lunedì 26 dicembre 2011

A est del sole, a ovest della luna

Cari bambini, quest'oggi ho voglia di raccontarvi una fiaba, perciò vi narrerò quest'antica storia di origine norvegese, già raccontata da Peter Christien Asbjørnsen. Perciò mettetevi comodi, buoni e silenziosi e ascoltat... leggete!

A est del sole, a ovest della luna (East of the sun, west of the moon)

Illustrazione di Reginald L. & Horace J. Knowles
Tanto tempo fa viveva un povero marito che aveva molti figli e poco da dar loro, sia come cibo che come vestiti. Erano tutti belli, ma la più bella di tutti era la figlia minore, che era talmente bella che non c'erano limiti alla sua bellezza.
Una volta (era un tardo giovedì sera in autunno, e fuori c'era un tempo terribile, faceva un buio tremendo e pioveva così forte, e il vento era tanto, che le pareti della baracca tremavano) erano tutti seduti assieme davanti al focolare, ognuno impegnato in questa o in quella cosa, quando improvvisamente qualcuno bussò tre volte ai vetri della finestra. L'uomo uscì a vedere cosa potesse essere, e quando uscì c'era un enorme orso bianco.
“Buonasera”, disse l'Orso Bianco.
“Buonasera”, disse l'uomo.
“Mi dareste la vostra figlia minore?”, disse l'Orso Bianco, “Se lo farete, diventerete tanto ricchi quanto adesso siete poveri.”
Onestamente, l'uomo non aveva nulla da obiettare a diventare ricco, però rifletté: “Prima devo chiederlo a mia figlia”, perciò rientrò e disse agli altri che fuori c'era un orso bianco che aveva onestamente promesso che sarebbero diventati tutti ricchi se solo lui avesse potuto prendere con sé la figlia più giovane.
Lei disse di no e non volle neanche sentirne parlare; perciò l'uomo uscì di nuovo e si mise d'accordo con l'Orso Bianco affinché questo tornasse il giovedì sera seguente, per avere la risposta della ragazza. Poi l'uomo la convinse, e le parlò così tanto delle ricchezze che avrebbero avuto, e di che bella cosa sarebbe stata anche per lei, che alla fine la ragazza decise di andare, perciò si lavò, rammendò tutti i suoi stracci, si fece più bella che mai e si preparò ad andarsene. Aveva tanto poco da portarsi dietro.
Il giovedì sera seguente arrivò l'Orso Bianco a prenderla. Lei gli si sedette in groppa col suo fagotto, e così partirono. Quando ebbero fatto molta strada, l'Orso Bianco le disse: “Hai paura?”
“No”, rispose lei.
“Tienti stretta alla mia pelliccia e non avrai nulla da temere”, disse lui.
Così dicendo, lui corse lontano, lontano, finché non arrivarono a una grande montagna. Poi l'Orso Bianco vi bussò sopra e si aprì una porta, ed entrarono in un castello dove c'erano molte stanze vivacemente illuminate che scintillavano d'oro e d'argento, allo stesso modo brillava una sala con una tavola riccamente imbandita: era così magnifica che sarebbe difficile farvi capire quant'era splendida. L'Orso Bianco le diede una campanella d'argento e le disse che quando aveva bisogno di qualcosa non doveva far altro che suonarla, e quello che voleva sarebbe comparso. Dopo che ebbe mangiato, mentre calava la notte, alla ragazza venne sonno per il lungo viaggio, e pensò che le sarebbe piaciuto andare a letto. Suonò la campana, e l'aveva quasi appena toccata quando si trovò in una stanza dove c'era un letto preparato apposta per lei, grazioso come non mai, non si poteva desiderare di meglio per dormire. Aveva cuscini di seta e le tende del baldacchino erano di seta orlate d'oro, e tutto in quella stanza era d'oro o d'argento, ma quando lei si distese e spense la luce entrò un uomo che andò a sdraiarsi accanto a lei. Ed era l'Orso Bianco, che di notte perdeva le sembianze animali. Lei però non lo vedeva mai, perché lui arrivava sempre dopo che aveva spento la luce, e se ne andava prima che spuntasse il sole.
Per un po' andò tutto bene, ma poi lei cominciò a sentirsi triste e affranta, perché per tutto il giorno se ne doveva stare da sola; desiderava tanto tornare a casa da suo padre e da sua madre, dai suoi fratelli e dalle sue sorelle. Allora l'Orso Bianco le chiese cosa volesse, e lei disse che ci si annoiava tanto lì nella montagna, e che doveva starsene sempre da sola, e che a casa dei suoi genitori c'erano sempre i suoi fratelli e le sue sorelle, e lei era tanto triste proprio perché non poteva andare da loro.
“A questo c'è un rimedio”, disse l'Orso Bianco, “Se solo tu mi prometti di non parlare mai con tua madre da sola, ma soltanto quando ci sono anche gli altri; perché lei ti prenderà per mano”, disse, “e vorrà portarti in una stanza per parlare da sole; ma tu questo non devi assolutamente farlo, o attirerai grandi sventure su noi due.”
Perciò una domenica l'Orso Bianco arrivò e disse che adesso potevano andare dal papà e dalla mamma della ragazza, così viaggiarono fin lì, lei che gli sedeva in groppa, e fecero tanta, tanta strada, e ci volle tanto, tanto tempo; ma finalmente arrivarono in una grande fattoria bianca, e i fratelli e le sorelle correvano tutti fuori e giocavano, ed erano così belli che guardarli era un piacere.
“Adesso i tuoi genitori vivono qui”, disse l'Orso Bianco, “Ma non scordare ciò che ti ho detto, o farai del male sia a te che a me.”
“No davvero”, disse la ragazza, “Non me lo scorderò”. Non appena lei entrò in casa l'Orso Bianco si voltò e tornò indietro.
Ci furono tanti festeggiamenti quando lei andò dai genitori, che pareva non dovesse esserci mai fine. Ognuno pensava di non poterle mai essere abbastanza grato per quello che aveva fatto per loro. Adesso avevano tutto quello di cui avevano bisogno, e tutto era ottimo. Tutti le chiesero come le stesse andando lì dov'era lei. Anche lei stava benone, disse; e aveva tutto quel che poteva desiderare. Che altre risposte diede, non lo so; ma sono abbastanza certo che non abbiano saputo molto da lei. Ma nel pomeriggio, dopo che avevano pranzato a mezzogiorno, successe proprio come aveva detto l'Orso Bianco. Sua madre le voleva parlare da sola nella sua stanza. Ma lei ricordava quel che l'Orso Bianco le aveva detto, e non voleva assolutamente andare. “Quel che dobbiamo dirci, possiamo dircelo in un qualunque momento”, rispose. Ma in un modo o in un altro, alla fine sua madre la persuase, e lei fu costretta a raccontare tutta la storia. Perciò disse che tutte le notti un uomo entrava e si sdraiava accanto a lei quando le luci venivano spente, e che lei non l'aveva mai visto, perché lui se ne andava sempre prima che spuntassero le luci del mattino, e quanto fosse sempre tanto triste pensando a quanto sarebbe stata felice se solo avesse potuto vederlo, e come tutto il giorno se ne stesse da sola, ed era così noioso e solitario. “Oh!”, esclamò la mamma colma d'orrore, “È assai probabile che tu dorma con un troll! Ma t'insegno un sistema per vederlo. Prendi un pezzo di una delle mie candele, puoi portartelo via nascondendotelo in petto. Usalo per guardarlo quando dorme, ma fa' attenzione a non versargli addosso neanche una goccia di sego.”
Perciò lei prese la candela e se la nascose in petto, e quando scese la sera l'Orso Bianco venne a portarla via. Quando furono a una certa distanza, l'Orso Bianco le chiese se tutto era andato come lui aveva predetto, e lei non poté che ammettere che era andata così. “Perciò, se hai fatto come ha voluto tua madre”, disse lui, “hai attirato una grave disgrazia su di noi.”
“No”, disse lei, “Non ho fatto nulla di simile.”
Quindi quando fu tornata a casa e fu andata a letto proprio come tutte le altre volte, e l'uomo entrò e si distese accanto a lei, e la notte tardi, quando lei vide che lui dormiva, la ragazza si alzò e accese una luce, accese la candela e lasciò che la luce illuminasse l'uomo, e lo vide, ed era il principe più bello che si fosse mai visto, e se ne innamorò al punto che le pareva di poter morire se non l'avesse baciato immediatamente. Così lo baciò, ma mentre così faceva tre piccole gocce di sego rovente gli caddero sulla camicia, e lui si svegliò.
“Che cosa hai fatto?”, disse lui, “Hai attirato la sventura su di noi. Se avessi portato pazienza ancora solo per un anno io sarei stato libero. Ho una matrigna che mi ha lanciato un incantesimo, così io sono un orso di giorno e un uomo di notte; ma adesso tra te e me è tutto finito, ora devo lasciarti e andare da lei. Lei vive in un castello che si trova a est del sole e a ovest della luna, e lì c'è anche una principessa che ha un naso lungo tre metri, e adesso è lei che io devo sposare.”
Lei pianse e si lamentò, ma fu tutto inutile, perché lui se ne doveva andare. Poi gli chiese se poteva andare con lui. Ma no, non si poteva fare. “Dimmi la strada, allora, e io verrò a cercarti... questo mi sarà concesso farlo!”
“Sì, questo puoi farlo”, disse lui, “Ma anche così è impossibile. È a est del sole e a ovest della luna, e non troverai mai il modo di arrivarci.”
Quando la ragazza si svegliò il mattino dopo sia il Principe che il castello erano scomparsi, e lei era distesa su una piccola zolla erbosa nel mezzo di un bosco fitto e buio. Accanto a lei c'era lo stesso fagotto di stracci che si era portata da casa. Quando si fu strofinata gli occhi per far passare il sonno, ed ebbe pianto fino a stancarsene, si mise in cammino, e così viaggiò per molti lunghi giorni, finché non raggiunse una grande montagna. Fuori dalla montagna sedeva una vecchia che giocava con una mela d'oro. La ragazza le domandò se conoscesse la strada che conduceva al Principe che viveva con la matrigna nel castello che stava a est del sole e a ovest della luna, quello che doveva sposare una Principessa che aveva un naso lungo tre metri.
“E tu come mai lo conosci?”, domandò la donna, “Forse sei tu quella che avrebbe dovuto sposarlo?”
“Sì, sono io”, disse lei.
“Ah, sei tu!”, disse la vecchia, “Io non so niente di lui, so solo che vive in un castello che si trova a est del sole e a ovest della luna. Ti ci vorrà molto tempo per arrivarci, se mai ci arriverai; ma ti presterò il mio cavallo, con lui potrai arrivare da una vecchia mia vicina: forse lei può dirti qualcosa del Principe. Quando sei lì accarezza il cavallo dietro l'orecchio sinistro e chiedigli di tornare a casa; ma puoi tenerti questa mela d'oro.”
Così la ragazza si sedette in groppa al cavallo, e viaggiò per molto, molto tempo, e infine arrivò una montagna, fuori dalla quale sedeva una vecchia che aveva un cardatore d'oro. La ragazza le domandò se conoscesse la strada che portava al castello a est del sole e a ovest della luna, ma quella disse quel che aveva detto anche l'altra donna: “Non ne so niente, so solo che è a est del sole e a ovest della luna, e che ti ci vorrà molto tempo per arrivarci, se mai ci arriverai; ma posso darti in prestito il mio cavallo che ti porterà da una vecchia che vive vicino a me: forse lei sa dov'è il castello, e quando arrivi da lei non devi far altro che accarezzare il cavallo dietro l'orecchio sinistro e dirgli di tornare a casa”, poi le diede il cardatore d'oro perché, disse, forse sarebbe potuto tornarle utile.
La ragazza salì in groppa al cavallo e galoppò ancora a lungo, faticosamente, e dopo molto tempo arrivò a una grande montagna, dov'era seduta una vecchia che filava con un arcolaio d'oro. La ragazza chiese anche a questa donna se conoscesse la strada che portava al Principe, e come potesse trovare il castello che sorgeva a est del sole e a ovest della luna. Ma fu di nuovo la stessa storia: “Forse tu sei quella che avrebbe dovuto sposare il Principe”, disse la vecchia.
“Sì, sono io. Avrei dovuto sposarlo io”, disse la ragazza.
Ma quella vecchia strega non conosceva la strada meglio delle altre... il castello era a est del sole e a ovest della luna, questo sapeva, “E ti ci vorrà molto tempo per arrivarci, se mai ci arriverai”, disse, “Ma posso prestarti il mio cavallo, e penso che faresti meglio ad andare dal Vento dell'Est e chiedere a lui: forse lui sa dov'è il castello e può soffiarti fin lì. Ma quando arrivi da lui devi accarezzare il cavallo dietro l'orecchio sinistro, e lui tornerà a casa”, e poi le diede l'arcolaio d'oro e le disse: “Forse scoprirai che ti sarà utile.”
La ragazza dovette cavalcare per molti, lunghi giorni, e per un periodo lungo e faticoso prima di arrivare; ma alla fine arrivò, e così domandò al Vento dell'Est se sapesse la strada per raggiungere il Principe che abitava a est del sole e a ovest della luna.
“In effetti”, disse il Vento dell'Est, “ho sentito parlare del Principe e del suo castello, ma non conosco la strada, perché non ho mai soffiato così lontano. Ma se vuoi posso portarti da mio fratello, il Vento dell'Ovest: forse lui lo sa, perché è molto più forte di me. Siediti sulla mia schiena così ti porto da lui.”
Perciò la ragazza gli si sedette sulla schiena e partirono velocissimi! Quando arrivarono, il Vento dell'Est entrò e disse che la ragazza che aveva portato era quella che avrebbe dovuto sposare il Principe del castello che stava a est del sole e a ovest della luna, e che adesso era in viaggio per ritrovarlo, perciò lui l'aveva portata lì e voleva sapere se il Vento dell'Ovest sapeva dove fosse il castello.
“No”, disse il Vento dell'Ovest, “non ho mai soffiato così lontano; ma se vuoi posso portarti dal Vento del Sud, che è molto più forte di tutti e due e ha viaggiato in lungo e in largo, e lui forse può dirti quel che vuoi sapere. Puoi sederti sulla mia schiena e io ti porterò da lui.”
Lei così fece, e andarono dal Vento del Sud, e anche stavolta il viaggio non fu molto lungo. Quando arrivarono, il Vento dell'Ovest chiese se sapesse la strada per arrivare al castello che stava a est del sole e a ovest della luna, perché quella era la ragazza che avrebbe dovuto sposare il Principe che viveva lì.
“Ma tu guarda!”, esclamò il Vento del Sud, “È proprio lei? Be'”, disse lui, “ai miei tempi ho viaggiato parecchio, e sono arrivato dappertutto, ma non ho mai soffiato così lontano. Però se vuoi posso portarti da mio fratello, il Vento del Nord. Lui è il più vecchio e il più forte di tutti noi, e se lui non sa dov'è allora al mondo non ci può essere nessun altro in grado di dirtelo. Puoi sederti sulla mia schiena, ti ci porto io.”
Perciò lei gli si sedette sulla schiena, e partirono di casa in tutta fretta, e ben presto furono in viaggio. Quando furono vicino alla casa del Vento del Nord quello era così agitato e irrequieto che loro potevano sentirne gli spifferi molto prima di arrivarci.
“Che cosa volete?”, rombò da lontano, e i due rabbrividirono nel sentirlo. Il Vento del Sud disse: “Sono io, e questa è la ragazza che avrebbe dovuto sposare il Principe che vive nel castello che sorge a est del sole e a ovest della luna. Ora vuole chiederti se sei mai stato lì e puoi dirle la strada, perché lei vorrebbe andare a riprenderlo.”
“Sì”, disse il Vento del Nord, “So dov'è. Una volta soffiai fin lì una foglia di pioppo, ma mi stancai così tanto che poi per molti giorni non fui più in grado di soffiare. Però se desideri davvero andarci, e se non hai paura di andarci con me, ti porterò sulla schiena e cercherò di soffiarti fin lì.”
“Io devo assolutamente arrivarci”, rispose lei, “E se c'è un modo per farlo lo farò; non avrò paura, per quanto veloce tu possa andare.”
“Benissimo”, disse il Vento del Nord, “ma stanotte devi dormire qui, perché se vogliamo arrivarci abbiamo bisogno di tutto il giorno a disposizione.”
Il mattino seguente il Vento del Nord la svegliò presto, poi si gonfiò e divenne così grosso e forte che a guardarsi faceva paura, e poi partirono volando, e pareva che non si sarebbero fermati se non quando avessero raggiunto la fine del mondo. In basso ci fu una tale tempesta che abbatté boschi e case, e quando furono sul mare le navi affondarono a centinaia. E così proseguirono infuriando, sempre avanti, viaggiarono a lungo, e passò ancora molto altro tempo, e ancora più tempo passò, e loro erano sempre sul mare, e il Vento del Nord si faceva stanco, sempre più stanco, e alla fine era così spossato che a stento riusciva a soffiare, e calava, calava, sempre più giù, tanto giù che alla fine le onde lambivano i talloni della povera ragazza che stava portando.
“Hai paura?”, disse il Vento del Nord.
“Non ho paura”, disse la ragazza, ed era vero.
Ma non erano molto lontani dalla terra, e il Vento del Nord ebbe ancora abbastanza forza da farla arrivare sulla riva, proprio sotto le finestre del castello che sorgeva a est del sole e a ovest della luna. Ma era così stanco e stremato che fu costretto a riposarsi per diversi giorni prima di poter tornare a casa.
Il mattino seguente la ragazza si sedette accanto alle mura del castello con la mela d'oro, e la prima persona che vide fu la fanciulla col naso lungo che doveva sposare il Principe.
“Quanto vuoi per quella mela d'oro, ragazza?”, disse quella aprendo la finestra.
“Non la si può comprare né con oro né con danari”, rispose la ragazza.
“Se non la si può comprare né con oro né con danari, con cosa la si può comprare?”, disse la Principessa.
“Se mi lasci andare dal Principe che vive qui e trascorrere la notte con lui, puoi avere la mela”, disse la ragazza che era arrivata col Vento del Nord.
“D'accordo”, disse la Principessa, perché aveva già deciso cosa fare.
Perciò la Principessa ebbe la mela d'oro, ma quando quella notte la ragazza salì negli appartamenti del Principe lui dormiva, perché la Principessa così aveva macchinato. La povera ragazza lo chiamò, lo scrollò, e intanto piangeva, ma non riuscì a svegliarlo. Al mattino, non appena spuntò il sole, arrivò la Principessa col naso lungo e la fece uscire. Quel giorno lei si sedette di nuovo sotto le finestre del castello e cominciò a cardare col suo cardatore d'oro; e poi successe tutto come il giorno prima. La Principessa le chiese cosa voleva per quel cardatore, lei rispose che non era in vendita né per oro né per danari, ma che se lei lo voleva poteva lasciarla andare dal Principe e passare la notte con lui, e lei le avrebbe dato il cardatore. Ma quando andò nella stanza del Principe lui era di nuovo addormentato, e per quanto lei lo chiamasse e lo scuotesse, o per quanto lei piangesse, lui continuò a dormire e lei non riuscì assolutamente a destarlo. Quando al mattino spuntò il sole, la Principessa dal naso lungo arrivò e la mandò di nuovo via. Quando fu giorno, la ragazza si sedette sotto le finestre del castello e cominciò a filare col suo arcolaio d'oro, e la Principessa col naso lungo volle anche quello. Perciò aprì la finestra e le chiese quanto volesse per l'arcolaio. La ragazza rispose come aveva già risposto nelle occasioni precedenti: non era in vendita né per oro né per danari, ma se lei fosse potuta andare dal Principe che viveva lì e trascorrere la notte con lui, la Principessa avrebbe potuto averlo.
“Sì”, disse la Principessa, “Acconsento volentieri.”
Ma in quel posto c'erano alcuni cristiani che erano stati rapiti, e loro stavano nella stanza accanto a quella del Principe e avevano sentito una donna che era stata lì e aveva pianto, e l'aveva chiamato per due notti di seguito, e lo dissero al Principe. Perciò quella sera, quando la Principessa tornò con il suo sonnifero, lui fece solo finta di bere, ma se lo gettò alle spalle perché sospettava che fosse un sonnifero. Perciò quando la ragazza entrò nella stanza del Principe stavolta lui era sveglio, e lei dovette dirgli com'era arrivata fin lì.
“Sei arrivata appena in tempo”, disse il Principe, “Perché avrei dovuto sposarmi domani; ma non voglio sposare la Principessa col naso lungo e solo tu puoi salvarmi. Io dirò che voglio vedere cosa sa fare mia moglie e le chiederò di lavare la camicia che ha su quelle tre macchie di sego. Lei accetterà di farlo perché non sa che sei stata tu a farle. Ma nessuno può lavarle se non un cristiano: i troll non possono assolutamente farlo. E io poi dirò che potrà essere mia moglie solo la donna che riesce a pulirle, e io so che tu ci riuscirai.”
Tra loro ci fu grande gioia e allegria, per tutta la notte, ma il giorno dopo, quando le nozze stavano per essere celebrate, il Principe disse: “Devo vedere cosa sa fare la mia sposa.”
“D'accordo”, disse la matrigna.
“Ho una bella camicia che voglio indossare per le nozze, ma ci sono cadute sopra tre gocce di sego e desidero che vengano lavate; ho fatto voto di sposare solo la donna in grado di farlo. Se non sa farlo, non vale la pena sposarla.”
Era veramente un'inezia, pensarono, e acconsentirono. La Principessa col naso lungo cominciò a lavare e a fare del suo meglio, ma più lavava e strofinava più le macchie s'allargavano.
“Ah! Non sai lavare per niente”, disse quella vecchia trollessa che era sua madre, “Dai a me.”
Ma anche lei come prese la camicia in mano non fece che peggiorare la situazione, e più lavava e strofinava, più grosse e scure si facevano le macchie.
Perciò vennero altri troll a lavare, ma più lavavano più la camicia si faceva brutta e nera, e alla fine era così nera che pareva fosse stata dentro una ciminiera.
“Oh!”, esclamò il Principe, “Siete tutti dei buoni a nulla! C'è una mendicante seduta sotto la finestra, scommetto che lei lava meglio di tutti voi! Entra, ragazza, entra!”, strillò lui.
“Oh, non lo so”, disse lei, “Ma ci proverò.”
Non appena ebbe presa la camicia e l'ebbe immersa nell'acqua, quella divenne candida come neve, e anche più bianca.
“Io sposerò te”, disse il Principe.
E qui la vecchia trollessa s'infuriò così tanto che scoppiò, e anche la Principessa col naso lungo e tutti i piccoli troll devono essere scoppiati perché da allora non s'è più sentito parlare di loro.
Il Principe e la sua sposa liberarono tutti i cristiani che erano stati imprigionati lì e si portarono via tutto l'oro e l'argento che riuscirono a trasportare, e se ne andarono lontano dal castello che sorgeva a est del sole e a ovest della luna.

domenica 25 dicembre 2011

Christmas with the yours

Ci risiamo.
Fra poco, come di consueto in questo periodo, ci sarà l'ennesima riedizione di quell'usanza comune nota come “pranzo di Natale”.
Che angoscia. Che ansia.
Dal pranzo di Natale ognuno si aspetta cose diverse, ma quelle cose vuole che siano fedeli a sé stesse e costanti nel tempo.
Una variazione corrisponde a un alto tradimento.
“Come sarebbe a dire quest'anno niente tortellini in brodo? I tortellini in brodo li ho sempre mangiati. Si devono mangiare. Altrimenti non è Natale.”
Come se fossero i tortellini in brodo (o il panettone coi canditi, o la minestra di pollo e verdure, o chi per esso) a determinare la festività.
Ma non è questo ad angosciarmi.
Quel che mi angoscia di più è l'annuale incontro con LA FAMIGLIA!
Non so se avete anche voi quest'impressione, ma in occasioni del genere a me pare che i difetti di ognuno sembrino mettersi in mostra più del solito, quasi venissero esaltati dall'evento. I miei difetti, soprattutto...
Altro inghippo: quando torno in FAMIGLIA (per le feste di Natale io e G siamo ospiti dai miei) a me sembra sempre di tornare indietro nel tempo. Come se anni di lavoro ed esperienza venissero annullati da un magico colpo di spugna. Di colpo e di botto non sono più la donna autonoma e sicura di sé che tutti conoscono e ammirano (ehm...) ma torno una bimbetta impacciata e timorosa, che ha talmente tanta paura di sbagliare anche le cose più banali che poi, inevitabilmente, finisce con lo sbagliarle davvero.
Questo perché la FAMIGLIA ha un'immagine cristallizzata di noi. Ci conosce da una una vita e pensa che noi siamo sempre gli stessi. Non ha la più pallida idea che possiamo essere cambiati, e che abbiamo anche fatto tanta fatica per cambiare. Perciò se tu eri un bimbetto brufoloso e scemo, ghiotto di dolci e appassionato solo di giochi turbolenti, la FAMIGLIA sempre così ti vedrà. Anche se tu ormai sei un figo intelligentissimo, plurilaureato, amante dell'arte e che detesta i dolciumi.
Quando io torno in FAMIGLIA smetto di essere adulta e autonoma. Se voglio un caffè extra devo chiedere il permesso. Se devo uscire bisogna avvertire un mucchio di gente, e se qualcuno non è d'accordo (“Eh, no, fra un po' si pranza!”) mi tocca anche soprassedere. Non posso fumare in casa. Questo mi angustia. Devo andare sul balcone, e anche così una ramanzina da parte di qualcuno mi arriva sempre. Ogni volta che mi accendo una sigaretta parte uno spot antifumo Pubblicità Progresso... Se scatto una foto c'è sempre qualcuno che chiede perché cavolo la sto facendo. E “Fatti miei!” non è mai una risposta accettata. Potrei dire che è per lavoro. Ma quando mi sento una bimbetta impacciata mi riesce difficile parlare di lavoro. E poi le bimbette impacciate non lavorano.
Però in certi momenti è confortevole.
L'altra notte mi stavo addormentando nella mia vecchia cameretta, con la testa sul mio vecchio cuscino, guardavo le luminarie del palazzo di fronte che mi sembravano le stesse di quando avevo otto anni (probabilmente lo sono). La stessa cameretta dove davo le mie feste delle medie. Quella dove sognavo cosa avrei fatto da grande. Quella dove ho dato il mio primo bacio (causa gioco della bottiglia a una delle suddette feste delle medie). E mi sono sentita proprio come allora, con un mucchio di fantasie ancora da realizzare e tanta speranza di farcela. Mi è sembrato quasi di essere ancora in quel periodo, come se tutta la vita trascorsa nel frattempo non fosse che un sogno.
Poi mi sono girata e ho visto G che mi dormiva placidamente accanto.
E allora ho capito che non era stato solo un sogno.

NELLA FOTO: l'albero non è più quello di quando ero piccola, ma quest'angioletto ce l'ho da quando andavo all'asilo.

sabato 24 dicembre 2011

Nuvole

Adoro fotografare le nuvole :-)








Un principe sotto l'albero

È la vigilia di Natale perciò questo argomento ben si addice all'evento. Mi rivolgo ai miei lettori uomini, so che ci sono anche se tergiversano e fanno finta di nulla fischiettando e guardando altrove. “Chi? Io? Ti sbagli, sono qui solo per caso.”
Ovviamente nulla vieta alle lettrici di sbirciare e prendere spunto. Ci mancherebbe...
Comunque il succo del discorso è questo: volete fare alla vostra amata un regalo veramente speciale? Fatele trovare sotto l'albero un vero, autentico Principe Azzurro (PA, per brevità).
No, non chiedetemi in che negozi li vendono. Sto parlando di voi, sciocconi. Per una notte, trasformate voi stessi nel PA. Non ve ne pentirete. Se poi la cosa funziona, chi può dirlo?, potrete riesumare il regalo in più d'una occasione. Non è poi così difficile, non serve neppure l'intervento di una fata dotata di poteri magici. Basta un po' d'applicazione e molta (parecchia, certe volte) pazienza. Aggiungere anche buonsenso in quantità, che senza quello si rischia di far solo danni.
“Sì”, direte voi perplessi, “l'idea mi alletta. Ma come si fa?”
Cominciate col guardarvi attorno. Dov'è la vostra partner in questo momento? Sta spignattando per preparare il cenone mentre voi (è evidente) siete qui davanti al computer a grattarvi la pancia e a farvi beatamente i fatti vostri? Cominciamo male. Finite di leggere l'articolo e poi correte da lei. Per aiutarla. Molti di voi non ne saranno in grado e rischieranno solo di intralciarla finendo con l'innervosirla ulteriormente. Colpa vostra, però. Nessuno è maldestro a prescindere, è maldestro solo chi non si applica. Dite la verità: siete maldestri in cucina e in casa soltanto per evitare che vi si chieda di collaborare, vero? Sperate sempre in quel "No, tu non sei capace, lascia fare tutto a me." Furbastri. Era la stessa tattica che adottavo io da piccola, ma con me non ha quasi mai funzionato. Però ho una buona notizia: è una cosa a cui potete porre rimedio, ma non oggi. Se siete fatti così, oggi non potete far altro che star fuori dalle scatole e svolgere esclusivamente quelle incombenza che sapete fare senza combinare disastri (tipo portar fuori l'immondizia...). Ma ponetevi come proposito di cambiare a partire dall'anno prossimo.
Dunque, osservate la vostra partner. Secondo voi il suo PA cosa dovrebbe fare? Lottare contro i draghi? Sconfiggere orchi e streghe? Fare regalo costosi come anelli di diamanti e profumi pregiati? Niente di tutto questo. Vi svelo un segreto: un vero PA lo si nota nelle piccole cose di tutti i giorni, non nelle grandi (nonché rarissime, praticamente uniche) imprese. Che me ne faccio di uno che appena mi conosce scala una parete verticale per me e poi per il resto dei miei giorni si trasforma in un rompiscatole globale?
Il PA è fondamentalmente una persona attenta e premurosa. Non uno che pretende, ma uno che dà. Uno che accudisce, non uno che si lascia accudire (anche se quando la cosa è reciproca può essere molto dilettevole per entrambi). Uno che antepone sempre la felicità, la comodità, il benessere della partner al proprio (sperando, naturalmente, che la partner non se ne approfitti). Senza per questo trasformarsi in zerbino.
E senza fargliela pesare, anche se naturalmente la cosa comporterà qualche sacrificio. Insomma, pensavate che diventare un PA fosse facile come bere un bicchier d'acqua? Che si potesse farlo senza il minimo sforzo? Sbagliato!
Ricordate il detto: “Chi PA vuol diventare, sudore e sangue deve sputare”. Stavo per scrivere lacrime e sangue, ma preferisco non parlare di politica la vigilia di Natale.
Insomma, non permettete che la pigrizia, la paura di faticare, il timore di rimetterci qualcosa vi blocchino la strada che conduce alla principazzurrità. Piuttosto, cercate di capire quali sono i vostri punti deboli e lavorate su quelli.
Mettetevi nei panni della vostra partner e cercate di capire cosa lei desideri da voi. E non sempre e soltanto cosa voi desiderate da lei.
Così dovrebbe funzionare.
Fine della prima lezione, intanto vi auguro un buon Natale!

PS: in ogni caso, sotto l'albero sarà bene mettere anche qualche altro dono...

giovedì 15 dicembre 2011

Gatti e fumetti

Breve comunicazione di servizio: è uscito l'e-calendario a fumetti di Jazz&Gigi.
Per maggiori info andate qui e qui.
Grazie!

sabato 10 dicembre 2011

La parola di oggi è... FRUSTRAZIONE

Frustrazione= sf, stato psichico di depressione causato dalla mancata soddisfazione di un desiderio o di un bisogno.

Frustrare qualcuno è un'arte sottile. Non è lo stesso che rifilare un due di picche. Non è come non dare le alici al gatto. Ma è far desiderare a qualcuno qualcosa, fargliela desiderare molto e sul più bello... zacchete!... negargliela. È più come far annusare le alici al gatto (mi trovo sempre meglio a spiegare le cose usando i gatti come pietra di paragone, non capisco perché...), prepararle per bene, sistemarle nella ciotola e quando Micio è già lì con le bavette alla bocca pronto ad assaporare il prelibato boccone, levargliele all'improvviso. Perfido, vero? Naturalmente a un gatto queste cose non si fanno, ma a un umano?...
A Natale tutti sono più buoni. E chi l'ha detto? Capovolgiamo quest'usanza ormai vetusta (vetusto=agg., molto vecchio). Approfittiamo di questa melensa atmosfera natalizia per essere ancora più carogne del solito. Frustriamo il nostro partner. Si comincia da quelli più vicino a noi e poi, chissà?, passeremo al resto del mondo. Perché simulare un orgasmo solo per farlo felice? Perché far finta di essere contenti di fare l'amore con lei quando in realtà stiamo pensando a quella stangona delle pubblicità di biancheria intima? Basta con questi sotterfugi: diamo libero sfogo alla nostra perfidia più profonda facendo del male a chi ci vuol bene!

Consigli per lui: dieci frasi per frustrare la tua partner.
1) Tesoro, stasera starei volentieri con te per un'indimenticabile notte di sesso... ma purtroppo c'è la quindicesima replica di Crozza Italia e non voglio perdermela!
2) E tagliati quei capelli, che sembri Maga Magò. Come? Torni adesso dal coiffeur? E non si vede mica...
3) No, dai, non mettere quella gonna così corta. In strada ci sono dei bambini, potrebbero spaventarsi...
4) Sì, amore, penso spesso al sesso. Poi guardo te e cambio argomento...
5) A cosa penso quando faccio sesso con te? A qualunque altra cosa, naturalmente, sennò...
6) Come dici? Non facevamo l'amore da sei mesi? Soltanto??? Accidenti, mi sto proprio rammollendo...
7) No, tesoro, non soffro di una disfunzione erettile. Sei proprio tu che non mi piaci!
8) Ma no, non sei troppo truccata, anzi... ti si vede ancora la faccia.
9) Certo che ti faccio le coccole... ma mi ricordi da che parte hai la faccia?
10) Certo, ora vengo a letto con te. Finisco di contare tutte le stelle della Via Lattea e arrivo...

Consigli per lei: dieci frasi per frustrare il tuo partner.
1) No, non ti stavo paragonando a Rocco Siffredi, non lo farei mai. Ti stavo paragonando a Topolino...
2) Hai presente il Deserto del Sahara? È quello che ho tra le gambe dopo i tuoi preliminari...
3) Scusa, tesoro, non trovo più la lente d'ingrandimento...
4) Certo, amore, a chiunque può capitare un momento di defaillance... un momento, però, e a te capita sempre!
5) A cosa penso quando faccio sesso con te? A qualunque altra cosa, naturalmente, sennò... (questa è unisex)
6) Sì... sì... sì... trentasette orizzontale: il verbo dell'incosciente... ancora...
7) Come sarebbe a dire che sei già venuto? Io devo ancora partire...
8) Ammoreeeee??? Mmmmm! Hai impegni per stasera? Nooooo? Allora i piatti li lavi tu, ok?
9) Oh, no! Stasera non posso dartela. Ho lo smalto ancora fresco... da stamattina, sì. E allora?
10) Cos'è quest'odore orrendo? Saranno mica gli avanzi del merluzzo? Ah, no, sono le tue ascelle...

venerdì 9 dicembre 2011

A quel furbone...

...che è incappato nel mio blog alla ricerca di foto di donne con l'utero nudo, sperando di beccare immagini erotiche, vorrei ricordare che l'utero è un organo interno e che è erotico più o meno quanto un intestino nudo.
Comunque lo cercavi, ed eccotelo (ma se sei impressionabile evita di aprire il link perché è la foto di un'operazione chirurgica). Che te ne pare? Ti sembra più o meno sexy di un pancreas?

giovedì 8 dicembre 2011

Il magico mondo della TV

Ieri ho scoperto un mondo nuovo.
Non me l'aspettavo. Lo sospettavo ma non avevo idea che fosse così.
Io e G siamo andati ad assistere alle riprese di un programma televisivo.
Era un programma di divulgazione scientifica, non posso dirvi quale perché, come vi ho già raccontato, G tiene molto alla sua privacy.
Ebbene, io pensavo che in un programma, uno spettacolo, un evento del genere insomma, quel che contava fosse quel che avveniva in scena. Gli argomenti trattati. Gli ospiti in studio.
Mi sbagliavo.
Quel che conta davvero è il pubblico.
Io e G eravamo un po' dei pesci fuor d'acqua. Noi eravamo lì, sbagliando evidentemente, per seguire il programma, perché c'interessava.
Tutti gli altri erano professionisti. Gente che fa il pubblico abitualmente, per qualunque programma immaginabile esistente. L'argomento trattato è irrilevante, l'importante è che ci siano le telecamere.
Insomma, siamo arrivati lì come dei novellini incapaci in mezzo a gente già ben organizzata. Si conoscevano tutti, si salutavano, sapevano quando bisognava applaudire e quando si poteva andare al bagno. Parlavano degli spettatori assenti. “Ma X non c'è?” “No, oggi aveva da fare, ma l'ho visto ieri al programma di Y.” Dove? Ma nel pubblico, ovviamente. Perché gli spettatori professionisti quando guardano la TV non badano ai programmi, notano solo gli altri spettatori.
Si guardano tra loro, in pratica.
Che poi dico professionisti, ma è un termine scorretto perché il pubblico normale non viene pagato mica. Però è sempre lì, a farsi file lunghissime, a escogitare innumerevoli sotterfugi pur di avere un invito, a sorbirsi ore di riprese (una noia tremenda!!!) pur di esserci. Pur di apparire in TV e avere pochi istanti di gloria. Però hai visto mai, moltiplicando quei pochi istanti all'infinito potrebbero diventare gloria vera. Non ho dubbi che molti di loro nel loro condominio siano veri vip.
“Hai visto X del quinto piano? Ieri era in TV!”
“Apperò. Eh, si vede che è uno che ci sa fare...”

martedì 6 dicembre 2011

Ma veramente...

...volete sapere degli uomini sposati che fanno l'occhiolino alle ragazze? Be', se proprio volete la mia opinione... secondo me è perché hanno qualcosa in un occhio. Un bruscolino, una bruschetta, una trave... no, dai, l'occhiolino non si fa più. È roba vecchia e sorpassata. A meno che non siano due complici che stanno per compiere una rapina ;-)

lunedì 5 dicembre 2011

La mentina dell'amore

Non quella che si trangugia per levare l'odore dell'aglio o di altri aromi tossici in attesa di pomiciare.
Anche perché quella si sa che non funziona quasi mai...
No, questa è una nuova soluzione che le ditte farmaceutiche, sempre pronte a venirci in aiuto in caso di bisogno, hanno ideato per ovviare, almeno in parte, a un problema che pare affligga ormai un uomo su due al mondo: la disfunzione erettile.
No, no, inutile che facciate battutine o che cerchiate di nascondervi dietro risatine nervose come se la faccenda non vi riguardasse, o miei garruli lettori. È qualcosa che può capitare a chiunque, anche in giovane età. Ed è come una spirale malsana, perché ora che ti succede una volta poi subentra la paura che ti ricapiti ancora, e ancora, e così finisce che è la fifa a mandarti in bianco anche se tu magari non hai niente.
Ma comunque, hanno inventato questa mentina. Pare sia proprio come una banale mentina di quelle bianche che dovrebbero garantire l'alito fresco. Sa di menta, si scioglie in bocca come una caramella, non interagisce con l'alcol ed è comoda da prendere.
I dottori però tengono a ricordare che è comunque un farmaco e che va assunta solo dietro visita e prescrizione medica, non a caso come fosse... una mentina.
Morale della favola: se qualcuno ti offre una mentina, non necessariamente sta cercando di farti capire che hai l'alito pesante!

domenica 4 dicembre 2011

La parola di oggi è... PRESERVATIVO

Preservativo= sm; sottilissima guaina di gomma (prevalentemente lattice) da indossare sul pene eretto durante l'atto sessuale allo scopo di prevenire gravidanze indesiderate e la diffusione di malattie a trasmissione sessuale, quali la gonorrea, la sifilide e l'HIV. Sinonimi: condom, profilattico, guanto (popolare), goldone (popolare). Termini generici: anticoncezionale, contraccettivo, antifecondativo.

Quanto sia vecchio il preservativo è argomento ancora dibattuto tra gli archeologi. Si sa per certo che in Asia esisteva già prima del XV° secolo A.C., ma probabilmente veniva usato solo dalle classi sociali più abbienti. I preservativi più antichi erano fatti con intestini animali, specialmente di pecora (ma nell'antica Cina li avevano anche di carta di seta), solo con l'arrivo del processo di vulcanizzazione (nel 1844 a opera di Charles Goodyear) si è cominciato a usare la gomma. Il primo preservativo in gomma venne fabbricato nel 1855 ed era piuttosto spesso, grossomodo quanto la camera d'aria di una bicicletta.
Nel XVI° secolo Gabriele Falloppio scrisse un trattato sulla sifilide: è il primo documento scritto che testimonia l'utilizzo del preservativo. Quello descritto da Falloppio è fatto di stoffa intrisa in sostanze chimiche e poi fatta asciugare, e viene consigliato per prevenire la diffusione della sifilide.
Invece il primo documento dove viene testimoniato l'utilizzo del condom come anticoncezionale in Europa risale al 1605, quando il teologo tedesco Leonardus Lessus lo definisce “immorale” nel suo saggio De iustitia et iure. Nel 1666 la Commissione Inglese per la Natalità attribuisce il recente calo delle nascite proprio all'utilizzo del profilattico.
Dal rinascimento in poi il preservativo poteva essere fatto, oltre che di stoffa o di intestini animali, anche di pelle o di cuoio. Giacomo Casanova era solito utilizzarlo come metodo anticoncezionale (dicono che a tale scopo Casanova utilizzasse anche le bucce di limone, ma io personalmente se fossi un maschio non credo che vorrei infilare il pisello in un mezzo limone, per quanto privato della polpa...).
Dal XVIII° secolo il preservativo incontra innumerevoli opposizioni sia in campo politico che religioso. Perché? Perché secondo i suoi detrattori, prevenendo le gravidanze indesiderate e la diffusione delle cosiddette malattie veneree, il preservativo non farebbe altro che incoraggiare la promiscuità sessuale.
All'inizio del XIX° secolo il preservativo veniva per la prima volta proposto alle classi più povere, per facilitare il controllo delle nascite. I primi movimenti femministi di quest'epoca, però, si opponevano al suo uso perché sostenevano che i metodi di controllo delle nascite andassero affidate esclusivamente alle donne e disapprovavano metodi di controllo maschili, qual è appunto il preservativo.
Nell'Ottocento in molti stati il preservativo era illegale e il suo uso veniva scoraggiato. Altre opposizioni sollevate contro il condom erano il prezzo elevato e la facilità con cui si poteva rompere o sfilare. Sigmund Freud era contrario all'uso del profilattico perché sosteneva che il suo utilizzo riducesse l'eccitazione sessuale. Nel 1930 l'enciclica papale Casti connubii condanna l'utilizzo di tutti i metodi anticoncezionali artificiali.
Ciononostante, dal XIX secolo a oggi, il preservativo resta l'anticoncezionale più popolare e diffuso, in quanto economico e di facile utilizzo, resta ancora uno dei più sicuri (le possibilità di rottura sono appena del 2,3%) e, a differenza di altri metodi, ha un'importante funzione nella prevenzione delle malattie a trasmissione sessuale.
Però a qualcuno fa ancora paura...

venerdì 2 dicembre 2011

La parola di oggi è... CONTROCORRENTE

Controcorrente= A, sf, corrente che si muove in direzione opposta a un'altra vicina e parallela. B, avv., in direzione contraria a quella di una corrente. Es.: nuotare controcorrente. Andare controcorrente (fig.): seguire opinioni contrarie a quelle generalmente diffuse.

So che, visto il titolo del blog, sto per darmi la zappa sui piedi (“Darsi la zappa sui piedi”, fig.= ragionare contro il proprio interesse). Ma questa storia dell'andare controcorrente è veramente un po' troppo di moda. Tutti vogliono esprimere idee controcorrente. Ci tengono. Se ne fanno un punto d'onore.
“So di esprimere un'opinione controcorrente...”
“Il mio parere sarà certamente controcorrente...”
“Perché io sono sempre stato controcorrente...”
Tutti questi pareri controcorrente alla lunga mi puzzano di fregatura. Sono talmente in tanti a dire di andare controcorrente che alla fine mi viene da chiedermi: ma la corrente qual è?
E poi, avete notato? Molte volte la scusa dell'essere controcorrente serve solo a mascherare quello che è un pensiero sostanzialmente stupido. “Non sei d'accordo con la mia opinione? È perché è controcorrente...”
No, caro mio, non è controcorrente... è solo una cavolata immane!

giovedì 1 dicembre 2011

Grande Quiz: t'intendi di cucina? Le soluzioni!

STOP! Dichiaro ufficialmente chiuso il grande quiz di cucina fornendovi, finalmente, le risposte. Certe cose non ve le aspettavate, vero?

1) A che serve l'acciarino?
c) È una barra d'acciaio zigrinato che serve ad affilare i coltelli.
2) Che cos'è l'acquacotta?
c) È una minestra toscana a base di funghi.
3) Cos'è l'aglianico?
b) È un vitigno diffuso in Basilicata e in Campania.
4) L'assafetida è...
c) Una spezia pregiata, molto amata dagli antichi romani, ottima sul pesce e sul pollo.
5) Avvinare significa...
b) Eliminare odori da bicchieri e caraffe sciacquandoli col vino.
6) Cos'è la bastardella?
b) Un recipiente di metallo, una sorta di catino, dalla forma irregolare.
7) Che cos'è il biancomangiare?
a) Un budino napoletano di origine francese senza uova ma a base di latte, scorza di limone e colla di pesce.
8) La busecca è...
b) Una pietanza milanese a base di trippa tagliata a fettine e cotta con sedano, carote, cipolle, fagioli e brodo di carne.
9) Da cosa si ricava il caglio?
c) Dallo stomaco dei bovini. Contiene un enzima coagulante utile nella preparazione dei formaggi.
10) Che cos'è il campanello?
b) Un taglio pregiato di carne, ideale per arrosti, stufati e scaloppine.
11) La caponata è a base di...
c) È un antipasto a base di verdure, tipico della cucina siciliana.
12) Cos'è la copertina?
b) Un taglio di carne bovina. Di cottura lenta, usato specialmente per brodi e bolliti.
13) Cordon Bleu: sai di cosa si tratta?
a) È un cuoco di grande esperienza e talento. Il termine prende nome da un'onorificenza francese.
14) Come si fa a crogiolare?
a) Bisogna cucinare a lungo a fuoco basso.
15) Con una cuccuma ci fai...
b) La cuccuma si usava un tempo per il caffè in polvere.
16) La defecazione è una pratica che consente di...
b) Per quanto il termine possa dare origine a equivoci, indica la pratica che serve a separare le parti solide dal mosto quando si fa il vino.
17) Dindo è un altro nome di... di cosa?
b) Del tacchino.
18) Edule significa...
a) Commestibile.
19) Il termine etereo indica...
c) Un vino invecchiato dal bouquet molto ricco. Il termine si riferisce alla presenza di eteri, presenti appunto nei vini invecchiati, non alla leggerezza.
20) Che cos'è la fasolara?
b) Un piccolo mollusco bivalve buono sia crudo che cotto.
21) Cos'è la feccia?
a) Fondi di vino. Questa era facile ;-)
22) Il frangipane è...
b) Una crema a base di amaretti e mandorle. Si usa per farcire crostate e altri dolci e deve il suo nome al nobile romano Muzio Frangipane.
23) Se dico frescume mi riferisco a...
b) È la puzza di uova che rimane sulle stoviglie mal lavate.
24) Cos'è la fugassa?
a) È la focaccia ligure. Facile anche questa ;-)
25) Il gallinaccio è
a) Un fungo, detto anche finferlo.
26) La genovese è una pietanza napoletana a base di...
b) Cipolle. Da usare in quantità industriali per cuocere la carne. La salsa della genovese è ottima anche sulla pasta. Si chiama genovese, nonostante sia napoletana, perché stando alla leggenda è stata inventata da cuochi genovesi che avevano una taverna a Napoli.
27) La giuggiola è famosa per l'espressione “andare in brodo di giuggiole”. Ma cos'è?
b) Un frutto. Grosso quanto un'oliva, va fatto avvizzire prima di consumarlo. Crudo, quindi non serve a farci il brodo.
28) Gourmand significa...
b) Ghiottone. Da non confondere con gourmet, che invece è un buongustaio.
29) Il termine guazzetto indica...
a) Un condimento liquido nel quale cuocere il cibo.
30) In termini strettamente tecnici, cos'è un intingolo?
a) In termini strettamente tecnici, è un fondo di cottura. In termini non tecnici è anche una salsa nella quale fare scarpetta. Questa era una domanda-trabocchetto. Ma vista la precisazione sul termine tecnico, mi dispiace per voi ma la risposta valida è la a  ;-)
31) Che cos'è il lodigiano?
a) Un formaggio tipo grana prodotto, appunto, nel Lodigiano.
32) Sai cos'è il maccarello?
b) Un pesce di mare. Lo sgombro, per l'esattezza.
33) Il marzapane novarese è una specialità piemontese e si tratta di...
c) Un salume fatto con sangue di maiale, pancettone, pane, aglio, sale, pepe e altre spezie..
34) Se un vino è millesimato vuol dire che...
c) Sull'etichetta è indicata l'annata.
35) Che cos'è la mollica lo sappiamo tutti. Sappiamo anche come si pronuncia?
b) Con l'accento sulla i. Molti la mettono sulla o, ma non è esattamente corretto (checché ne dicano i lombardi :-P). Sulla a, invece, la mettono solo Clouseau e Poirot...
36) La navicella è...
a) Un elemento della pesciera. Si tratta di quella piastra bucherellata che serve a sollevare il pesce dall'acqua di cottura senza romperlo.
37) Una ricetta della nonna è, fondamentalmente...
b) Una ricetta semplice. Nulla le vieta di essere anche antica o sostanziosa, ma fondamentalmente è una pietanza di facile realizzazione.
38) Sai cos'è l'ombrina?
b) È un pesce di mare. Nel gusto ricorda la spigola, o branzino.
39) Se ti offro del paciugo ti sto offrendo...
a) Una coppa di gelato con sciroppo, panna montata e frutta. Mica male, no?
40) Il pesasciroppi si usa sugli sciroppi e serve a misurarne...
b) La densità. I nomi certe volte ingannano...
41) La porcellana è...
c) Un'erba spontanea ottima in insalata.
42) Ti chiedo “Passami il ramaiolo!” e tu mi porti...
a) Un mestolo. Di rame, ovviamente ;-)
43) Il rapanello è ottimo in insalata, ma sai cos'è?
b) Una varietà di rafano.
44) Sbarbare vuol dire...
c) Tagliare le pinne dei pesci. O anche levare le barbe alle ostriche.
45) In cucina la sgorbia è un coltello che serve a...
a) Decorare frutta e verdura.
46) Soffriggere significa...
c) Rosolare. Ovvero scottare un alimento in padella con una minima quantità di grassi facendogli assumere il tipico colore brunito.
47) Che cos'è un sospiro?
a) Un dolcetto sardo a base di mandorle, zucchero e albume montato a neve.
48) Che ci puoi fare con lo spelucchino?
c) Scavare la frutta o la verdura, ma anche pelarla, sbucciarla e modellarla.
49) Le taccole sono legumi, e fin qui ci siamo. Ma che tipo di legumi?
c) Piselli.
50) La torta caprese si fa con...
a) È una torta dolce a base di mandorle sminuzzate e cioccolato, senza farina.
51) Un piatto trifolato è...
b) Condito con aglio e prezzemolo tritati.
52) Le uova bazzotte sono...
a) Le uova bazzotte, o barzotte, sono uova bollite per tre-cinque minuti in modo che tuorlo e albume non si rapprendano completamente come invece avviene per le uova sode.
53) Sai cos'è la ventresca?
b) Una parte del tonno. Per la precisione quella del ventre, la più tenera e delicata. In certe zone d'Italia la ventresca è anche la pancetta di maiale.
54) Le visciole sono...
a) Ciliegie.
55) Con lo zucchero alla grande bolla cosa puoi fare?
b) È zucchero cotto a 120-125° e serve a fare il torrone duro tradizionale.