenti peggiori della gente di città, non era più un ragazzino gentile ma aveva sempre una parola dura per tutti. Però aveva molto succeso.
L'inverno seguente Kay si mise a giocare sulle slitte come facevano i monelli. Legava il proprio slittino alle carrozze che passavano per farsi trascinare e andare più veloce. Era una cosa molto pericolosa. Ad un tratto vide una magnifica slitta, molto elegante, e decise di attaccarsi a quella. Ma la slitta cominciò ad allontanarsi e ad andare sempre più veloce, e Kay si spaventò perché non riusciva a sciogliere il nodo che lo teneva legato a lei.
La slitta corse via fuori città, verso campi mai visti, tra la neve e i ghiacci, e il povero Kay rabbrividiva sempre più per il freddo e per il terrore. Finalmente dopo molto tempo si fermò e ne scese una persona. Era la Regina delle Nevi avvolta in una candida pelliccia. Raggiunse Kay e lo baciò due volte.
In quel momento Kay smise di avere paura e freddo, e la Regina gli apparve non più perfida e bianca come il ghiaccio di cui era fatta, ma dolce e bella. Nello stesso istante però dimenticò tutto della sua infanzia, dimenticò le rose, e i giochi sui tetti, e dimenticò perfino Gerda.
La Regina delle Nevi fece salire Kay sulla sua slitta e lo portò via con sé.
Quando Kay non tornò più a casa tutti quanti cominciarono a dire che era morto, forse annegato nel fiume, e Gerda lo pianse molto a lungo.
Ma un giorno di primavera le rose le dissero che non era possibile, che Kay doveva essere vivo, così lei andò al fiume per chiedere che le venisse restituito il suo amico. Mentre si sporgeva sulla riva Gerda cadde nel fiume e la corrente la portò via. Arrivò in campagna, dove c'era una casina circondata da un giardino delizioso. Qui viveva una signora, un po' maga e un po' fata, che ospitò Gerda in una magnifica stanza tutta piena di cuscini di seta e soffici divani.
In quella casa Gerda si sentiva come una principessa e, grazie alla magia della signora, anche lei dimenticò Kay. La signora non era cattiva, ma si sentiva molto sola e desiderava che Gerda rimanesse con lei.
Per non farle pensare a Kay, la signora aveva anche nascosto tutte le rose del proprio giardino. Ma aveva dimenticato quella che teneva appuntata sul cappello di paglia. Gerda la vide e cominciò a ricordare tutto.
Allora scoppiò a piangere, e le sue lacrime fecero uscire allo scoperto il cespuglio di rose che la signora aveva nascosto sotto il terreno.
"Kay è ancora vivo!", le dissero le rose.
Gerda chiese dove fosse, ma nessuno lo sapeva. Corse di fiore in fiore, sperando che qualcuno di loro sapesse dove trovare l'amico, ma ogni fiore raccontava la propria storia e nessuno sapeva dove fosse Kay.
Gerda corse talmente tanto che alla fine i suoi piedi erano tutti coperti di ferite. L'estate era ormai finita, si era fatto autunno inoltrato e le foglie erano tutte appassite e poi cadute dagli alberi. Tutto era freddo e spoglio, solo il biancospino era ancora coperto di frutti, ma questi erano così amari che a mangiarli lasciavano la bocca cattiva.
Oh! Come era grigio e difficile il mondo!
Mentre stava disperandosi, dopo aver attraversato mezzo mondo, Gerda incontrò un corvo che le chiese come mai fosse così afflitta e lei gli raccontò tutto.
Il corvo ci pensò su un po' e alla fine le raccontò una strana storia.
Lui sapeva di una principessa, che abitava poco distante, che lui conosceva bene perché la sua fidanzata, una cornacchia domestica, viveva proprio a corte.
Questa principessa era molto colta e intelligente e si era messa in testa di trovarsi un fidanzato colto e intelligente come lei. Così aveva invitato a palazzo tutti i principi intelligenti e di bell'aspetto. Un giorno era arrivato anche un ragazzo molto povero e vestito di stracci, ma sicuramente bello e molto intelligente. Lui aveva conquistato il cuore della principessa e ora risiedeva a palazzo.
"Sicuramente è Kay", disse Gerda, "perché lui è molto intelligente ma è anche vestito poveramente!"
Il corvo allora si offrì di aiutare Gerda a entrare a palazzo, in modo da ritrovare Kay.
I due si intrufolarono nella reggia nottetempo, come due ladri, scalando balconi, attraversando sale ricchissime e sgusciando in punta di piedi come ombre.
Gerda raggiunse il letto del principe misterioso, ma non era Kay, per quanto gli somigliasse.
Il principe e la principessa, che intanto si erano svegliati, ascoltarono la storia di Gerda e del suo Kay e ne furono così colpiti che decisero di aiutarli. Donarono a Gerda degli abiti caldi ed eleganti e una carrozza tutta fatta d'oro fino. In questo modo lei fu in grado di rimettersi in viaggio alla ricerca dell'amico perduto.
Gerda era uscita da poco dal regno di quella principessa tanto gentile, quando la sua carrozza d'oro e i suoi vestiti lussuosi attirarono l'attenzione dei briganti del bosco. La carrozza venne requisita e Gerda cadde prigioniera dei malviventi.
A capo dei banditi c'era una brigantessa che aveva una figlia della stessa età di Gerda. Questa ragazzina era molto rude e maleducata, ma provò simpatia per la nostra amica, perché era l'unica della sua età che incontrasse dopo tanto tempo. Perciò chiese e ottenne che le venisse risparmiata la vita, a patto di tenerla sempre con sé.
"Io ti salverò la vita", le disse, "ma sei mi fai arrabbiare ti taglio la gola!"
La piccola brigantessa si fece raccontare più e più volte da Gerda la sua storia, poi, una volta nel covo dei banditi, le mostrò tutti i suoi animali. La brigantina aveva dei colombi e anche una renna che lei si divertiva a tormentare con un pugnale affilato. La povera bestia era terrorizzata!
Quella notte la piccola malvivente si addormentò tenendosi abbracciata a Gerda e impugnando nell'altra mano il coltellaccio. Gerda non si sentiva per nulla al sicuro.
Il giorno dopo la ragazzaccia si fece raccontare di nuovo la storia di Kay.
"Ma sarà morto?", si domandò.
E stavolta furono i colombi a rispondere: "Non è morto: la Regina delle Nevi l'ha portato nella sua reggia estiva in Lapponia, e da lì alla reggia invernale, ancora più a nord!"
La Renna sospirò: la Lapponia era la sua terra!
"Io vivevo lì", disse la renna, "quando ero libera e potevo correre per pianure rilucenti di neve. So anche dov'è il palazzo invernale della Regina delle Nevi!"
La brigantina ci pensò più volte, poi decise:
"Oggi pomeriggio", disse a Gerda, "mia madre si ubriacherà e si addormenterà. Tu allora potrai fuggire per raggiungere Kay. La renna ti accompagnerà fino a destinazione. Vi lascerò andare entrambe, anche se mi dispiacerà non poter più spaventare la renna col mio coltello!"
E così fece. Diede a Gerda un cuscino di seta da usare come sella, dei panini da mangiare durante il viaggio e delle muffole pesanti rubate alla madre per ripararsi dal freddo e dalla neve. 
Quel pomeriggio stesso, quando gli altri briganti erano usciti a combinare le loro rapine e la brigantessa era profondamente addormentata, Gerda e la renna fuggirono via, verso il grande, lontano e gelido Nord.
E attraversarono monti e pianure, radure e foreste, valli e steppe, boschi e laghi.
Sempre più lontano, sempre più a nord.
E intanto i corvi gracchiavano, e i lupi ululavano in lontananza.
In cielo si accesero delle luci.
"Sono le mie vecchie luci del Nord!", disse la renna, "Guarda come splendono!"
La renna corse più svelta del vento, più in fretta del giorno e della notte, e quando anche i panini erano stati tutti consumati, Gerda e la renna arrivarono in Lapponia.
Giunte in Lapponia Gerda e la renna decisero di chiedere informazioni. Entrarono in una casa e parlarono con una signora, o meglio, parlò la renna perché Gerda aveva preso talmente tanto freddo da non riuscire più ad aprir bocca.
"So chi può aiutarvi", disse la signora consegnando loro un appunto scritto su una pelle di merluzzo perché non aveva carta, "dovete raggiungere una mia amica agli estremi confini della Lapponia, verso il Polo Nord. Proprio poco distante dal castello della Regina delle Nevi!"
Di nuovo i due si incamminarono, mentre alte nel cielo scintillavano le magiche luci dell'aurora boreale.
La capanna di questa nuova signora si trovava in mezzo alla neve, ma dentro faceva molto caldo. Talmente tanto che Gerda dovette addirittura togliersi muffole e scarpe per non sudare troppo.
La vecchia signora della capanna lesse l'appunto, poi, per non sprecare nulla, bollì la pelle di merluzzo nella zuppa che stava cucinando.
"Io non posso aiutare Gerda", disse alla renna, "non posso darle più forza di quanta già non ne abbia. Questa ragazzina è molto forte. Pensa solo a come ha convinto animali e uomini a soccorrerla! No, se non riesce lei a raggiungere la Regina delle Nevi nessuno può aiutarla!", continuò la vecchia con gli occhi che mandavano lampi. "Kay è vittima di un incantesimo, un cristallo fatato gli ha gelato il cuore. Per liberarlo bisogna togliere il cristallo. A due miglia da qui comincia il giardino della Regina. Accompagna la tua bimba lì e falla scendere accanto a un cespuglio coperto di bacche rosse sotto la neve, poi torna qui immediatamente!"
La renna fece come le era stato detto, anche se dopo un po' Gerda si accorse di aver dimenticato scarpe e guanti dalla vecchia. Non c'era tempo per tornare indietro. Giunto ai piedi del cespuglio Gerda scese e la renna tornò indietro.
Povera Gerda, che freddo terribile aveva in mezzo alla neve con le mani e i piedi nudi!
In quel momento la ragazzina si ritrovò in mezzo a una tormenta. Ma non erano normali fiocchi quelli che la circondavano. Erano grandi, e vivi, ed erano i sudditi della Regina delle Nevi, che l'avevano raggiunta per fermarla. 
Gerda, spaventata, cominciò a correre e mentre correva l'alito le usciva come fumo dalla bocca. Ogni filo di vapore si trasformò in un angioletto che, armato di sciabola, combattè contro i fiocchi di neve. Gerda continuò a correre verso il castello della Regina, protetta da quei nuovi amici.
Intanto Kay era nel castello e a tutto pensava tranne che a Gerda o al fatto che lei potesse essere tanto vicina.
Il castello della Regina delle Nevi era tutto fatto di neve e ghiaccio, con venti taglienti al posto dei vetri delle finestre e una grande sala del trono, al centro della quale scintillava gelido un laghetto ghiacciato.
Era il luogo più noioso del mondo, mai una sola volta aveva conosciuto un momento di divertimento, neppure durante gli allegri raduni delle volpi artiche.
Qui se ne stava Kay, e giocava con alcune lastre di ghiaccio. Le usava per comporre mosaici bruttissimi, che a lui parevano belli solo per via della scheggia che aveva nell'occhio, che gli faceva apparire la realtà diversa da com'era. Era blu per il freddo, ma non era in grado di accorgersene perché il bacio della Regina gli aveva fatto passare la sensazione del gelo, che altrimenti avrebbe sentito pungente.
La Regina delle Nevi, intanto, era molto scontenta di lui.
Ad un tratto si alzò in piedi: "Me ne vado a imbiancare un po' di vulcani e di frutteti.", borbottò annoiata, "Spero che per il mio ritorno tu sia riuscito a combinare qualcosa di meglio!", e detto questo se ne volò via.
Poco dopo arrivò Gerda. Il castello era gelido, ma lei non badò più né al freddo né a tutto il resto non appena vide Kay.
Gli corse incontro ad abbracciarlo, piangendo calde lacrime di felicità. Quelle lacrime coprirono il volto del ragazzo e gli giunsero fino al cuore, dove sciolsero l'orribile cristallo di ghiaccio che l'aveva reso tanto insensibile distruggendolo definitivamente.
Allora l'incantesimo si spezzò e Kay fu in grado di riconoscere Gerda e di abbracciarla.
I due fuggirono via dal castello e raggiunsero la capanna della vecchia, dove trovarono la renna che li attendeva.
La vecchia li rifocillò con una zuppa sostanziosa e li ospitò per la notte, così i ragazzi furono in perfetta forma l'indomani, quando intrapresero il lungo cammino che li avrebbe riportati a casa.
Il cammino era lungo, ma a loro parve brevissimo tante erano le cose che avevano da raccontarsi. Man mano che camminavano il clima si faceva più mite, i gli uccellini cantavano e la primavera fioriva splendente, quasi seguisse i loro passi.
Lungo la via incontrarono anche la piccola brigantessa, che fu talmente felice che Gerda fosse riuscita nella sua impresa, da decidere di accompagnarli per un tratto di strada.
E finalmente Kay e Gerda tornarono a casa. Era passato tanto tempo, ma tutto sembrava uguale a quando erano partiti. Le mamme e la nonna li stavano aspettando, la pendola ticchettava al solito posto, il sole scherzava sui vetri come sempre. 
Solo ora Kay e Gerda si accorsero che invece loro due erano cambiati. Nel frattempo, infatti, erano cresciuti.
Si guardarono negli occhi e sorrisero, poi, visto che ormai era estate, se ne andarono sui tetti, sotto le rose.
In fondo al loro cuore si sentivano ancora un po' bambini.

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