domenica 25 novembre 2012

Pelle d'Asino: una storia torbida

Illustrazione di Harry Clarke
Eccoci di ritorno con un'altra fiaba, stavolta di Charles Perrault. Come vi avevo già spiegato, questo non vuol dire che la fiaba l'ha scritta Perrault, ma solo che lui l'ha raccolta dalla tradizione orale e riscritta. Io invece la ri-racconto a modo mio.
Se la Bella Addormentata nel Bosco parlava di cannibalismo, Pelle d'Asino, come vedremo, affronta la scottante tematica dell'incesto. Le fiabe vere sono roba forte, non cartoni animati e musical.
Vedremo anche che Pelle d'Asino, alla fin fine, non è altro che una delle mille varianti di Cenerentola.


Pelle d'Asino

C'era una volta un Re che poteva ben dirsi felice, perché aveva tutto quel che un re possa desiderare. Un reame ricco, pieno di sudditi leali che gli volevano bene, un castello magnifico colmo d'ogni ricchezza, e soprattutto una moglie bellissima e intelligente che lo amava e che lui a sua volta amava molto. Il loro era un vero matrimonio d'amore, non di ragion di stato, e quel matrimonio era stato benedetto dall'arrivo di una figlia bellissima, intelligente e studiosa che non si potrebbe desiderare di meglio. E infatti il Re e la Regina erano così contenti di lei, che non sentivano la mancanza di un erede maschio.
Come se non bastasse, nelle scuderie reali c'era un'asina bella come non si può dire che anziché normale cacca produceva quotidianamente secchiate di monete d'oro.
Ma siccome la jella non guarda in faccia nessuno e colpisce tanto i re quanto i poveracci, un brutto giorno la scalogna si abbatté sul Re e fece ammalare gravemente la Regina. I migliori medici del mondo non riuscirono a salvarla e la poverina morì.
Mentre stava spirando il Re le teneva la mano, e piangeva sconsolato.
“Non piangere, amor mio”, gli disse la Regina, “piuttosto devi farmi una promessa. Quando non ci sarò più tu ti devi risposare.”
“No, no”, il Re scoppiò in lacrime, “Non chiedermi tanto. Io dopo di te non vorrò mai più un'altra donna.”
“E invece ti devi risposare, che tu lo voglia oppure no”, mormorò la santa donna con quel po' di fiato che le rimaneva, “Perché hai delle responsabilità, e hai il dovere di dare al tuo regno un erede maschio. Solo promettimi che non sceglierai come seconda sposa una che non sia alla mia altezza come bellezza e come intelligenza. Promettimelo e io morrò in pace.”
Il Re promise e la Regina spirò.
Poi il Monarca si avvolse nel suo dolore e tanto era inconsolabile che trascurò completamente gli affari di stato. Non se ne scordarono però i suoi ministri, i quali un bel giorno andarono da lui a dirgli che sì, doveva proprio scegliersi un'altra moglie, un po' per consolarsi e un po' perché senza un erede maschio erano bei casini. Insomma, la Principessa si sarebbe sposata e se ne sarebbe andata via, e il Reame sarebbe rimasto senza eredi e in balìa di tutti gli stati confinanti. Ci sarebbero state guerre, sofferenze, calamità. E tutto per colpa sua. Alla fine il Re si convinse, ma avvertì i ministri della promessa fatta alla Regina in punto di morte.
I ministri sospettarono che la Regina gliel'avesse estorta per impedirgli di risposarsi, dal momento che era ben difficile trovare qualcuna che fosse bella e intelligente quanto lei, ma ebbero il buonsenso di non dirlo. E poi comunque ormai aveva promesso, e siccome parola di Re è parola di Re (non so se ve l'ho già detto, ma ciò vuol dire che nelle fiabe i governanti non possono mai, e per nessun motivo, venir meno alla parola data. E anche da questo si capisce che sono fiabe), il nostro Sovrano si mise a guardare tutti i ritratti delle principesse in età da marito per sceglierne una adatta. Non so come andasse, immagino avessero una sorta di catalogo illustrato delle pulzelle impalmabili. A ogni modo il Re non trovò nulla che fosse all'altezza della defunta Regina e cominciò a deprimersi veramente tanto, finché, un brutto giorno, l'occhio gli cadde sulla Principessa sua figlia, la quale era appunto in età da marito. In quel fatale istante il Re si accorse che la Principessa era praticamente identica alla madre, anzi, se possibile era ancora più bella e più intelligente. E un po' il dolore per il lutto, un po' la stanchezza per la ricerca infruttuosa, un po' il fatto che era ormai in astinenza da parecchio tempo e l'ormone esigeva la sua parte, un po' vai a sapere cosa, ma al Re andò in tilt il cervello e si mise in testa d'essersi innamorato di sua figlia.
Perciò la fece chiamare e le comunicò che di lì a breve si sarebbero sposati.
Non vi dico come la prese male la Principessa! Ovviamente rifiutò, cercò di farlo rinsavire, ma il padre era ormai del tutto ammattito e non volle sentire ragioni. Arrivò addirittura a pagare un mago corrotto affinché convincesse la Principessa che sposare il proprio padre fosse cosa buona e giusta.
La Principessa non si lasciò convincere e invece si ritirò nelle sue stanze per lamentarsi e chiedere aiuto alla sua Madrina, la Fata dei Lillà.
Perché una principessa non può avere per madrina una povera crista qualsiasi, no: o una fata (generalmente rimbambita) o niente.
“È un brutto guaio”, disse la Fata, “Ma tu forse puoi cavartela chiedendo come dono di nozze un regalo impossibile.”
Così, seguendo le istruzioni della Fata, la Principessa andò dal Re e gli disse: “Papà, ho deciso: ti sposerò solo quando riuscirai a procurarmi un vestito color del tempo.”
Color del tempo, avevano pensato le due donne, e quando mai lo trova?
E invece il Re lo trovò. O meglio, mise sotto torchio le sartorie reali e queste sfornarono per la Principessa un abito da sera d'un celeste più celeste del cielo, e attraversato da una delicata trama di nuvole d'oro. Insomma, uno splendore.
“Fata, abbiamo sbagliato. Qui ci vuole un'altra idea.”
“Trovato: chiedi un vestito color della luna.”
La Principessa lo chiese e il Re glielo fece fare in neanche due settimane: un abito dai mille riflessi d'argento, così bello che la Principessa quando lo indossò pianse per la commozione, e anche per il fallimento del piano.
“Ci sono”, propose la Fata dei Lillà, “Pretendi un abito color del sole. Questo è impossibile da procurare. E se ci riesce se non altro ci avrà lasciato tempo per pensare a una via di fuga.”
E anche l'abito color del sole arrivò, così bello e scintillante che a guardarlo si rischiava di restare abbagliati, e infatti dicono che fu in quel periodo che cominciò la moda degli occhiali da sole.
“Ho avuto un'altra idea”, disse la Fata alla Principessa, che cominciava a perdere speranze sulle capacità della sua Madrina, “Chiedi la pelle dell'asina. Vedrai che quella non te la può concedere: è troppo affezionato a quella bestia, e poi gli frutta troppi quattrini per rinunciarci.”
Non avevano fatto i conti con l'insana passione del Re, il quale era così determinato che quella sera stessa fece trovare alla Principessa la pelle dell'asina, elegantemente ripiegata sul suo letto.
“E adesso?”, esclamò la Principessa scoppiando in lacrime, “Che posso fare? Io non voglio sposare mio padre. È una cosa ripugnante!”
“Tranquilla!”, disse la Fata dei Lillà col suo consueto e ingiustificato ottimismo, “Smetti di piangere e segui le mie istruzioni. Avvolgiti in questa pelle d'asino e scappa di qui, scappa più lontano che puoi. Non preoccuparti dei bagagli, a quelli ci penso io”, e qui la Principessa si preoccupò, “te li farò avere magicamente. Tu prendi solo questa bacchetta magica, la userai tutte le volte che vorrai parlarmi o ti serviranno le tue cose.”
E così la Principessa si vestì da sguattera, si sporcò tutta, indossò la pelle d'asino e scappò via.
Camminò parecchi giorni, ma non riuscì a trovare ospitalità da nessuna parte perché sembrava così brutta e sudicia che nessuno la voleva.
Infine giunse nei pressi di una città, e finalmente venne assunta in una fattoria come sguattera, per badare ai polli e ai porci.
Doveva sembrare veramente una cozza maleodorante, perché era disprezzata da tutti, e questo la faceva sentire assai depressa.
Ogni tanto, giusto per assicurarsi d'essere ancora se stessa, si lavava la faccia e si guardava allo specchio. E solo quando capiva d'esser sempre bella sotto gli strati di unto e di lerciume, tornava a sorridere.
È emblematico che la Principessa divenisse brutta a causa della sporcizia in una fiaba scritta in un'epoca in cui i nobili si facevano vanto di non lavarsi mai, non trovate?
Ma torniamo a noi. Pelle d'Asino, perché è così che tutti chiamavano la Principessa, prese l'abitudine di lavarsi, pettinarsi, agghindarsi e mettersi i suoi bei vestiti (fortunatamente questa magia funzionava) tutte le domeniche, quando gli altri andavano a messa e lei rimaneva da sola alla fattoria. Allora lei si chiudeva nella sua cameretta e si pavoneggiava allo specchio, con quegli abiti che riempivano tutta la stanza tanto erano ampi (o tanto era piccina la stanza, o entrambe le cose), e in sostanza “giocava alla principessa”.
Un giorno capitò ospite in quella fattoria il Principe di quel regno, che tornava dalla caccia. La domenica tutti andarono a messa e lui decise di ingannare la noia esplorando la casa. Capitò in un corridoio stretto e buio, ma da sotto una porticina in fondo filtrava della luce. Era la stanza di Pelle d'Asino e lui andò a vedere cosa mai potesse fare tanta luce nella camera di una sguattera. Sbirciò dal buco della serratura e vide Pelle d'Asino. Che no, non era tutta nuda come nell'illustrazione che ho usato, ma indossava proprio il suo vestito color del sole. Ed era così bella che il Principe se ne innamorò all'istante.
Quando tornò al suo Castello era così ammalato d'amore che gli venne la febbre alta e dovette mettersi a letto, e i medici di corte temettero seriamente per la sua vita, ma non riuscirono a capire che malanno avesse.
“Che c'è, figliolo?”, gli disse il Re suo padre, preoccupato, “Perché sei malato? Che posso fare per aiutarti? Vuoi salire sul trono al mio posto? Va bene. Sei innamorato di qualche principessa di un paese nemico? E papà tuo te la fa sposare. Lo sai che farei qualunque cosa pur di farti guarire.”
Il Principe alla fine disse che non desiderava tutte quelle cose, ma che era sicuro che sarebbe migliorato se avesse potuto mangiare una torta fatta dalle mani di Pelle d'Asino, la sguattera che lavorava alla fattoria dove lui si fermava sempre quando andava a caccia.
La Regina pensò che fosse una pretesa ben strana, ma diamine!, era così modesta che non se la sentì proprio di rifiutargliela. Evidentemente quella Pelle d'Asino doveva essere molto brava con le torte!
Quando Pelle d'Asino seppe che il Principe aveva chiesto espressamente una torta fatta da lei, il cuore le schizzò nel petto. Perché lei aveva visto il Principe dalla finestra della sua cameretta e se ne era innamorata all'istante, ma mai avrebbe pensato che anche lui l'avesse notata.
Perciò non appena rimase da sola corse ad agghindarsi, perché anche se il Principe non poteva vederla lei voleva farsi bella per lui, e preparò la torta. E non si accorse di un anellino che le si sfilò dal dito e finì nell'impasto.
Quando il Principe ricevette la torta la mangiò con tanta foga da far preoccupare i medici, e infatti a momenti si strozzò. Questo capitò quando gli venne in bocca l'anellino perso da Pelle d'Asino.
Era un bellissimo smeraldo montato su una fascetta d'oro molto semplice, ma era così piccolo che solo un dito molto esile poteva calzarlo.
“Mamma, papà”, disse, “ho preso una decisione: sposerò solo la fanciulla che riuscirà a indossare quest'anello.”
E così tutte le fanciulle del regno vennero chiamate a provare l'anello. A partire dalle principesse, e a scendere alle contesse, alle duchesse e alle baronesse, e poi le ereditiere, e poi le fanciulle normali, e poi le cameriere e infine anche le sguattere. Insomma, tutte. Ma nessuna di loro aveva dita così esili e delicate da poter infilare l'anello.
“L'avete fatto provare a tutte?”, chiese il Principe al Primo Ministro.
“A tutte!”, rispose l'uomo.
“Tutte tutte? Anche Pelle d'Asino?”
“Be', veramente...”, il Ministro tentennò, perché a tutti Pelle d'Asino appariva così racchia e sudicia che, andiamo... a lei no!
Ma il Principe insistette, così alla fine Pelle d'Asino venne convocata a Palazzo per la prova dell'anello.
Non vi dico il tumulto di sentimenti che le prese quando ricevette la convocazione! Perché anche se viveva tra i polli e i porci, lei si teneva informata, e l'aveva capito che l'anello di cui tutti cercavano con tanto clamore la proprietaria era il suo, quello che aveva perso mentre faceva la torta. E questo voleva dire che chissà come anche il Principe provava qualcosa per lei. Voleva sposarla! Wow!
Perciò corse a lavarsi, agghindarsi, truccarsi, farsi bella e profumarsi. Ma poi, sopra il vestito color della luna, gettò la vecchia e unta pelle d'asino, così nessuno avrebbe potuto sospettare chi era in realtà. Ma quanto doveva essere grossa, 'sta pelle d'asino, da coprire un abito ampio come quello? E quanto forte il tanfo, da mascherare quello dei profumi? Bah! Misteri delle fiabe!
Comunque, Pelle d'Asino si presentò, tutta tremante, al cospetto del Principe.
“Siete voi Pelle d'Asino?”, le domandò lui.
“Sì, mio signore.”
“Siete voi la sguattera che abita in una stanzetta in fondo a un corridoio buio, alla fattoria?”
“Sì, mio signore.”
“Porgetemi la mano.”
E da sotto quella sudicia pelle equina, la ragazza porse la manina più candida e delicata che si sia mai vista, una vera mano da principessa. Il Principe le infilò l'anello all'anulare e quello le calzò tanto bene come se fosse stato modellato apposta per lei, cosa che in effetti era. Tutti i presenti, Re, Regina e ministri, sgranarono gli occhi, ma la meraviglia li travolse quando Pelle d'Asino, con un lieve movimento, lasciò cadere la pelle d'asino rivelandosi per quello che era: una bellissima fanciulla con indosso un abito meraviglioso e preziosissimo.
“È lei, è lei!”, esclamò il Principe, “È la fanciulla che ho visto quel giorno, la ragazza che amo!”, e così dicendo balzò in piedi e corse ad abbracciare e baciare Pelle d'Asino, con tanto ardore che la ragazza arrossì per l'imbarazzo.
Il Re e la Regina ne furono così felici che le chiesero di sposare il Principe loro figlio.
Pelle d'Asino stava per dir di sì, quando il soffitto si aprì e arrivò la Fata dei Lillà a bordo di un carro fatto di fiori e altre amenità fatate. La Fata dei Lillà svelò a tutti che Pelle d'Asino era in realtà una Principessa di sangue reale e che era dovuta fuggire per questo e quel motivo, che già tutti conosciamo.
Il Re e la Regina erano già contenti da prima, ma ora furono contenti più che mai che il lor figliolo dopotutto non dovesse sposare una plebea d'origine ignota, come avevano temuto, e organizzarono immediatamente le nozze.
Pelle d'Asino, però, sentiva di non poter essere felice se non invitava anche il suo papà.
Perciò lo invitò. E fu felicissima di trovare che nel frattempo lui era rinsavito e aveva sposato un'altra bella principessa.
E così Pelle d'Asino sposò il suo Principe e tutti vissero felici e contenti.
Be', tutti tranne la povera asina, s'intende...

1 commento:

Claudia e Gabry ha detto...

la fiaba più orrenda della storia del pianeta