venerdì 15 aprile 2011

Essere o apparire? Questo è il dilemma...

"Se bella vuoi apparire, assai devi soffrire”, dice il proverbio. Perlomeno nella forma tramandata dalla mia famiglia. Lo sentii per la prima volta che ero piccola, e allora decisi che apparire bella non sarebbe mai stata la mia priorità. Un conto era essere belle per natura, ma se diventarlo voleva dire massacrarmi allora non ne valeva la pena.
Mia mamma non era d'accordo, ovviamente.
Io ho un conflitto con mia mamma. Ne ho parecchi, in realtà. Tutte le donne ne hanno. A meno di non essere orfane, è un fenomeno naturale e inevitabile come la pioggia e le maree.
Dunque, mia mamma sostiene che l'aspetto esteriore di una persona è importantissimo, fondamentale. Per anni ha cercato inutilmente di insegnarmi questo principio vitale. “La gente ti giudica da come ti vede”, mi dice scuotendo mestamente la testa. Lo scuotimento della testa indica chiaramente che secondo lei la gente mi vede malissimo.
Forse non ha tutti i torti, magari giudicare in base alla vista è una qualità istintiva per noi in quanto primati (primati intesi come animali, con come arcivescovi). Forse era questo il senso che permetteva ai nostri progenitori selvatici di sopravvivere e di portare avanti la specie. Probabilmente ci capita anche se non vogliamo, perché è un carattere innato e spontaneo. Del resto c'è anche stata qualche ricerca scientifica che ha dimostrato che i belli hanno tendenzialmente più successo nella vita che i brutti. Per successo intendo riuscire a ottenere ciò a cui si aspira, qualunque cosa essa sia.
Forse è per questo che io faccio fatica a raggiungere qualunque obiettivo. Per questo e anche perché sono, obiettivamente, pigra. Perché scapicollarsi quando invece posso fare un riposino?, mi dico. Ma questo è un altro discorso.
Il conflitto con mia mamma è fonte di stress. Perché non si limita alle frasi filosofiche e allo scuotimento della testa, ma va oltre. Tutte le volte che ho qualche incontro importante, soprattutto lavorativo, mia mamma comincia a sfrigolare come un uovo al tegamino e a concentrarsi (e costringermi a concentrarmi) sul mio patetico look. Non che lei sia una fashion-victim*, ma l'eleganza le piace e non capisce come mai non sia riuscita a lasciarmela in eredità assieme al naso e all'ovale del viso. Così facendo, però, mi distrae dai miei obiettivi. Che sarebbero, banalmente, di riuscire a preparare delle proposte interessanti in modo da aver qualcosa di cui parlare o da presentare a quegli incontri. Insomma, se devo girare come una trottola tra estetisti, parrucchieri e prove di vestiti e scarpe, me lo dite dove lo trovo il tempo per scrivere? Così generalmente finisce che mi presento, sì, a posto e “grossomodo” in tono con i desideri materni, ma che quando poi si deve effettivamente parlare di lavoro non ho quasi nulla da dire e l'incontro si conclude col classico “le faremo sapere”, che in gergo strettamente tecnico significa “sparisci, razza d'incompetente”.
Non va sempre così, certe volte riesco a far sì che mamma non sappia nulla dei miei progetti lavorativi, così posso dedicare il tempo alle cose che considero realmente importanti. Tipo cosa dire o cosa scrivere.
A guardarmi attorno mi viene da pensare, però, che se le volte in cui fallisco miseramente va così è perché non sono realmente bella. Altrimenti mi prenderebbero in considerazione lo stesso. Forse.
Visto che non vale la pena faticare tanto?

PS: ho scritto “look” e “fashion-victim” perché ho notato che le parole di ricerca che più attirano in questo blog sono quelle inerenti alla moda, malgrado sia l'argomento che meno al mondo mi si confà. Anzi, ne aggiungo delle altre: scarpe, leggings, sandali, tronchetti, stivaletti spuntati, fashion addict, stiletto, pantaloni alla turca, jeggings, skinny jeans, cuissardes... chissà che succede? :-P

Nell'immagine: un disegno che feci da ragazzina, quando progettavo di diventare stilista (Ah! Ah!): è anni Ottanta abbestia!!!

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