Accademico della Crusca: s.m., insulto da rivolgere a chi ci fa notare i nostri strafalcioni. All'Accademico della Crusca si può reagire in quattro modi: la giustificazione (“no, ma lo so benissimo che si scrive 'sono andato' e non 'ho andato', solo che mi sono sconfuso!”); la risposta filosofica ("è il pensiero che conta, non la gramattica!"); la negazione (“guarda, che è giusto anche così, 'vada da mamma a dirgli' e 'vado da mamma a dirle' è uguale: sempre da mamma vado!”); l'aggressione offesa (“oh, ma come ti permetti??? guarda che a me l'itagliano non me lo impara nesuno!”). Sinonimi: maestrina dalla penna rossa, secchione, brutto sfigato che non ha una vita propria e per questo va a fare le pulci agli altri facendomi fare una figura di m€#¶@ online, eccetera...
Il termine “Accademico della Crusca” deriva dall'Accademia della Crusca, la nota società per la protezione della lingua italiana fondata a Firenze nel XVI° secolo. La società deve il suo nome proprio al frumento, perché il fine che si pone è quello di separare le parole buone da quelle cattive (ovvero quelle giuste da quelle sbagliate), così come si separa il grano dalla crusca.
Perciò non mi sembra proprio che “Accademico della Crusca” possa essere considerato in insulto, a meno di non essere molto ignoranti e non sapere cosa sia.
Nella foto, Francesco Redi: poeta, intenditore di vini e Accademico della Crusca del XVIII° secolo.
PS: già che parliamo di parole e nomi, vi dò due dritte: Ornette Coleman è un sassofonista free jazz, l'inchiostro per le fotocopie si chiama toner (deriva da “to tone”, virare, modificare, perché modifica i colori di stampa tramite processi chimici), il palazzo celebre di Torino è Palazzo Madama, un vino rosso della Valtellina è il Sassella e l'opera di Rossini con Selim e Fiorilla è Il Turco in Italia.
Io però non v'ho detto nulla!
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