lunedì 26 dicembre 2011

A est del sole, a ovest della luna

Cari bambini, quest'oggi ho voglia di raccontarvi una fiaba, perciò vi narrerò quest'antica storia di origine norvegese, già raccontata da Peter Christien Asbjørnsen. Perciò mettetevi comodi, buoni e silenziosi e ascoltat... leggete!

A est del sole, a ovest della luna (East of the sun, west of the moon)

Illustrazione di Reginald L. & Horace J. Knowles
Tanto tempo fa viveva un povero marito che aveva molti figli e poco da dar loro, sia come cibo che come vestiti. Erano tutti belli, ma la più bella di tutti era la figlia minore, che era talmente bella che non c'erano limiti alla sua bellezza.
Una volta (era un tardo giovedì sera in autunno, e fuori c'era un tempo terribile, faceva un buio tremendo e pioveva così forte, e il vento era tanto, che le pareti della baracca tremavano) erano tutti seduti assieme davanti al focolare, ognuno impegnato in questa o in quella cosa, quando improvvisamente qualcuno bussò tre volte ai vetri della finestra. L'uomo uscì a vedere cosa potesse essere, e quando uscì c'era un enorme orso bianco.
“Buonasera”, disse l'Orso Bianco.
“Buonasera”, disse l'uomo.
“Mi dareste la vostra figlia minore?”, disse l'Orso Bianco, “Se lo farete, diventerete tanto ricchi quanto adesso siete poveri.”
Onestamente, l'uomo non aveva nulla da obiettare a diventare ricco, però rifletté: “Prima devo chiederlo a mia figlia”, perciò rientrò e disse agli altri che fuori c'era un orso bianco che aveva onestamente promesso che sarebbero diventati tutti ricchi se solo lui avesse potuto prendere con sé la figlia più giovane.
Lei disse di no e non volle neanche sentirne parlare; perciò l'uomo uscì di nuovo e si mise d'accordo con l'Orso Bianco affinché questo tornasse il giovedì sera seguente, per avere la risposta della ragazza. Poi l'uomo la convinse, e le parlò così tanto delle ricchezze che avrebbero avuto, e di che bella cosa sarebbe stata anche per lei, che alla fine la ragazza decise di andare, perciò si lavò, rammendò tutti i suoi stracci, si fece più bella che mai e si preparò ad andarsene. Aveva tanto poco da portarsi dietro.
Il giovedì sera seguente arrivò l'Orso Bianco a prenderla. Lei gli si sedette in groppa col suo fagotto, e così partirono. Quando ebbero fatto molta strada, l'Orso Bianco le disse: “Hai paura?”
“No”, rispose lei.
“Tienti stretta alla mia pelliccia e non avrai nulla da temere”, disse lui.
Così dicendo, lui corse lontano, lontano, finché non arrivarono a una grande montagna. Poi l'Orso Bianco vi bussò sopra e si aprì una porta, ed entrarono in un castello dove c'erano molte stanze vivacemente illuminate che scintillavano d'oro e d'argento, allo stesso modo brillava una sala con una tavola riccamente imbandita: era così magnifica che sarebbe difficile farvi capire quant'era splendida. L'Orso Bianco le diede una campanella d'argento e le disse che quando aveva bisogno di qualcosa non doveva far altro che suonarla, e quello che voleva sarebbe comparso. Dopo che ebbe mangiato, mentre calava la notte, alla ragazza venne sonno per il lungo viaggio, e pensò che le sarebbe piaciuto andare a letto. Suonò la campana, e l'aveva quasi appena toccata quando si trovò in una stanza dove c'era un letto preparato apposta per lei, grazioso come non mai, non si poteva desiderare di meglio per dormire. Aveva cuscini di seta e le tende del baldacchino erano di seta orlate d'oro, e tutto in quella stanza era d'oro o d'argento, ma quando lei si distese e spense la luce entrò un uomo che andò a sdraiarsi accanto a lei. Ed era l'Orso Bianco, che di notte perdeva le sembianze animali. Lei però non lo vedeva mai, perché lui arrivava sempre dopo che aveva spento la luce, e se ne andava prima che spuntasse il sole.
Per un po' andò tutto bene, ma poi lei cominciò a sentirsi triste e affranta, perché per tutto il giorno se ne doveva stare da sola; desiderava tanto tornare a casa da suo padre e da sua madre, dai suoi fratelli e dalle sue sorelle. Allora l'Orso Bianco le chiese cosa volesse, e lei disse che ci si annoiava tanto lì nella montagna, e che doveva starsene sempre da sola, e che a casa dei suoi genitori c'erano sempre i suoi fratelli e le sue sorelle, e lei era tanto triste proprio perché non poteva andare da loro.
“A questo c'è un rimedio”, disse l'Orso Bianco, “Se solo tu mi prometti di non parlare mai con tua madre da sola, ma soltanto quando ci sono anche gli altri; perché lei ti prenderà per mano”, disse, “e vorrà portarti in una stanza per parlare da sole; ma tu questo non devi assolutamente farlo, o attirerai grandi sventure su noi due.”
Perciò una domenica l'Orso Bianco arrivò e disse che adesso potevano andare dal papà e dalla mamma della ragazza, così viaggiarono fin lì, lei che gli sedeva in groppa, e fecero tanta, tanta strada, e ci volle tanto, tanto tempo; ma finalmente arrivarono in una grande fattoria bianca, e i fratelli e le sorelle correvano tutti fuori e giocavano, ed erano così belli che guardarli era un piacere.
“Adesso i tuoi genitori vivono qui”, disse l'Orso Bianco, “Ma non scordare ciò che ti ho detto, o farai del male sia a te che a me.”
“No davvero”, disse la ragazza, “Non me lo scorderò”. Non appena lei entrò in casa l'Orso Bianco si voltò e tornò indietro.
Ci furono tanti festeggiamenti quando lei andò dai genitori, che pareva non dovesse esserci mai fine. Ognuno pensava di non poterle mai essere abbastanza grato per quello che aveva fatto per loro. Adesso avevano tutto quello di cui avevano bisogno, e tutto era ottimo. Tutti le chiesero come le stesse andando lì dov'era lei. Anche lei stava benone, disse; e aveva tutto quel che poteva desiderare. Che altre risposte diede, non lo so; ma sono abbastanza certo che non abbiano saputo molto da lei. Ma nel pomeriggio, dopo che avevano pranzato a mezzogiorno, successe proprio come aveva detto l'Orso Bianco. Sua madre le voleva parlare da sola nella sua stanza. Ma lei ricordava quel che l'Orso Bianco le aveva detto, e non voleva assolutamente andare. “Quel che dobbiamo dirci, possiamo dircelo in un qualunque momento”, rispose. Ma in un modo o in un altro, alla fine sua madre la persuase, e lei fu costretta a raccontare tutta la storia. Perciò disse che tutte le notti un uomo entrava e si sdraiava accanto a lei quando le luci venivano spente, e che lei non l'aveva mai visto, perché lui se ne andava sempre prima che spuntassero le luci del mattino, e quanto fosse sempre tanto triste pensando a quanto sarebbe stata felice se solo avesse potuto vederlo, e come tutto il giorno se ne stesse da sola, ed era così noioso e solitario. “Oh!”, esclamò la mamma colma d'orrore, “È assai probabile che tu dorma con un troll! Ma t'insegno un sistema per vederlo. Prendi un pezzo di una delle mie candele, puoi portartelo via nascondendotelo in petto. Usalo per guardarlo quando dorme, ma fa' attenzione a non versargli addosso neanche una goccia di sego.”
Perciò lei prese la candela e se la nascose in petto, e quando scese la sera l'Orso Bianco venne a portarla via. Quando furono a una certa distanza, l'Orso Bianco le chiese se tutto era andato come lui aveva predetto, e lei non poté che ammettere che era andata così. “Perciò, se hai fatto come ha voluto tua madre”, disse lui, “hai attirato una grave disgrazia su di noi.”
“No”, disse lei, “Non ho fatto nulla di simile.”
Quindi quando fu tornata a casa e fu andata a letto proprio come tutte le altre volte, e l'uomo entrò e si distese accanto a lei, e la notte tardi, quando lei vide che lui dormiva, la ragazza si alzò e accese una luce, accese la candela e lasciò che la luce illuminasse l'uomo, e lo vide, ed era il principe più bello che si fosse mai visto, e se ne innamorò al punto che le pareva di poter morire se non l'avesse baciato immediatamente. Così lo baciò, ma mentre così faceva tre piccole gocce di sego rovente gli caddero sulla camicia, e lui si svegliò.
“Che cosa hai fatto?”, disse lui, “Hai attirato la sventura su di noi. Se avessi portato pazienza ancora solo per un anno io sarei stato libero. Ho una matrigna che mi ha lanciato un incantesimo, così io sono un orso di giorno e un uomo di notte; ma adesso tra te e me è tutto finito, ora devo lasciarti e andare da lei. Lei vive in un castello che si trova a est del sole e a ovest della luna, e lì c'è anche una principessa che ha un naso lungo tre metri, e adesso è lei che io devo sposare.”
Lei pianse e si lamentò, ma fu tutto inutile, perché lui se ne doveva andare. Poi gli chiese se poteva andare con lui. Ma no, non si poteva fare. “Dimmi la strada, allora, e io verrò a cercarti... questo mi sarà concesso farlo!”
“Sì, questo puoi farlo”, disse lui, “Ma anche così è impossibile. È a est del sole e a ovest della luna, e non troverai mai il modo di arrivarci.”
Quando la ragazza si svegliò il mattino dopo sia il Principe che il castello erano scomparsi, e lei era distesa su una piccola zolla erbosa nel mezzo di un bosco fitto e buio. Accanto a lei c'era lo stesso fagotto di stracci che si era portata da casa. Quando si fu strofinata gli occhi per far passare il sonno, ed ebbe pianto fino a stancarsene, si mise in cammino, e così viaggiò per molti lunghi giorni, finché non raggiunse una grande montagna. Fuori dalla montagna sedeva una vecchia che giocava con una mela d'oro. La ragazza le domandò se conoscesse la strada che conduceva al Principe che viveva con la matrigna nel castello che stava a est del sole e a ovest della luna, quello che doveva sposare una Principessa che aveva un naso lungo tre metri.
“E tu come mai lo conosci?”, domandò la donna, “Forse sei tu quella che avrebbe dovuto sposarlo?”
“Sì, sono io”, disse lei.
“Ah, sei tu!”, disse la vecchia, “Io non so niente di lui, so solo che vive in un castello che si trova a est del sole e a ovest della luna. Ti ci vorrà molto tempo per arrivarci, se mai ci arriverai; ma ti presterò il mio cavallo, con lui potrai arrivare da una vecchia mia vicina: forse lei può dirti qualcosa del Principe. Quando sei lì accarezza il cavallo dietro l'orecchio sinistro e chiedigli di tornare a casa; ma puoi tenerti questa mela d'oro.”
Così la ragazza si sedette in groppa al cavallo, e viaggiò per molto, molto tempo, e infine arrivò una montagna, fuori dalla quale sedeva una vecchia che aveva un cardatore d'oro. La ragazza le domandò se conoscesse la strada che portava al castello a est del sole e a ovest della luna, ma quella disse quel che aveva detto anche l'altra donna: “Non ne so niente, so solo che è a est del sole e a ovest della luna, e che ti ci vorrà molto tempo per arrivarci, se mai ci arriverai; ma posso darti in prestito il mio cavallo che ti porterà da una vecchia che vive vicino a me: forse lei sa dov'è il castello, e quando arrivi da lei non devi far altro che accarezzare il cavallo dietro l'orecchio sinistro e dirgli di tornare a casa”, poi le diede il cardatore d'oro perché, disse, forse sarebbe potuto tornarle utile.
La ragazza salì in groppa al cavallo e galoppò ancora a lungo, faticosamente, e dopo molto tempo arrivò a una grande montagna, dov'era seduta una vecchia che filava con un arcolaio d'oro. La ragazza chiese anche a questa donna se conoscesse la strada che portava al Principe, e come potesse trovare il castello che sorgeva a est del sole e a ovest della luna. Ma fu di nuovo la stessa storia: “Forse tu sei quella che avrebbe dovuto sposare il Principe”, disse la vecchia.
“Sì, sono io. Avrei dovuto sposarlo io”, disse la ragazza.
Ma quella vecchia strega non conosceva la strada meglio delle altre... il castello era a est del sole e a ovest della luna, questo sapeva, “E ti ci vorrà molto tempo per arrivarci, se mai ci arriverai”, disse, “Ma posso prestarti il mio cavallo, e penso che faresti meglio ad andare dal Vento dell'Est e chiedere a lui: forse lui sa dov'è il castello e può soffiarti fin lì. Ma quando arrivi da lui devi accarezzare il cavallo dietro l'orecchio sinistro, e lui tornerà a casa”, e poi le diede l'arcolaio d'oro e le disse: “Forse scoprirai che ti sarà utile.”
La ragazza dovette cavalcare per molti, lunghi giorni, e per un periodo lungo e faticoso prima di arrivare; ma alla fine arrivò, e così domandò al Vento dell'Est se sapesse la strada per raggiungere il Principe che abitava a est del sole e a ovest della luna.
“In effetti”, disse il Vento dell'Est, “ho sentito parlare del Principe e del suo castello, ma non conosco la strada, perché non ho mai soffiato così lontano. Ma se vuoi posso portarti da mio fratello, il Vento dell'Ovest: forse lui lo sa, perché è molto più forte di me. Siediti sulla mia schiena così ti porto da lui.”
Perciò la ragazza gli si sedette sulla schiena e partirono velocissimi! Quando arrivarono, il Vento dell'Est entrò e disse che la ragazza che aveva portato era quella che avrebbe dovuto sposare il Principe del castello che stava a est del sole e a ovest della luna, e che adesso era in viaggio per ritrovarlo, perciò lui l'aveva portata lì e voleva sapere se il Vento dell'Ovest sapeva dove fosse il castello.
“No”, disse il Vento dell'Ovest, “non ho mai soffiato così lontano; ma se vuoi posso portarti dal Vento del Sud, che è molto più forte di tutti e due e ha viaggiato in lungo e in largo, e lui forse può dirti quel che vuoi sapere. Puoi sederti sulla mia schiena e io ti porterò da lui.”
Lei così fece, e andarono dal Vento del Sud, e anche stavolta il viaggio non fu molto lungo. Quando arrivarono, il Vento dell'Ovest chiese se sapesse la strada per arrivare al castello che stava a est del sole e a ovest della luna, perché quella era la ragazza che avrebbe dovuto sposare il Principe che viveva lì.
“Ma tu guarda!”, esclamò il Vento del Sud, “È proprio lei? Be'”, disse lui, “ai miei tempi ho viaggiato parecchio, e sono arrivato dappertutto, ma non ho mai soffiato così lontano. Però se vuoi posso portarti da mio fratello, il Vento del Nord. Lui è il più vecchio e il più forte di tutti noi, e se lui non sa dov'è allora al mondo non ci può essere nessun altro in grado di dirtelo. Puoi sederti sulla mia schiena, ti ci porto io.”
Perciò lei gli si sedette sulla schiena, e partirono di casa in tutta fretta, e ben presto furono in viaggio. Quando furono vicino alla casa del Vento del Nord quello era così agitato e irrequieto che loro potevano sentirne gli spifferi molto prima di arrivarci.
“Che cosa volete?”, rombò da lontano, e i due rabbrividirono nel sentirlo. Il Vento del Sud disse: “Sono io, e questa è la ragazza che avrebbe dovuto sposare il Principe che vive nel castello che sorge a est del sole e a ovest della luna. Ora vuole chiederti se sei mai stato lì e puoi dirle la strada, perché lei vorrebbe andare a riprenderlo.”
“Sì”, disse il Vento del Nord, “So dov'è. Una volta soffiai fin lì una foglia di pioppo, ma mi stancai così tanto che poi per molti giorni non fui più in grado di soffiare. Però se desideri davvero andarci, e se non hai paura di andarci con me, ti porterò sulla schiena e cercherò di soffiarti fin lì.”
“Io devo assolutamente arrivarci”, rispose lei, “E se c'è un modo per farlo lo farò; non avrò paura, per quanto veloce tu possa andare.”
“Benissimo”, disse il Vento del Nord, “ma stanotte devi dormire qui, perché se vogliamo arrivarci abbiamo bisogno di tutto il giorno a disposizione.”
Il mattino seguente il Vento del Nord la svegliò presto, poi si gonfiò e divenne così grosso e forte che a guardarsi faceva paura, e poi partirono volando, e pareva che non si sarebbero fermati se non quando avessero raggiunto la fine del mondo. In basso ci fu una tale tempesta che abbatté boschi e case, e quando furono sul mare le navi affondarono a centinaia. E così proseguirono infuriando, sempre avanti, viaggiarono a lungo, e passò ancora molto altro tempo, e ancora più tempo passò, e loro erano sempre sul mare, e il Vento del Nord si faceva stanco, sempre più stanco, e alla fine era così spossato che a stento riusciva a soffiare, e calava, calava, sempre più giù, tanto giù che alla fine le onde lambivano i talloni della povera ragazza che stava portando.
“Hai paura?”, disse il Vento del Nord.
“Non ho paura”, disse la ragazza, ed era vero.
Ma non erano molto lontani dalla terra, e il Vento del Nord ebbe ancora abbastanza forza da farla arrivare sulla riva, proprio sotto le finestre del castello che sorgeva a est del sole e a ovest della luna. Ma era così stanco e stremato che fu costretto a riposarsi per diversi giorni prima di poter tornare a casa.
Il mattino seguente la ragazza si sedette accanto alle mura del castello con la mela d'oro, e la prima persona che vide fu la fanciulla col naso lungo che doveva sposare il Principe.
“Quanto vuoi per quella mela d'oro, ragazza?”, disse quella aprendo la finestra.
“Non la si può comprare né con oro né con danari”, rispose la ragazza.
“Se non la si può comprare né con oro né con danari, con cosa la si può comprare?”, disse la Principessa.
“Se mi lasci andare dal Principe che vive qui e trascorrere la notte con lui, puoi avere la mela”, disse la ragazza che era arrivata col Vento del Nord.
“D'accordo”, disse la Principessa, perché aveva già deciso cosa fare.
Perciò la Principessa ebbe la mela d'oro, ma quando quella notte la ragazza salì negli appartamenti del Principe lui dormiva, perché la Principessa così aveva macchinato. La povera ragazza lo chiamò, lo scrollò, e intanto piangeva, ma non riuscì a svegliarlo. Al mattino, non appena spuntò il sole, arrivò la Principessa col naso lungo e la fece uscire. Quel giorno lei si sedette di nuovo sotto le finestre del castello e cominciò a cardare col suo cardatore d'oro; e poi successe tutto come il giorno prima. La Principessa le chiese cosa voleva per quel cardatore, lei rispose che non era in vendita né per oro né per danari, ma che se lei lo voleva poteva lasciarla andare dal Principe e passare la notte con lui, e lei le avrebbe dato il cardatore. Ma quando andò nella stanza del Principe lui era di nuovo addormentato, e per quanto lei lo chiamasse e lo scuotesse, o per quanto lei piangesse, lui continuò a dormire e lei non riuscì assolutamente a destarlo. Quando al mattino spuntò il sole, la Principessa dal naso lungo arrivò e la mandò di nuovo via. Quando fu giorno, la ragazza si sedette sotto le finestre del castello e cominciò a filare col suo arcolaio d'oro, e la Principessa col naso lungo volle anche quello. Perciò aprì la finestra e le chiese quanto volesse per l'arcolaio. La ragazza rispose come aveva già risposto nelle occasioni precedenti: non era in vendita né per oro né per danari, ma se lei fosse potuta andare dal Principe che viveva lì e trascorrere la notte con lui, la Principessa avrebbe potuto averlo.
“Sì”, disse la Principessa, “Acconsento volentieri.”
Ma in quel posto c'erano alcuni cristiani che erano stati rapiti, e loro stavano nella stanza accanto a quella del Principe e avevano sentito una donna che era stata lì e aveva pianto, e l'aveva chiamato per due notti di seguito, e lo dissero al Principe. Perciò quella sera, quando la Principessa tornò con il suo sonnifero, lui fece solo finta di bere, ma se lo gettò alle spalle perché sospettava che fosse un sonnifero. Perciò quando la ragazza entrò nella stanza del Principe stavolta lui era sveglio, e lei dovette dirgli com'era arrivata fin lì.
“Sei arrivata appena in tempo”, disse il Principe, “Perché avrei dovuto sposarmi domani; ma non voglio sposare la Principessa col naso lungo e solo tu puoi salvarmi. Io dirò che voglio vedere cosa sa fare mia moglie e le chiederò di lavare la camicia che ha su quelle tre macchie di sego. Lei accetterà di farlo perché non sa che sei stata tu a farle. Ma nessuno può lavarle se non un cristiano: i troll non possono assolutamente farlo. E io poi dirò che potrà essere mia moglie solo la donna che riesce a pulirle, e io so che tu ci riuscirai.”
Tra loro ci fu grande gioia e allegria, per tutta la notte, ma il giorno dopo, quando le nozze stavano per essere celebrate, il Principe disse: “Devo vedere cosa sa fare la mia sposa.”
“D'accordo”, disse la matrigna.
“Ho una bella camicia che voglio indossare per le nozze, ma ci sono cadute sopra tre gocce di sego e desidero che vengano lavate; ho fatto voto di sposare solo la donna in grado di farlo. Se non sa farlo, non vale la pena sposarla.”
Era veramente un'inezia, pensarono, e acconsentirono. La Principessa col naso lungo cominciò a lavare e a fare del suo meglio, ma più lavava e strofinava più le macchie s'allargavano.
“Ah! Non sai lavare per niente”, disse quella vecchia trollessa che era sua madre, “Dai a me.”
Ma anche lei come prese la camicia in mano non fece che peggiorare la situazione, e più lavava e strofinava, più grosse e scure si facevano le macchie.
Perciò vennero altri troll a lavare, ma più lavavano più la camicia si faceva brutta e nera, e alla fine era così nera che pareva fosse stata dentro una ciminiera.
“Oh!”, esclamò il Principe, “Siete tutti dei buoni a nulla! C'è una mendicante seduta sotto la finestra, scommetto che lei lava meglio di tutti voi! Entra, ragazza, entra!”, strillò lui.
“Oh, non lo so”, disse lei, “Ma ci proverò.”
Non appena ebbe presa la camicia e l'ebbe immersa nell'acqua, quella divenne candida come neve, e anche più bianca.
“Io sposerò te”, disse il Principe.
E qui la vecchia trollessa s'infuriò così tanto che scoppiò, e anche la Principessa col naso lungo e tutti i piccoli troll devono essere scoppiati perché da allora non s'è più sentito parlare di loro.
Il Principe e la sua sposa liberarono tutti i cristiani che erano stati imprigionati lì e si portarono via tutto l'oro e l'argento che riuscirono a trasportare, e se ne andarono lontano dal castello che sorgeva a est del sole e a ovest della luna.

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