Turpiloquio: s.m., dal tardo latino turpiloquiu(m), composto di turpis, turpe, e un derivato di loqui, parlare. Esprimersi in modo turpe, brutto, sconcio, laido, volgare, osceno...
In soldoni: dire le parolacce (Parolaccia: s.f., parola sconcia, volgare, offensiva).
Un tempo far uso di turpiloquio non era pratica comune.
In pubblico non si faceva. Non si scriveva. Non si usava.
E quando raramente scappava, aveva l'effetto di una bomba.
Non si poteva non notarlo, era dirompente (Dirompente: agg., esplosivo, clamoroso).
Adesso il turpiloquio è pratica più che comune.
In pubblico si usa sempre, si scrive abitualmente, non necessariamente quando si è irritati ma anche chiacchierando del più e del meno.
Quindi non si nota più, è linguaggio di tutti i giorni.
Quando seguivo il corso di scrittura creativa mi avevano insegnato che certe volte per dare risalto a una parola scritta la si mette in grassetto (come da esempio). Ma se si mettono troppe parole in grassetto l'effetto viene meno. Mettere in risalto tutte le parole è come non metterne in risalto nessuna.
Vuoi vedere che ora come ora fa più effetto un discorso (orale o scritto che sia) che non fa uso di turpiloquio? Vogliamo provare a lanciare questa moda?
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