Ieri mattina in casa mia è scoppiata una piccola bomba. Mi ha telefonato mia madre, assai irritata, dicendo che il vecchio portinaio Anselmo l'aveva chiamata perché era da due mesi che non passavo alla vecchia casa e c'era un mucchio di posta accumulata. È stato inutile spiegarle che ormai lì m'arriva solo pubblicità: mamma era irremovibile nel suo fiero furore. E deve aver anche diffuso la voce, perché dopo di lei hanno chiamato anche papà, la Vale e l'inossidabile zia Ramona. Il messaggio per me era sempre lo stesso: che sono una sciattona disattenta, che non porto rispetto per gli altri e per me stessa, che non mi curo delle cose pratiche della vita, che prendo tutto sottogamba e per questo farò una brutta fine, e blablablà.
Così ieri m'è toccato andare alla casa vecchia a ritirare la posta vecchia.
“Però Anselmo il tuo numero ce l'ha”, ha commentato G mentre uscivo, “Non poteva chiamare direttamente te? Che bisogno aveva di telefonare a tua mamma sollevando tutto 'sto vespaio?”
Eh, già. Che bisogno ne aveva?
D'accordo che con lei è sempre andato più d'accordo che con me, però... che vespaio inutile!
Come quella volta che zia Ramona credeva d'avermi vista in Piazza Duomo. Sosteneva che m'aveva salutata e che io l'avevo guardata e avevo tirato dritto senza ricambiare il saluto. Perciò s'era offesa con me. Ma invece di chiamarmi e dirmelo aveva telefonato ai miei per dir loro che figlia maleducata avevano, e blablabà. E i miei mi avevano chiamato per lamentarsi a loro volta, e che vergogna ero per la famiglia, e dovevano sempre (sempre???) sentire lamentele sul mio conto, e nel giro di poche ore lo sapevano già tutti i parenti, i collaterali e gli affini e blablabà.
E poi era venuto fuori che zia Ramona quel giorno s'era scordata gli occhiali, e che quella che aveva visto non ero io ma solo una che mi somigliava, anche perché io in Piazza Duomo non ci passavo da un mese e non possedevo il cappotto color melanzana che lei diceva d'avermi visto indosso.
Ma questo è irrilevante, il punto è che se aveva qualcosa da ridire poteva riferirlo direttamente a me, senza suscitare un vespaio inutile.
Ma cos'è, quindi, un vespaio?
Bruno Vespa non c'entra, incredibile a dirsi.
Un vespaio, come dice la parola stessa, è un nido di vespe.
Cosa succede quando si solleva, si stuzzica, si agita un nido di vespe? Che le vespe s'arrabbiano, giustamente, e poi cominciano a ronzare e a pungere il loro tormentatore.
Quindi “sollevare/stuzzicare/suscitare un vespaio” significa “causare proteste, critiche, complicazioni e simili”. Far sì che gli altri si arrabbino e/o si lamentino parecchio, cioè.
Certe volte suscitare un vespaio attorno a un argomento, un avvenimento, è utile a far sì che la gente non lo trascuri, non lo sottovaluti.
A volte un vespaio serve a distrarre l'attenzione da qualcosa che si preferisce venga ignorato. Per esempio, se io voglio che tu non presti attenzione al fatto A, allora suscito un vespaio sul fatto B, così tu pensi solo al fatto B e ti dimentichi del fatto A.
Ma generalmente, nella vita di tutti i giorni, un vespaio viene sollevato solo per fare polemica, per attirare clamore, per mettersi al centro dell'attenzione. Zia Ramona, per esempio, voleva che tutta la famiglia sapesse quanto si fosse sentita mortalmente offesa. Se avesse parlato solo con me lei non sarebbe più finita sotto i riflettori.
E certa gente proprio non tollera di non stare al centro dell'attenzione.
Comunque alla fine la posta che ho ritirato ieri consisteva in mezzo chilo di volantini pubblicitari. Come volevasi dimostrare!
----- NOTE
Vespaio è anche un termine architettonico, che indica una camera d'aria fatta di materiale poroso che si pone sotto il pavimento allo scopo di isolarlo dal terreno.
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